La Basilica sotterranea di Roma
Per mancanza di fondi uno dei monumenti più importanti nel mediterraneo è chiuso al pubblico.
Chissà cosa ha pensato quell’ operaio che nel 1917, lavorando sulla ferrovia di piazzale Labicano a Roma, con una vangata si è visto aprire davanti gli occhi un buco profondo di cui non si vedeva la fine. Chissà se si rese conto di aver rinvenuto uno dei monumenti più interessanti dell’età classica, l’unica Basilica Neopitagorica esistente al mondo sopravvissuta fino a noi. E per di più intatta! Roba da far diventare verde dall’invidia Indiana Jones e Zahi Hawass. Oggi in via Prenestina, all’angolo con via dello Scalo di San Lorenzo una porta in ferro chiude ai nostri occhi tale meraviglia, un po’ a causa della bonifica in corso, come affermano telefonicamente quelli della sovrintendenza ai beni culturali, un po’ a causa del Governo Monti (la spending review ha de facto bloccato i restauri)”,ma l’impianto d’illuminazione è completato…”, dicono sempre i beni culturali con tono rassegnato. Diciotto metri sotto l’attuale ferrovia Roma – Napoli, l’umidità nasconde affreschi, stucchi, colonnati, pavimenti tassellati, volte a botte: un tesoro archeologico.
La Basilica fu edificata nella seconda metà del I secolo a.c, periodo in cui la dottrina filosofico – misterica di Pitagora penetrò con decisione la società della Roma Antica grazie, tra gli altri, a Scipione l’Africano. Si pensi che nel 290 a.c. circa fu eretta nel Foro Romano una statua di Pitagora, chiamato il “più savio di tutti i Greci” e che molti fra i senatori, aristocratici, filosofi (Ennio e Cicerone) ne erano seguaci degli insegnamenti e la volontà di erigere la Basilica fu quella del Triumviro Licinio Crasso. Si può certo dire che i neopitagorici romani vantavano aderenze invidiabili. Gli incontri rituali nell’edificio sottosuolo (già allora la Basilica era sottoterra come volevano i precetti di Pitagora) continuarono fino alla metà del I secolo d.c. quando ormai la grande fioritura del culto Neopitagorico infastidiva non poco l’Impero il quale temeva il sovvertirsi della religione di stato, e allora Agrippina minore, moglie dell’Imperatore Claudio e madre di Nerone, avendo messo gli occhi sui terreni sovrastanti la Basilica (gli Horti Tauriani) e volendosene impossessare fece accusare il Senatore Tito Statilio Tauro, padrone degli Horti e Pitagorico, di praticare magia. Il suicidio di quest’ultimo a causa delle accuse fu forse l’evento che fece chiudere la Basilica. Le accuse che caddero poi sui Neopitagorici tutti fu quella di magicae supertstitiones , le stesse che portarono qualche anno dopo a morire al circo gli adepti dei riti Cristiani. L’importanza archeologica di questo monumento fra i più significativi del Mediterraneo risiede nelle decorazioni eseguite da artigiani dei più esperti e nella forma architettonica della Basilica stessa. Gli stucchi pregevolissimi sparsi tra il corridoio, il vestibolo e le navate della sala descrivono scene di ratto e di vita campestre, storie di Baccanti e Amorini, rappresentano volti di Meduse, Grifoni, Nereidi, Sfingi, Dioscuri e infiniti temi simbolici tra cui quello dell’Aquila che, secondo i Pitagorici, riconduce le nostre anime al Sole da cui poi rinasceranno per reincarnarsi. Quelle che poi sembrano delle asimmetrie nella disposizione planimetrica non è una semplice imperfezione oppure una mirabile deformazione prospettica ma segue uno sviluppo progettuale in base ai precetti della Sacra Geometria dei Pitagorici ossia quelli della Sezione Aurea e del Rettangolo Aureo: una progettualità che si ritrova nella facciata del Partenone, nella pianta del Pantheon e nella Piramide di Cheope…altro che Codice Da Vinci: il tema architettonico potrebbe dare spunto a Dan Brown per un prossimo libro. Purtroppo, nonostante il buono stato di conservazione in cui si trovano le decorazioni, esse sono molto fragili e allo stato attuale delle cose l’ingresso dei visitatori con il solo loro respiro li danneggerebbe e uno dei motivi della chiusura al pubblico di tale patrimonio è proprio l’impossibilità di bonifica delle infiltrazioni, come spiegano ai Beni Culturali “non si riesce a trovare il sistema di stabilizzare il microclima”, d’altronde a diciotto metri sotto terra serve un maglione per difendersi anche in piena estate. L’attuale politica di tagli alla spesa non sta certo aiutando la soluzione del problema ma, come sta succedendo in altri settori del Paese, sta compromettendo il futuro della nostra vera unica industria, il nostro petrolio ovvero l’arte e la cultura. E’ la dura legge dei mercati che, a pensarci bene, non sono poi così meglio di Agrippina.