Nicola Coco, insigne Magistrato e Giurista della nobile Terra di Calabria
Nicola COCO nasce il 2 ottobre 1882 ad Umbriatico, nello stesso anno della morte di Giuseppe Garibaldi, da Luigi e da Teresina Morelli, napoletana.
Dal Padre, farmacista, persona di cultura, ricevette i primi rudimenti di storia e letteratura; dalla Madre (bravissima insegnante di pianoforte, diplomatasi al Conservatorio “San Pietro a Maiella di Napoli”), invece, acquisì le basi del messaggio cristiano che si ritroveranno, successivamente, in taluni suoi studi filosofici su Tommaso d’Aquino. Iniziò la carriera giudiziaria a soli ventiquattro anni e, nel 1906, ottenne la nomina a Pretore di Lagonegro. Quattro anni più tardi divenne Pretore di Moliterno, per assumere successivamente le funzioni di Sostituto Procuratore del Re a Cassino. Nel 1917, fu trasferito a Roma , presso quella Regia Procura , col viatico di rapporti oltremodo favorevoli e lusinghieri dei Procuratori Generali Pagliano e Calabria della Corte d’Appello di Napoli, dove vi permarrà sino al 1923, per passare alla Procura Generale presso la Corte d’Appello. Nel 1937, ottenne la nomina a Procuratore Generale del Re presso la Corte d’Appello di Cagliari, ma non ne assumerà di fatto la titolarità. Chiamato, invece, a presiedere per breve tempo il Tribunale Supremo delle Acque, nel 1938 era Presidente di Sezione della Corte Suprema di Cassazione, ad appena cinquantasei anni, ed in questa funzione rimase sino al giorno della Sua morte. Il giornale “Il Tribunale”, pubblicazione mensile edita a Roma, del 3 maggio 1938, cosi salutava Nicola Coco a tale nomina: “È della nostra famiglia, di quell’ aristocratica famiglia giornalistica, alla quale non disdegna di appartenere, nonostante l’altissimo grado che ricopre nell’Ordine Giudiziario, oggi lieti di salutarlo, insieme con quello Forense, Presidente di Sezione della Suprema Corte. Noi abbiamo visto Nicola Coco nella Corte di Cassazione sin dagli anni ormai lontani della sua felice unificazione. Egli è stato, infatti, con S.E. Gaetano Azzariti, nel 1923, tra i fondatori e promotori di quell’Ufficio del Massimario che raccoglie il vasto e prezioso materiale giurisprudenziale della Suprema Corte. Dal 1930, non appena conseguita la promozione al grado IV°; ha ricoperto la carica di Consigliere, partecipando attivamente, per sette anni, alla funzione giudiziaria di così eminente consesso. Ci asterremo, di proposito, da ogni aggettivazione che non sarebbe di buon gusto né riuscirebbe gradita al nostro Amico e collaboratore; non possiamo, peraltro, esimerci dal ricordare fra le benemerenze e i titoli di Nicola Coco, quello di Professore di Filosofia del Diritto nella Scuola di Perfezionamento di Diritto Penale diretta dal Professore Arturo Rocco, né l’altro, per noi particolarmente caro, di Redattore Capo della Rivista di Diritto Pubblico diretta da S.E. Mariano d’ Amelio. La recente nomina, se indubbiamente costituisce un nuovo riconoscimento dei meriti di così eletto Magistrato, rappresenta però un onere, che si aggiunge all’onore di così ambita carica. Ma Nicola Coco l’accoglierà di buon grado, assolvendo anche dal nuovo seggio presidenziale le delicate funzioni giudiziarie, alle quali porterà il valido contributo della sua competenza, ma soprattutto una grande serenità ed equanimità”. Riguardo ai meriti illustrati dall’articolo dell’epoca, c’è da dire che il “cursus honorum” di Nicola Coco non è stato caratterizzato soltanto da solidissima dottrina e da rigorosissimo lavoro applicativo, ma anche dalla partecipazione costante all’evoluzione dell’Ordine Giudiziario, e tappa importante in tale attività, fu la Sua nomina a membro del Consiglio Superiore della Magistratura, ossia dell’organo politico e politico-amministrativo, anche se in base alla legislazione dell’epoca il CSM non aveva ancora il potere e l’importanza che la Costituzione del 1948 e la successiva normativa di attuazione gli diedero. Ancora, circa la indicata fondazione del “Massimario civile della Corte di Cassazione Unificata”, nel1924, va detto che Lui effettivamente fu, unitamente a Mariano d’Amelio, tra i principali ideatori; era, quello, un periodo di grandi innovazioni, perchè all’atto dell’Unità d’Italia, oltre alla Corte di Cassazione di Torino esistevano quella di Firenze nonchè le due Corti Supreme di Giustizia