Sul gran tema dei sindacati militari..
Roma, 14 gennaio 2019 – Su “repubblica.it” dei giorni scorsi leggiamo..”Una rivoluzione in caserma. Il Ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha riconosciuto il primo Sindacato dei militari. Qualcosa di mai visto nel nostro ordinamento, e in quello di gran parte dei paesi occidentali, destinato a cambiare radicalmente la vita delle Forze Armate. Con un problema però: manca ancora una legge che regoli l’attività di queste rappresentanze in divisa. Coniugare gerarchia e ordini non è facile. E ci sono pochi esempi a cui fare riferimento, come quello della Svezia. Ma una sentenza della Consulta nello scorso aprile ha abrogato il divieto per i militari di riunirsi in associazioni sindacali. Lo ha fatto recependo la legislazione europea, che ha aperto una metamorfosi dei ranghi in tutto il continente, con una decisione simile anche a Parigi. In Italia il Ministro designato dai 5Stelle ha scelto di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e ha prima emesso una direttiva e poi firmato il primo riconoscimento. A cui, annunciano dalla Difesa, ne seguiranno presto altri. “L’obiettivo – ha scritto il ministro Trenta su Facebook – è chiudere quanto prima questa fase e permettere a tutte le associazioni che hanno formulato richiesta di iniziare a operare, entro i limiti comunque fissati dalla sentenza della Corte. Le associazioni riconosciute potranno relazionarsi con i rispettivi Stati maggiori o Comandi generali, fatta salva la prerogativa negoziale. Questa, appunto, sarà regolamentata con legge. A questo proposito già siamo al lavoro sul provvedimento normativo che presto, molto presto, inizierà ad essere discusso in Parlamento”. Il primo sindacato riconosciuto è un’associazione dei carabinieri. Richieste sono state presentate da decine di sigle. E anche nelle Forze Armate ora c’è il rischio di un moltiplicarsi delle rappresentanze. Un tema questo che alimenta la discussione all’interno della Polizia di Stato, corpo civile in uniforme dove i sindacati esistono dagli anni Ottanta. Nei giorni scorsi, intervenendo al Congresso nazionale del Silp-Cgil, il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha dichiarato che “tra i compiti del 2019, ci sarà la moralizzazione della rappresentanza sindacale..Una rappresentanza che deve essere effettiva: non ci possono essere 44 sottocodici perché poi ci sono i signori delle tessere. Voglio Sindacati forti, rappresentati da persone credibili e rappresentative”. ”
Al riguardo, così dichiara Luca Marco Comellini, Segretario Generale del Sindacato dei Militari su “Infodifesa” del 12 gennaio..”Il Sindacato dei Militari è convinto che si potrà parlare di svolta epocale per la tutela dei diritti dei militari solo quando sarà realizzato quell’intervento legislativo più volte solo annunciato dagli esponenti pentastellati del Governo e delle Commissioni Difesa di Camera e Senato. Intervento, questo, che potrebbe essere realizzato immediatamente con una norma ad hoc da inserire nel primo decreto in discussione e che preveda, per il personale militare, l’applicazione delle stesse regole in materia di sindacato stabilite per il personale delle Forze di Polizia a ordinamento civile dalla Legge 121/81. Detto questo, comprendiamo l’entusiasmo mediatico per la notizia diffusa ieri dalla Ministra della Difesa circa la firma dell’atto di assenso alla costituzione – che ancora deve avvenire – di una associazione professionale di categoria a carattere sindacale ma quello che oggi leggiamo sulla maggior parte dei mezzi di informazione è sbagliato. Invero, la Ministra ha semplicemente accordato il permesso ad una associazione per potersi costituire. Ciò ci fa un pò sorridere se pensiamo all’articolo 39 della Costituzione che vuole i Sindacati liberi… Crediamo sia più che opportuna una riflessione da parte della Ministra della Difesa sul fatto se si voglia concretamente garantire ai militari una piena ed efficacie tutela sindacale oppure sia sufficiente mantenere una forma di rappresentanza eterodiretta dal vertice militare che di fatto nulla avrebbe di differente dagli attuali Cocer.”
