Paura e rabbia nel nord est d’Italia, ancora sul gran tema della sicurezza!
Da alcuni giorni investe l’intero Veneto, anzi l’intero Nord Est d’Italia, un mai sopito, fortissimo senso di allarme, cui si aggiunge una motivata sensazione di grande ingiustizia!
Questo perché la Suprema Corte di Cassazione ha accolto il nuovo ricorso dei legali dell’albanese Naim Stafa, l’ideatore dell’assalto alla villa di Gorgo al Monticano (Treviso) dove furono barbaramente trucidati i coniugi Pelliciardi la notte del 21 agosto 2007. Questa la triste storia. Il luogo è nel cuore della Marca trevigiana dove due anziani coniugi, custodi (non proprietari) di una grande villa, vengono sorpresi nel sonno da banditi che li uccidono brutalmente dopo averli vilmente torturati per costringerli ad aprire la cassaforte. Il delitto è orrido, di violenza inaudita. Il paese è sconvolto, ma è l’intero Veneto e tutto il Nordest a ritrovarsi profondamente turbato. Mentre le polemiche sono furiose, con la Lega-Nord che rilancia le inutili ronde padane a presidio del territorio, si giunge presto all’arresto di tre sospettati grazie alle serrate indagini condotte dai bravissimi Carabinieri della Provincia di Treviso, al Comando del Colonnello Nardone, coadiuvato dal Ten. Col. Baldini, responsabile del Reparto Operativo, Ufficiale di alta caratura investigativa, con uno staff di grande efficienza; il tutto sotto la magistrale direzione del Procuratore Capo della Repubblica di Treviso, Fojadelli. Gli assassini sono un ragazzo romeno di vent’anni, che lavorava nell’azienda del proprietario della villa, e due albanesi, entrambi irregolari, pregiudicati, fuori da galera in anticipo grazie all’indecente indulto varato l’anno prima dal Parlamento in compatta formazione bipartisan, “more solito”. Naim Stafa, l’albanese di 39 anni, con cui abbiamo iniziato questa storia, è stato condannato all’ergastolo nei primi due gradi di giudizio per il duplice omicidio, ma si dovrà ora, a seguito dell’ accoglimento del ricorso di contestazione per l’applicazione all’imputato dell’aggravante della crudeltà e dei futili motivi (in quanto materialmente non partecipò alla terribile violenza), celebrare un nuovo processo sul quale però incombe il fattore tempo. Infatti, se entro marzo 2014 non ci sarà una sentenza definitiva, per il 39enne albanese potrebbero aprirsi le porte della cella per scadenza dei termini di carcerazione preventiva. Uno scenario, questo, che amareggia e angoscia il figlio delle vittime, Daniele Pelliciardi. “Me lo ritroverò al bar”, dice accorato ad un giornale locale, sei anni dopo l’omicidio dei suoi genitori. “”Hanno deciso per il “no” all’ergastolo? Va bene, ma facciano almeno in modo che le pene comminate siano certe e definitive, non si lasci spazio alle interpretazioni degli avvocati””. Daniele, tra l’altro, sta anche attendendo entro la fine di luglio la sentenza relativa al risarcimento dovuto. Voltiamo ora pagina e lasciamo, per un attimo, il Veneto, trasferendoci a Roma, dove poco più di due mesi dai fatti di Gorgo al Monticano, venne uccisa la signora Giovanna Reggiani, il 30 ottobre 2007, nei pressi della stazione ferroviaria di Tor di Quinto. Ergastolo e sei mesi di isolamento fu l’esemplare condanna nei confronti di Romulus Nicolae Mailat, il romeno delinquente accusato di violenza sessuale e omicidio. Lui, l’assassino e violentatore della signora Reggiani, e loro, gli autori dei fatti di Gorgo al Monticano, sono i soggetti giusti per scatenare un’accesa ondata di rabbia generale e per manifestare la sensazione di minaccia che in quegli anni si avvertiva in tutto il Paese; furono, infatti, eventi gravissimi, che ampliarono le tensioni, ponendo le premesse a quel terreno di scontro nelle campagne elettorali di allora ed anche nelle successive. Per il grande allarme nazionale sulla criminalità straniera, il Governo guidato da Romano Prodi varò provvedimenti straordinari con Decreto Legge, tanto che il Ministro dell’Interno, Giuliano Amato, parlò di possibile “deriva fascista”(da parte della gente) se non si fosse intervenuti. L’obiettivo era facilitare l’espulsione di cittadini comunitari ritenuti dalle autorità una minaccia per la sicurezza dei cittadini e per quella dello Stato. A conferma di ciò, in un’intervista al Financial Times, Prodi affermò che “nessuno poteva prevedere un flusso di tale portata. Nessuno si aspettava un tale esodo