di Napoli e di Palermo (che nel 1862 assunsero anch’esse la denominazione di Corte di Cassazione). Con la L.24 marzo 1923 n. 601, vennero soppresse le Corti sopra indicate, mentre quella di Roma fu trasformata in Corte di Cassazione del Regno. Dal 1924, Nicola Coco fu titolare dell’insegnamento di Filosofia del Diritto presso la Scuola di Perfezionamento in Diritto Penale dell’Università di Roma “La Sapienza”; in questo ambito, svolse attività accademica per quel lungo periodo che vide la Scuola annoverare i più bei nomi della dottrina penalistica italiana, le cui teorie risultano, ancora oggi, alla base della trattatistica più importante. Altro aspetto rilevante della sua eccezionale figura di giurista, come si rileva da un saggio del nipote dell’alto Magistrato, che porta con orgoglio lo stesso nome, il Professore Nicola Coco, dell’Università di Roma “La Sapienza”, è costituito dal coerente riferimento alla legalità, cioè allo Stato e all’ordinamento giuridico quali uniche garanzie di contratto sociale. Per questo, il periodo che va dal primo dopoguerra all’ avvento del Fascismo, costituisce una parentesi temporale di efficace e prorompente elaborazione delle basi di quel diritto del lavoro e sindacale, o come si chiamerà in tempi moderni, “giuslavorismo”, costituendo davvero una novità assoluta nelle scienze giuridiche del tempo. Così, quando si verificheranno, attorno alla fine degli anni ’60 e dei primi ’70, gravissime crisi socioeconomiche che metteranno a rischio l’assetto della produzione, la politica e i sindacati troveranno i loro punti d’incontro nel noto Statuto del Lavoratori (L.20 maggio 1970, n. 300), che sarà una riedizione aggiornata delle linee guida tracciate, agli inizi del “secolo breve”, dai primi “giuslavoristi”, tra i quali appunto Nicola Coco. Altro aspetto qualificante del giurista, è l’aver concorso alla stesura del nuovo Codice Civile, ai cui lavori preparatori, dai Ministri Solmi e Grandi (che è il sottoscrittore anche del Codice di Procedura Civile, emanato anch’esso nel 1942), furono chiamate le più belle e fertili menti di Magistrati e giuristi. Coco curò vari aspetti della nuova normativa (contratti, obbligazioni, diritto del lavoro, etc.), tant’ è, che nell’imminenza della promulgazione, il Ministro Dino Grandi gli inviò una lettera personale di ringraziamento per il prezioso contributo offerto per il nuovo Codice, destinato a durare pressochè intatto sino al 2000. L’ultima parte della sua vita coincide con l’immane conflitto mondiale, con la guerra civile e con la scia di vendette e iniquità che ne conseguirono. Dopo l’8 settembre, la fuga del Re e la costituzione della Repubblica Sociale Italiana, viene invitato ad assumere la Presidenza della Corte di Cassazione trasferitasi a Brescia e fors’anche la carica di Ministro Guardasigilli, ma egli fermamente rifiutò. Ebbene, nonostante tale ferma presa di posizione nei confronti del regime fascista, sulla base di taluni articoli che aveva scritto su “Il Messaggero” di Pio Perrone, di commento a leggi e questioni giuridiche di alto livello, ovviamente di epoca fascista, l’occhiuta Commissione di epurazione, su decine di articoli scritti in una pluridecennale collaborazione, ne scovò qualcuno che ” suonava” come apologetico del Fascismo. Nulla di più falso, quando era nota a tutti la dirittura morale del Magistrato integerrimo, del quale va appena ricordato, ammesso ve ne fosse bisogno, che la sorella del Duce, Edvige Mussolini, gli fece pervenire sollecitazioni per una causa che la interessava. Ebbene, Nicola Coco procedette secondo coscienza, quindi non nel modo auspicato dalla sorella del Duce! L’epurazione ingiusta, nella quale probabilmente influirono anche motivazioni non occulte di gelosia e invidia da parte di taluni, soprattutto per il fatto che per meriti poteva benissimo aspirare alle funzioni di Primo Presidente della Suprema Corte, ne minò rapidamente le condizioni di salute. Negli ultimi mesi non volle proporre ricorso contro i provvedimenti che lo avevano colpito e rifiutò cortesemente anche una candidatura in Parlamento, per le elezioni del 1948, che i conterranei di Calabria gli avevano offerto con affetto e riconoscenza. Il 3 maggio, spirò serenamente, non mancando nel suo testamento di perdonare cristianamente quanti gli avevano provocato tanto immeritato dolore.