E su questo tema Comellini ha perfettamente ragione!!
Letto quanto sopra, le nostre valutazioni, ripercorrendo strade già percorse da questa testata sull’argomento, testata che si ispira ai valori del sommo intellettuale democratico antifascista Gaetano Salvemini.., ricordando che il Ministero della Difesa francese, a settembre 2014, annunciò che per i Militari sarebbero stati costituiti Sindacati cui iscriversi . A seguito di ciò si concretizzavano le conseguenze delle sentenze della Corte di Strasburgo che condannava la Francia per il divieto di costituire sindacati tra militari.
E in Italia, Maestra e culla di civiltà giuridica, cosa accadeva? Con la cosiddetta Legge di stabilità abbiamo assistito alla delegittimazione per legge del ruolo dei Sindacati di Polizia, tanto che giustamente gli stessi in quei giorni lanciarono un appello avente come oggetto un significativo: “No alla controriforma della Pubblica Sicurezza” che richiedeva, “pur dando atto pubblicamente al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’interno ed al Governo dell’attenzione evidenziata..(sbloccando i tetti salariali)…di rivedere immediatamente la cancellazione dell’obbligo di rispettare le griglie orarie previste per l’effettuazione dei servizi dall’accordo nazionale quadro..
In sintesi, a stabilire gli orari di lavoro degli operatori di Polizia non sarebbero state più la concertazione – a livello provinciale – tra Questori e organizzazioni sindacali, ma a queste ultime sarebbe stata data solo una “informazione” su quanto deciso.
“Da tempo – proseguiva un documento di un Sindacato – avevamo già registrato il tentativo strisciante di riportare indietro l’orologio della storia…..(tanto che) l’Amministrazione ha finalmente gettato la maschera rendendosi promotrice di un tentativo di controriforma per rimilitarizzare la Polizia di Stato, attuando un sogno a lungo accarezzato dai troppi Dirigenti che vorrebbero, così facendo, nascondere le proprie incapacità e mantenere privilegi”.
Così il Comparto Sicurezza dello Stato; e quello Difesa?
Come in passato già argomentato, con Decreto Legislativo del 2010, Governo Berlusconi, fu data vita al “Codice dell’Ordinamento Militare”, in cui tale Comparto si è visto destinatario di sorprese che nulla hanno a che vedere con il miglioramento del quadro di democraticità che tale apparato dovrebbe avere in tempi moderni in cui c’è ampio dibattito sull’ evoluzione dei diritti anche di fasce minori di persone. Bene, abbiamo constatato che si sono ristretti inesorabilmente i diritti dei Militari tanto che il dispositivo sulla libertà di pensiero (come sancito dalla innovativa Legge sui Principi del 1978) è stato modificato con l’aggiunta di due semplici parole. Infatti, la nuova formulazione recita: “I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare, di servizio o collegati al servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione”. Ciò offre ovviamente ampia discrezionalità alle gerarchie che, ritenendo qualsiasi opinione attinente in senso allargato al servizio, potrebbero impedire che situazioni che preoccupano il polo militare escano allo scoperto.
La violazione di tale norma è oltremodo pesante, perchè punita con la sanzione della consegna di rigore che consiste nell’ obbligo di permanere in un locale del comprensorio militare, ovvero nel proprio alloggio, per un massimo di 15 giorni. Insomma, è palese che in Italia si sia tornati indietro di quasi tre secoli, quando le Forze Armate dovevano “sorreggere il trono”; concezione che trovò il suo interprete nel Generale Pes di Villamarina, Ministro della Guerra del Regno Sabaudo dal 1832 al 1847, secondo il quale andava proibito “con rigore, non pure nelle caserme, ma nei privati domicili, al militare gregario e graduato, qualunque studio, qualunque lettura, anche di argomento militare, sì che un ufficiale scoperto autore di qualche scritto o perdeva il grado, o vedeva preclusa ogni via di avanzamento”.
