Riflessioni sul delicato problema della tutela dell’ambiente
Buone notizie nel campo della tutela dell’ambiente vengono dalle norme anticorruzione (Legge 190/2012-GU del 13 novembre n.265) entrate in vigore il 28 novembre che fanno riferimento ad un’ampia serie di soggetti quali non solo i dipendenti pubblici ma anche semplici cittadini, professionisti o imprenditori che hanno a che fare con la Pubblica Amministrazione.
Per quanto riguarda le società, la nuova legge ha anche esteso l’elenco dei casi per i quali è prevista la responsabilità dell’ ente avvantaggiatosi dalla condotta illecita dei propri dipendenti e non solo del soggetto che ha commesso il reato.
Per combattere le infiltrazioni mafiose, finalmente, sono state invece introdotte le white list, ossia le liste delle imprese “pulite” e previsti nuovi obblighi di pubblicità in materia di procedure di gara. Quindi, imprese di trasporto di materiali in discarica, di trasporto e smaltimento di rifiuti, di estrazione, fornitura e movimentazione terra e materiali inerti dovranno rivolgersi alle Prefetture per le iscrizioni obbligatorie. Per quanto riguarda l’ ILVA di Taranto, bene ha fatto il Governo tecnico a procedere speditamente con decreto legge, il quale stabilisce che detta società avrà la gestione e la responsabilità della conduzione degli impianti con l’ autorizzazione a proseguire la produzione e la vendita per tutto il periodo di validità dell’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale); tutto questo mentre la
Procura della Repubblica jonica sta valutando di chiedere al Gip che sia proposta eccezione di incostituzionalità del decreto legge in parola.
Sempre sul gran tema dell’ambiente (fonte: articolo su PANORAMA di Alessandra Gerli dal titolo ” Emergenze- Il gran rifiuto”), l’Ama, la municipalizzata della nettezza urbana della Capitale, si avvia a predisporre una gara europea per esportare a pagamento del contribuente 1000 tonnellate di spazzatura al giorno dal prossimo 1 gennaio, proprio mentre si lavorava verso l’ennesima proroga per la mega-discarica di Malagrotta, che da trent’anni assorbe l’80 per cento dei suoi scarti. Si tratta in gran parte di rifiuti scaricati tali e quali a come sono entrati nei cassonetti, mai passati dal pretrattamento meccanico biologico obbligatorio per legge dal 2003. Per questo, Malagrotta è finita nel mirino dell’Unione Europea, che ha avviato una procedura di infrazione con il nostro Paese proprio perché i resti organici lasciati in discarica, così come sono, producono gas e percolato che inquinano l’aria, terreni e falde acquifere.
Poi, lasciando Roma, apprendiamo sempre dalla stessa fonte giornalistica, che in metà della Sicilia non si raccolgono più i rifiuti perché i comuni, Taormina compresa, hanno smesso di pagare le aziende d’igiene urbana, mentre la Campania, che deve fare di tutto per risparmiare all’Italia una multa pesante della Corte di Giustizia Europea, ha sulle spalle 1 milione di tonnellate di rifiuti all’anno che non riesce a smaltire, più 6 milioni di ecoballe accatastate da 11 anni a Giugliano, l’ex discarica di Napoli; per bruciarle, il termovalorizzatore programmato dal 2008, e non realizzato, impiegherebbe ben 15 anni. Fortunatamente, però, abbiamo anche esempi virtuosi, sia al nord come anche al sud, e questo grazie ad una politica trasparente di bravi amministratori. Salerno, infatti, differenzia il 70 per cento della spazzatura che produce; Veneto e Trentino-Alto Adige sono intorno al 60 per cento; intorno al 50 Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Emilia-Romagna e Sardegna. Negli ultimi 15 anni la media nazionale della raccolta differenziata è passata dal 9 a quasi il 40 per cento. E per recuperarne i frutti dal nord al sud del Paese, pagando il relativo corrispettivo ai comuni, opera un consorzio tra produttori di imballaggi, il Conai, che ha fatto nascere l’industria del riciclaggio italiano, la seconda d’Europa dopo quella tedesca.
Sui termovalorizzatori, recentemente, il Ministro dell’Ambiente Clini ha affermato che “..in tutte le Regioni settentrionali ci sono impianti funzionanti che oggi non lavorano a pieno regime ed hanno capacità inutilizzata” perché, questo il motivo, “la crescita della raccolta differenziata e del recupero dei rifiuti ha ridotto il combustibile” per tali impianti. Clini aggiunge: “..vorrei evitare che Milano, Padova o altre città del nord importassero rifiuti dalla Gran Bretagna e non da altre parti d’Italia. Oggi non accade, ma il rischio è concreto”. Giusto, puntare sull’importanza di tali moderni impianti per lo smaltimento dei rifiuti nostrani, perché mentre Brescia convive col termovalorizzatore più grande d’Europa da 15 anni, che coi rifiuti riscalda metà della città e produce elettricità per 200 mila famiglie, anche a Milano, che non ha più discariche in attività, l’immondizia indifferenziata al completo finisce nel termovalorizzatore “Silla 2” senza polemiche di sorta. Ma è pur vero che a Napoli e in Campania si esporta “monnezza” da più di un decennio; quest’anno sono persino riusciti a concludere contratti vantaggiosi per spedirla via mare a due termovalorizzatori nei Paesi Bassi con costo pari a meno della metà di quanto pagato un anno per l’invio all’inceneritore di Busto Arsizio. Infatti, con 50 mila tonnellate di rifiuti napoletani si “produce energia per 35 milioni di docce bollenti”, fanno sapere da Rotterdam.
L’ auspicio di tutti è che sul pianeta rifiuti si ponga una volta per tutte un rigido criterio di trasparenza e legalità a vantaggio esclusivo della comunità, proprio perchè non accada più quello che si va evidenziando in questi giorni nel corso del processo davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere a carico di politico di caratura nazionale accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, in cui si va ricostruendo il sistema di gestione del ciclo integrato dei rifiuti e gli intrecci tra politica e camorra nel periodo dell’emergenza in Campania. A raccontarlo, Lorenzo Diana, ex Parlamentare e membro per 10 anni della Commissione Antimafia. Diana, originario di San Cipriano d’Aversa e sotto scorta dal 1995, ha risposto per quasi tre ore alle domande del PM della DDA di Napoli Alessandro Milita; nella sua testimonianza, riferisce che ai politici “…conveniva che gli impianti per il trattamento dei rifiuti non fossero realizzati perché l’emergenza generava profitti con l’apertura di nuove discariche, quasi sempre nel Casertano, la cui gestione veniva poi affidata al consorzio controllato attraverso i Sindaci e il clan mafioso Bidognetti. Negli anni, ha continuato Diana, ho sempre criticato l’atteggiamento del Commissariato di Governo che aveva continui rapporti con i responsabili del Consorzio e i suoi politici di riferimento. Attaccai duramente sia Bassolino che Bertolaso perché indicavano sempre il Casertano come sede di discariche, andando così a favorire la camorra”. La testimonianza di Lorenzo Diana proseguirà il 28 gennaio 2013 mentre all’udienza del 14 gennaio, sempre nel processo a carico dell’ importante politico, sarà ascoltato in video-conferenza il collaboratore di giustizia Dario De Simone (fonte:Raffaele Sardo www.liberainformazione.org).