Cultura

I geni e le loro abitudini

«Genio e follia hanno qualcosa in comune: entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri» diceva Arthur Schopenhauer.

Lo scrittore Ennio Flaiano affermava: «Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso». E la non comprensione dei geni parte spesso dal modo in cui vivono e dalle loro abitudini. Per esempio…

Agatha Christie
Nonostante la sua produzione letteraria conti ben 66 romanzi polizieschi e 14 raccolte di racconti, la grande giallista non sapeva cosa fosse una scrivania. Non ha mai avuto un ufficio, e Assassinio sull’Orient Express, per esempio, lo scrisse in una camera d’albergo. Ma in realtà scriveva ovunque le venisse voglia: in cucina, in camera da letto, in viaggio. E per comporre i suoi famosi romanzi spesso usava un procedimento inverso, descrivendo prima la scena del delitto, con i dettagli e poi tutto il resto, protagonisti inclusi.

Honoré De Balzac
Dire che amava il caffè, è poco. Ne era letteralmente dipendente, e nel periodo in cui scriveva La Commedia Umana, arrivò a consumarne fino a 50 tazze al giorno. Nel 1830 pubblicò un articolo su un rivista francese intitolato “piaceri e dolori del caffè”, dove si legge: “Il caffè scivola nello stomaco, e subito avverti una commozione generale. Le idee cominciano a muoversi come battaglioni della Grande Armata sul campo di battaglia, e la battaglia si svolge. I ricordi arrivano al galoppo, portati dal vento”.

Sigmund Freud
Fateci caso, il padre della psicanalisi e delle moderne neuroscienze viene spesso ritratto con un sigaro tra le dita. Non è un caso. La verità è che fumava quasi continuamente finché un amico medico lo ammonì che fumare tanti sigari avrebbe potuto causargli un’aritmia cardiaca pericolosa. Freud provò a smettere, ma senza successo. La mancanza di sigari gli provocò una grave depressione. 
Ma il tabacco non era l’unico vizio: apprezzava anche la cocaina, che non esitava a definire “una sostanza magica”. A sua discolpa va detto che nel 1884, quando pubblicò l’articolo nel quale decantava i benefici della cocaina, i suoi effetti tossici non erano del tutto noti (gli Stati Uniti, per esempio, la bandirono ufficialmente solo nel 1922).

Albert Einstein
Il piccolo Albert aveva difficoltà di linguaggio che preoccuparono non poco i suoi genitori. Col senno di poi disse che il suo sviluppo più lento rispetto a quello degli altri bambini, gli aveva dato più opportunità di osservare gli elementi fondamentali della vita, come lo spazio e il tempo.

In quanto a bizzarrie non era secondo a nessuno. Il suo autista Stanley Cohen, nel libro Il mio tempo con Einstein ha raccontato che amava suonare Mozart al violino durante le escursioni di birdwatching. 

E il solo ascolto della musica lo commuoveva fino a farlo piangere.

Nikola Tesla
Il suo stakanovismo era leggendario: arrivava a lavorare anche 20 ore al giorno, dormendo le altre 4. Queste abitudini gli provocarono un crollo mentale precoce… a 25 anni. Ma quando si riprese, continuò con lo stesso stile di vita anche in età avanzata, senza pause. Aveva due grandi idiosincrasie: le donne in sovrappeso e i gioielli (in particolare le perle).

Thomas Edison
Per scegliere i suoi ricercatori, aveva un metodo infallibile: chiedeva loro di mangiare una ciotola di zuppa. Quelli che aggiungevano il sale prima di provarla, erano fuori: il test infatti mirava a eliminare coloro che partivano prevenuti. Ma se i suoi collaboratori non dormivano sonni tranquilli, neppure lui se li concedeva: praticava il sonno polifasico, dormendo diverse volte durante la giornata per poco tempo in modo da essere più produttivo.

Bobby Fischer
Non aveva neppure 30 anni quando nel 1972 vinse il campionato del mondo di scacchi. Ma la vittoria non gli fu di buon auspicio: di carattere poco socievole e polemico, si ritirò a vita privata e smise di giocare per vent’anni. Tornò alla scacchiera nel 1992, nella ex Jugoslavia in guerra, violando l’embargo dell’ONU e in aperta polemica col governo degli Stati Uniti. La cosa gli costò un’incriminazione e un mandato di arresto che lo spinse a non tornare più in patria. Quella stessa patria che nel 72 aveva rappresentato al tavolo di scacchi su invito del segretario di stato americano Henry Kissinger. 
Gli psicologi si sono interrogati a lungo sul suo genio ribelle e sono giunti alla conclusione che Fischer, morto nel 2008, soffrisse di sindrome di Asperger un disturbo dello sviluppo, imparentato con l’autismo, che può portare a isolamento e problemi di comunicazione.

 

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