Concludendo, affermiamo che le riforme che restringono i diritti costituzionali dei militari, contrabbandate per assicurare e difendere l’apoliticità degli stessi, spesso sottintendono una scelta politica che prevede la necessità di avere Operatori di Polizia e Militari ben controllati nelle idee e subordinati, e questo per motivazioni non visibili….ma probabilmente intuibili!
Al riguardo ricordiamo i contenuti di una studio di alcuni anni addietro intitolato “I Funzionari della Polizia di Stato”, realizzato dal criminologo Francesco Carrer, incentrato su di un questionario promosso per iniziativa dell’ Associazione Nazionale Funzionari di Polizia, cui accettò di rispondere un terzo dei Funzionari italiani, che fornì un identikit dei nostri Commissari e Poliziotti. Il quadro che emergeva, come si evince nell’ interessante libro “”Il partito della Polizia” di Marco Preve (Chiarelettere Editore, marzo 2014, che invito a leggere nda) era sconsolante: “Uomini e donne consapevoli dell’importanza del loro lavoro ma completamente sfiduciati da un sistema incapace di valorizzare i migliori, cocciutamente impegnato a conservare il clientelismo come antidoto alla meritocrazia, arrogante nell’utilizzare la forza e l’ingiustizia del potere nei confronti dei ribelli, strettamente intrecciato alle alte gerarchie con la politica. Impressionante l’altissima percentuale di intervistati che si auguravano un mestiere diverso per i propri figli. Questa grande disillusione è stata confermata nelle risposte raccolte in un’altra ricerca terminata nel 2013, relativa ai possibili miglioramenti della Legge 121 del 1981, “Bibbia” della sicurezza interna italiana. I principali problemi della Polizia sono stati individuati nella direzione tecnico organizzativa (e questo dice tutto! nda); nello scadimento delle funzioni; nella solitudine sofferta, patita e vissuta e nell’abbandono da parte di tutti i livelli di responsabilità per quanti operano in siti pericolosi e difficili..Un vertice, che si dimostra più attento alle proprie carriere e ai desiderata dei referenti politici che alle esigenze di chi è in prima linea e dove si trovano uffici snaturati perché privati dei collaboratori migliori, che sono stati allontanati per evitare che oscurassero il dirigente…””.
Ora, fermiamoci un momento, e pensiamo, quasi sognando… se questa situazione dello stato delle FF.OO. fosse davvero a questi livelli e se i Partiti, alle elezioni politiche, avessero deciso, incredibili dictu!, di candidare al Parlamento Nazionale, invece di gente qualsiasi e impreparata, massivamente un gran numero di appartenenti al polo Sicurezza-Difesa dello Stato, con l’accortezza di escludere burosauri e minutanti di segreterie, perché per DNA notoriamente sensibili alle blandizie e alle carezze dei potenti, invece privilegiando Combattenti veri della Legalità le cui orecchie non di rado hanno sentito ravvicinato il fischiare delle pallottole ed hanno proceduto spesso all’arresto diretto di mafiosi e terroristi di vario genere, magari avendo risieduto con le proprie Famiglie in siti pericolosi di Campania, Calabria, Sicilia e Puglia (provare per credere!). Sarebbe stata una vera e propria rivoluzione democratico-copernicana, proprio perché solo tali Persone, per formazione, avrebbero il coraggio di urlare nelle Aule del Parlamento e delle Commissioni Parlamentari le loro richieste nell’interesse della gente e dell’elettore rappresentato; solo questa gran tempra di Persone hanno “gli attributi”giusti per sapere dire di NO, invece del comodo SI, alle direttive dei Capipartito e di altri settori….d’interesse.
Concludendo, tornando al tema principale dell’attuale discussione, quale l’unica vera possibilità di tutela per tutto il Comparto Sicurezza Difesa in questione? Ad avviso di molti liberi pensatori, solo una forte sindacalizzazione, senza associazionismi paralleli!!