Sul caso Moro e considerazioni sul panorama terroristico di ieri e di oggi
Un articolo di Giovanni Fasanella su “www.Panorama.it” apre scorci interessanti sulle Brigate Rosse dopo la morte improvvisa per malore del sessantaduenne Prospero Gallinari, un “comunista puro”, uno dei protagonisti del sequestro Moro (16 marzo 1978) che odiava i suoi ex compagni che volevano chiarezza nella storia delle Br.
Fedele fino all’ultimo alla ferrea consegna del silenzio, Gallinari, continua Fasanella: “Non potrà più chiarire i suoi rapporti con l’ “Istituto di Lingue Hyperion”, che aveva sede a Parigi, e da lì inviava direttive ai brigatisti italiani; come non potrà chiarire il ruolo avuto insieme al suo sodale Mario Moretti, altro uomo di Hyperion, nella decapitazione del nucleo storico delle BR, con l’arresto (da parte del Generale Dalla Chiesa, a Pinerolo, nel 1974, grazie all’infiltrato Girotto, soprannominato Frate Mitra) di Renato Curcio e Alberto Franceschini, contrari all'”innalzamento del livello dello scontro” e per questo invisi ai “parigini”.
Ancora: “Non potrà chiarire come e perché si decise, da quel momento, di passare dalle azioni di “propaganda armata” ai delitti politici. Non potrà dire chi “suggerì” ai brigatisti di sequestrare proprio Aldo Moro, e in che modo venne formalmente presa la decisione all’interno dell’organizzazione. Non potrà dire in quante prigioni era stato tenuto il Presidente democristiano, quale itinerario aveva compiuto l’ostaggio dal momento del sequestro sino al giorno (9 maggio) del ritrovamento del suo cadavere, nella Renault rossa di via Caetani. Non potrà dire, infine, chi fu davvero a uccidere Moro: si era sempre assunto lui la responsabilità di aver sparato, ma poi la colpa venne scaricata addosso a un altro brigatista, Germano Maccari. Post mortem, naturalmente, dopo che questi, perfettamente sano e all’età di 50 anni, una notte di ferragosto morì d’infarto (agosto 2001) in carcere…”. Conclude Fasanella: “Certo, (Gallinari) era da tempo gravemente malato di cuore. Ma è impressionante come se ne stiano andando, uno dopo l’altro, tutti i depositari dei segreti del caso Moro. Di Gallinari, almeno si è saputo. Ma della morte per infarto, in Francia, di Corrado Simioni, il capo di Hyperion, non si sarebbe mai saputo se il cronista che firma questa nota non lo avesse scritto su face book, così come del suo braccio destro Innocente Salvoni (nipote dell’Abbé Pierre, personaggio che contendeva in Francia il primato di popolarità persino a Charles De Gaulle), morto anche lui d’infarto in Francia, un mese dopo la scomparsa di Simioni”.
Ma le BR sono davvero finite? Certo che no, anche se nella “lietopensante” Italia vi sono facili amnesie, con tendenza alla rimozione di ciò che è accaduto, persino quando si tratta di fenomeni drammatici che hanno sconvolto l’Italia come il terrorismo. Con le amnesie, dice giustamente il Magistrato Giancarlo Caselli, si rischia di facilitare il riproporsi di ciò che era già stato, senza mettere in campo gli anticorpi necessari; negli anni Settanta, infatti, le prime violenze furono decisamente favorite da un clima di indifferenza, disattenzione, sottovalutazione, indulgenza e, a volte, addirittura vera e propria contiguità. “”Mi riferisco alla stagione dei “compagni che sbagliano”, delle teorizzazioni irresponsabili “Né con lo Stato né con le BR”, che furono benzina sul fuoco della violenza politica. Perché, se quelli che sbagliano continuano ad essere definiti compagni non si sentono ripudiati e perciò continuano a sbagliare””.
Caselli ha ragione, sono troppe le amnesie, eccessiva la superficialità con cui la gente è indotta da falsi profeti a ragionare di terrorismi. Tra l’altro, ogni volta che, a distanza di qualche anno, si verifica un grave fatto, ecco Politica, media, analisti da scrivania a sorprendersi, a stupirsi; si è sempre alla cosiddetta “Alba del Mondo”, per cui si scrive, si scrive e si parla, si conciona, si disserta a dismisura, tornando a ritroso nel tempo, anche se del caso sino alla strage di Piazza Fontana (del 12 dicembre 1969) in cui l’Italia, e questa è frase forte, “perse la sua innocenza” (che vuol dire?), con florilegio di parole sui Servizi più o meno deviati e su processi infiniti che portano ad alcuna seria conclusione. Sì, questa è la storia infinita della tragica eterna pagina del terrorismo!
