La sindrome cultural bound: HIKIKOMORI, il fenomeno oltre il Sol Levante
La sindrome cultural bound: HIKIKOMORI, il fenomeno oltre il Sol Levante
Il termine Hikikomori significa “ritiro” in giapponese ed è usato con riferimento a coloro che hanno scelto di ritirarsi dalla vita sociale, spesso cercando livelli estremi di isolamento e confinamento. Si riferisce sia al fenomeno sociale in generale, sia a coloro che appartengono a questo gruppo sociale.
Già presente in Giappone dalla seconda metà degli anni ottanta, ha incominciato a diffondersi negli anni duemila anche negli Stati Uniti e in Europa.
ll termine fu coniato dallo psichiatra Tamaki Saitō, direttore del Sofukai Sasaki Hospital , quando cominciò a rendersi conto della similarità sintomatologica di un numero sempre crescente di adolescenti che mostravano: ritiro sociale, fobia scolare e ritiro scolastico, antropofobia, automisofobia, agorafobia, manie di persecuzione, sintomi ossessivi e compulsivi, comportamento regressivo, esitamento sociale, apatia, letargia, umore depresso, pensieri di morte e tentato suicidio, inversione del ritmo circadiano di sonno veglia e comportamento violento contro la famiglia.
Sovente non è possibile attribuire l’insorgenza di hikikomori a un trauma specifico, semplicemente, alcuni giovani giapponesi perdono l’energia che ci si aspetta abbiano i ragazzi appartenenti a quella fascia d’età. Le giornate di un hikikomori sono caratterizzate da lunghe dormite mentre le ore notturne sono spesso dedicate a guardare la tv, a giocare al computer, a navigare su internet , leggere e giocare in borsa on line.
Gli hikikomori non presentano patologie psichiatriche e non sono diagnosticabili come schizofrenici, depressi o agorafobici. La forte predominanza, se non esclusività, della presenza di questo fenomeno in Giappone, ha portato gli psichiatri giapponesi a considerarlo alla stregua di una malattia sociale.
L’analisi di questa sindrome non può prescindere dalla comprensione della cultura e della società entro la quale sta dilagando, dalla comprensione del substrato culturale e sociale del paese, delle rigide tradizioni che regolano le dinamiche familiari, i rapporti interpersonali e le aspettative che i giovani giapponesi sono chiamati a realizzare. Questi ragazzi, per la maggior parte maschi, tra i venti e i trent’anni, sono giovani intimoriti, intelligenti ma soli, che si rinchiudono nella propria stanza per proteggersi, spinti da un istinto di autoconservazione. Frustrati e arrabbiati con la generazione precedente che rappresenta una società in cui non si riconoscono e non trovano collocazione, hanno rinunciato ad inserirsi in un mondo che sembra negare loro ogni espressione di sé.
In base alle caratteristiche demografiche degli hikikomori, sono stati identificati diversi fattori di rischio: 1) sesso: la prevalenzaè di quattro volte superiore negli uomini rispetto alle donne 2)fratria: la maggior parte sono primogeniti maschi. 3) età: l’età di esordio del disturbo si colloca tra 19 e 27 anni, 4)classe sociale: è stato osservato che il disturbo compare in famiglie di ceto sociale medio-alto, 5)ijimè: forma di bullismo nipponica. L’aver subito fenomeni di bullismo durante il periodo scolastico è un fattore predisponente allo sviluppo di hikikomori.
Probabilmente ragazzi e ragazze hikikomori vivono anche in Italia, alcuni fra questi hikikomori nostrani li chiamiamo e li abbiamo sempre chiamati nerds o geek.
Il recente interesse in Italia per tale patologia è motivato dal riscontro di casi di possibili hikikomori in particolare nel Sud Italia.
Tamaki Saito ha evidenziato delle analogie tra la struttura familiare giapponese e la struttura familiare matriarcale, caratterizzata da un legame simbiotico tra madre e figlio.