Racconti di sport

Il Tacco di Dio.

Vent'anni fa la prodezza tecnica del "Mancio".

Roma, 17 gennaio 2019

Il mondo dello sport, da sempre, è ricco di aneddoti, di iperboli, di titoloni di giornali a significare le imprese dei protagonisti, ad etichettare gesti tecnici o caratteristiche dei vari atleti che poi rimangono per sempre.
Il grande Pelè è “O Rey”, Maradona è quello de “La Mano de Dios” nel truffaldino gesto dei mondiali del ’86, Eddy Merckx è “Il Cannibale”, Fausto Coppi è “Il Campionissimo”, Gianni Rivera è il “Golden Boy”, Gigi Riva è “Rombo di Tuono”.
Il calcio è certamente lo sport dove l’enfasi è più marcata, vista la sua planetaria popolarità, e le connotazioni si sprecano come negli anni ’60 con Mario Corso che è il “Sinistro di Dio”; Corso nella grande Inter del mago Herrera è quello che finalizza per gli attaccanti, l’uomo dell’ultimo passaggio, tutto rigorosamente col sinistro, coi calzettoni abbassati. Calcia anche le punizioni, con un effetto straordinario, che inesorabilmente chiudono la loro parabola all’incrocio dei pali, a “foglia morta”.
Ebbene se Corso è il sinistro di Dio, Roberto Mancini è “Il Tacco di Dio” perché esattamente 20 anni fa, al penultimo anno di carriera nella Lazio in una gelida serata a Parma stadio Ennio Tardini, s’inventa un colpo, una giocata straordinaria.
Campionato ‘98/’99, ultima di andata, s’incontrano Parma e Lazio in quello che viene definito come il derby della “Via Lattea” viste le proprietà aziendali dei due patron Tanzi, Parmalat, e Cragnotti, Cirio; la gara è molto sentita perché parliamo di due squadre ai vertici della classifica, con in organico giocatori di spessore internazionale, tra i tanti Veron, Crespo, Buffon, Thuram, Chiesa nel Parma e Salas, Vieri, Mancini, Mihajlovic, Nesta nella Lazio.
Partita vibrante tra due squadre corte ed organizzate col risultato di 1-1 fino a circa il 70’ quando viene concesso un calcio d’angolo alla Lazio; alla battuta Mihajlovic che col suo magico sinistro disegna una traiettoria ad uscire del pallone e pesca Mancini che sul primo palo, all’altezza dell’area piccola, va incontro alla sfera e la impatta di tacco destro mandando la stessa all’incrocio dei pali con Buffon impietrito ed incredulo sulla linea di porta.
Roberto Mancini con distacco e naturalezza va verso Mihajlovic abbracciandolo, mentre Vieri come impazzito gli grida: “ma cosa hai fatto”!
L’intesa tecnica, e non solo, tra Mancini e Mihajlovic è il marchio di fabbrica di quella Lazio e la prodezza balistica del Tardini, a buon diritto, è “Il Tacco di Dio”.
Per la cronaca la partita finisce 1-3 per la Lazio che termina il torneo al secondo posto dietro al Milan, conquistando però a Birmingham l’ultima edizione della Coppa delle Coppe.
Mancini nei suoi tre anni romani prende letteralmente per mano la Lazio ed il suo ambiente tutto, creando e favorendo una mentalità finalmente lontana dal provincialismo capitolino, smentendo tutti coloro che pensano ad un suo soggiorno dorato di fine carriera ed a sostegno di ciò più di metà del torneo ‘98/’99 lo gioca come regista centrale, lui da sempre trequartista o seconda punta,al fianco di Almeyda, pilotando con la sua classe e la sua personalità i biancocelesti.
Cantori molto più celebri del sottoscritto ne hanno magnificato il gesto tecnico,ma mai abbastanza per sottolineare una giocata straordinaria di una carriera straordinaria.

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