Ma chi erano i Brigatisti Rossi? “Solo poveri ragazzi pazzi, schematici e dogmatici…” sostiene il noto giornalista e opinionista televisivo Lanfranco Pace; tutto qui per denominare quei vili, inqualificabili e deliranti assassini, ampiamente condannati dalla coscienza della migliore Italia e dalla Storia, che sparavano alle spalle di gente spesso inerme e scappavano? Pace parla anche di “ideologia avvizzita”, che “non lascerà mai del tutto questa terra e sempre vivrà in noi…”. Proviamo a parlare in questi termini alle Famiglie del Maresciallo Oreste Leonardi e dell’Appuntato Domenico Ricci, quei meravigliosi Carabinieri trucidati in via Fani unitamente ad altri tre splendidi Agenti della Polizia di Stato in quel tragico 16 marzo 1978, in occasione del sequestro dell’On Moro; chiedamo Loro se quella folle ideologia che ha ucciso i loro cari Congiunti era “avvizzita e che vivrà sempre in noi!”. A proposito, il Signor Pace aiuti gli Italiani onesti e laboriosi, oggi gravati addirittura da problemi di sopravvivenza, grazie a una politica inadempiente che si perpetua da lunghi anni, nel comprendere cosa sono state le BR, che Lui, il Signor Pace, dovrebbe conoscere; infatti, come leggiamo su “La Repubblica” del 03 marzo 1987, a pagina 17: “”Lanfranco Pace? Sì, faceva parte delle Br, ha sostenuto Luciana Faranda, ma il suo ruolo, nell’ organizzazione, fu sempre marginale. Fu lo stesso Pace a chiedere di entrare nelle Br, ha ricordato la dissociata. Era il 1977. La sua domanda venne esaminata dalla direzione di colonna. Valerio Morucci si assunse il compito di verificare il candidato e di stabilire i contatti. Dopo poche settimane, Pace venne inserito nella Brigata servizi di cui io ero responsabile. Quando (con Morucci) decidemmo di uscire dalla colonna, ha raccontato la dissociata, ci rivolgemmo a Pace per trovare un rifugio. Per un paio di giorni fummo sistemati in un appartamento. Di qui ci trasferimmo a casa di un giornalista di un quotidiano romano e infine nell’ abitazione di Giuliana Conforto dove siamo stati arrestati ( 29 maggio 1979)””.
Strana, ma a questo punto va ricordata la circostanza che la mitraglietta Skorpion con cui fu ucciso il Presidente della Dc fu ritrovata proprio nell’appartamento di via Giulio Cesare 47, di proprietà di Giuliana Conforto, figlia di Giorgio Conforto, alias agente “Dario”, capo della rete spionistica del Kgb della Russia comunista in Italia. A questo punto, sarebbe bene che si chiarissero tutti questi spaventosi intrecci; che si approfondisse una volte per tutte il gran tema delle aree della contiguità mai scoperte, cioè quelle aree della società, politica, del sindacato e della cultura in cui le Br hanno sempre goduto di forte simpatia e grande sostegno.
Secondo la tesi investigativa del grande Magistrato Pietro Calogero di Padova, esistevano legami talmente stretti fra Autonomia e BR che addirittura si poteva individuare nella leadership di quel movimento il “cervello politico-intellettuale” dell’organizzazione militare brigatista. Questo ruolo, secondo Calogero, Toni Negri e gli altri coimputati del noto processo denominato “7 Aprile” del 1979 lo avrebbero svolto proprio a Parigi, all’ombra del ben noto Istituto di lingue Hyperion, fondato nel 1974 da quel Corrado Simioni, citato da Giovanni Fasanella.
Tornando al Belpaese, c’è chi blatera e se la canta alla grande ancora oggi per una generale sanatoria sugli anni di piombo, idea vagheggiata autorevolmente anche da importanti ambiti politici; ma noi dal nostro modesto ambito di osservatori diciamo invece a chiare lettere che non si può chiudere alcunchè se tutta la verità non solo processuale ma anche storica non sia stata acquisita!
Forse, alla luce di ciò, il Processo Moro andrebbe riaperto per chiarire molti, moltissimi inquietanti aspetti!
A completamento, aggiungiamo che va sfatata la leggenda che nelle BR esistono i buoni (quelli che non hanno ucciso, ad esempio il noto Renato Curcio) e i cattivi, che lo hanno invece fatto, perché ciò è dipeso dalle situazioni contingenti non già da scelte morali e di vita degli interessati. Le scissioni verificatesi nel tempo, poi, sono solo un aspetto autoreferenziale che risponde a logiche di potere interno all’organizzazione terroristica e basta, come non va, certamente, asserito che il fenomeno, come ciclicamente accade in tempi silenti, si sia dissolto, perchè i fatti hanno purtroppo dimostrato anche in tempi molto recenti il contrario.
Quindi, l’attenzione va tenuta costantemente alta da parte di tutti, in quanto è inimmaginabile che dopo la disarticolazione del terrorismo rosso nei primi anni ’80, con eccezionali successi di Magistratura, Servizi allora davvero oltremodo efficienti, e Polizie, taluni personaggi ben noti ma ai margini delle organizzazioni rivoluzionarie e non scalfiti dalle molteplici inchieste non siano stati incisivamente monitorati nel tempo!
E questo imperativo di vigilanza è quanto mai attuale oggi, perché sull’onda lunga della gravissima crisi economica la saldatura di gruppi terroristici “dormienti”sia di sinistra che di destra ad altri ben vitali, addirittura si fa riferimento a frange anarchiche endogene o internazionali, è senz’altro possibile contrariamente a quanto si va rassicurando da ambiti incompetenti o subdolamente interessati.