dalla Romania verso l’Europa”. Al 18 dicembre 2007, il decreto aveva prodotto 408 espulsioni, di cui 262 per motivi di pubblica sicurezza, 124 per “motivi imperativi di pubblica sicurezza” e 22 per cessazione dei requisiti di soggiorno. Dieci giorni dopo, il 27 dicembre, il computo era salito a 510 espulsioni, di cui 181 per motivi imperativi. Tutto qui! Null’altro!! Certamente ben poco!!! La politica, lo sappiamo, avrebbe dovuto fare la sua parte modificando le Leggi per consentire pena certa e sicura, con una ventaglio di norme serie che costituiscano fattore di forte deterrenza al crimine. Inutile, al riguardo, prendersela con i Magistrati, chiamati solo ad applicare la Legge. Come è cambiata l’Italia da allora? Sul piano legislativo poco o nulla si è fatto; dal punto di vista emotivo, la gente ha abbassato i toni sconfortata e rassegnata per la modestia della politica a fare cose in sua difesa. Tutti sanno che oggi, ad appena sei anni dai fatti ricordati, omicidi, ma soprattutto assalti alle case, furti e scippi assillano gli Italiani; la crisi economica, infatti, moltiplica i reati e aumenta la paura. Tutto questo mentre le Forze dell’Ordine, alle prese con tagli di personale e di fondi, fanno miracoli a fronteggiare l’offensiva della nuova criminalità, mentre le statistiche testimoniano una nuova emergenza, avvertita più dai cittadini che dalle Istituzioni che sembrano non accorgersene. Che dire, poi, del recentissimo “Decreto svuota carceri”, assimilabile ad un’amnistia ovvero al deprecato Indulto del 2006, varato dal Governo nei giorni scorsi? Diciamo che prevede la detenzione domiciliare per i delitti puniti con la reclusione fino a sei anni e che, come spiega il Ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, quasi a voler rassicurare, “farà uscire non più di tre 3-4.000 detenuti”; un provvedimento che, per stessa ammissione del Ministro, “è una misura tampone e urgente”. Il provvedimento consentirà anche gli arresti domiciliari per reati molto gravi come quelli di stalking e maltrattamenti in famiglia (forse per la migliore tutela delle donne e dei minori, bandiera elettorale di tutti i Partiti?); poi, scippo, furto in abitazione e resistenza con violenza e lesioni a pubblico ufficiale (probabilmente per la tutela delle Forze dell’Ordine da tempo abbandonate a loro stesse?). Il Decreto prevede anche che per ogni semestre in carcere trascorso in buona condotta lo sconto di pena passerà da 45 a 60 giorni, con liberazione anticipata per chi in custodia cautelare ha una pena residua non oltre i 3 anni; previsto pure il “Lavoro di pubblica utilità” per i tossicodipendenti (forse l’unica cosa seria!). Tornando al duplice omicidio di Gorgo, segnalo quanto scritto da Gianfranco Bettin, scrittore e sociologo mestrino, nel suo interessante libro edito da Feltrinelli nel 2009 e intitolato “GORGO. IN FONDO ALLA PAURA”. Un capitolo s’intitola “Un delitto perfetto” e il suo contenuto fa rabbrividire, raccontando anche di Arthur Lleshi, l’albanese “”che si tolse la vita impiccandosi in carcere, e anche questo contribuì a dare il senso di una qualche forma di giustizia compiuta. Ma nella sentenza di Treviso c’è anche scritto a chiare lettere che il “quarto uomo”, di fatto il secondo esecutore materiale del massacro assieme al suicida, esiste con certezza. L’altro soggetto, l’altra “bestia feroce”, per usare le parole dello stesso PM, la più pericolosa perché la più scaltra, è dunque in libertà. Se finirà così, il suo sarà stato un orrendo, insopportabile delitto perfetto””. Bettin spiega perché lo sconosciuto sia il più pericoloso. “”E’ lucido e non “fatto di coca” come gli altri, usa i guanti, non porta con sé telefoni cellulari accesi. Infierisce scientificamente sui coniugi, li tortura inducendoli a dare informazioni e poi se ne va, certo, peraltro, che nessuno degli altri farà mai il suo nome. E’ un uomo che fa una paura tremenda ma su di lui non c’è un solo indizio tanto che la Procura ha archiviato la parte dell’inchiesta che lo riguarda””. Tutta questa storia, per dire a voce alta: basta alle inerzie della politica; basta con la disattenzione verso le benemerite Forze dell’Ordine da nessuno tutelate; basta a prendere in giro il Cittadino che sa di contare meno del “Due di Pikke”, ma pressantemente invitato a fare la claque a supporto di gente modestissima e inconsistente messa lì per grazia ricevuta……!