Accademia di Santa Cecilia – Apertura di stagione con Berlioz e il suo Requiem colossale.
La cattedrale musicale
Roma, 12 ottobre 2019 – Grandioso, geniale, emozionante: in questi tre aggettivi si esprime il valore del Requiem di Berlioz, che l’Accademia di Santa Cecilia condotta efficacemente dal suo Presidente, il Maestro Michele Dall’Ongaro, e il suo brillante e amatissimo direttore principale, sir Antonio Pappano, hanno scelto ad apertura della prestigiosa stagione sinfonica e per commemorare i 150 anni dalla morte del compositore. L’opera era stata commissionata dal governo francese nel 1837 in memoria del maresciallo di Francia Mortier, vittima illustre dell’attentato che avrebbe dovuto colpire Luigi Filippo, che è rimasto nella memoria come la congiura di Fieschi. Era il 1835.
Mutate condizioni politiche bloccarono l’esecuzione prevista, ma la Grande Messe des morts aveva già visto la luce, monumento colossale e incrollabile della straordinaria abilità compositiva del musicista.
L’imponente opera prevede un organico straripante, oltre trecento musicisti in scena, tanto che Pappano ha irrobustito la sua Orchestra con numerosi aggiunti, ha chiamato a infoltire il coro ceciliano (ora condotto dal nuovo direttore del Coro e delle Voci bianche, maestro Piero Monti) facendolo collaborare con il Coro del Teatro San Carlo di Napoli (istruito da Gea Garatti Ansini). La funzione del Coro è fondamentale nella composizione, in essa ha un ruolo di primissimo piano.
Ad offrire un importante contributo alla composizione, inoltre, sono stati chiamati i luminosi fiati della Banda musicale della Polizia di Stato, diretta da Maurizio Billi.
Era Berlioz stesso a consigliare tanti musicisti per la sua opera che si esprime non solo nella monumentalità sempre sottesa da ispirazione vivissima e brillante, dalla densità di idee e dai colori lussureggianti che l’hanno fatta paragonare ad una cattedrale gotica (Barzun), mentre le tinte forti e smaglianti dei suoi suoni si possono assimilare alle tessere della vetrate gotiche. Berlioz sa trovare anche un linguaggio delicato e quasi intimistico, quei momenti di riflessione, come si conviene all’argomento trattato. L’effetto sull’ampio palcoscenico della Sala della Musica è straripante e coinvolgente, anche merito della dislocazione di gruppi di fiati in alto per ottenere l’effetto di spazializzazione di suoni, pratica messa in atto dallo stesso Berlioz quando ancora erano ben lungi gli esperimenti di musica elettronica, suoni che fanno pensare a Boulez, a Stockhausen e percorrono l’uditorio in questa impegnativa inaugurazione della stagione sinfonica dell’Accademia.
La Grande Messe Des Morts utilizza il testo latino ed è articolata in dieci parti con differenti notazioni melodiche, timbriche e della dinamica orchestrale che definiscono ed illustrano la drammaticità dei vari momenti; questi elementi sono utilizzati da Berlioz secondo un ‘colorismo’ che anticipa l’impressionismo armonico di Debussy.
L’esecuzione ascoltata, ha suscitato ovazioni nel pubblico per la splendida prova dell’orchestra, condotta con appassionata sicurezza da Sir Antonio Pappano, che ha letto creativamente e rigorosamente la monumentalità e la purezza di linee della composizione, gestendo felicemente l’ampio organico, e sottolineando l’esibizione del tenore solista che dialoga nel Sanctus con il Coro femminile e che in questa edizione ceciliana annovera la presenza di un artista come Javier Camarena, tenore messicano al suo debutto a Santa Cecilia, dalla voce limpida e dal timbro caldo, che si dispiega in colorature impeccabili che inseriscono il cantante nel novero della top ten dei tenori belcantistici di maggior successo della sua generazione.
Per omaggiare Berlioz, nel corso del mese di ottobre, saranno proposti anche la sua ‘Symphonie Phantastique’ brano celebre, considerato una delle più innovative composizioni dell’Ottocento e l’ouverture da ‘Béatrice et Bénédict’, che riprende la trama di ‘Molto rumore per nulla’ di Shakespeare, autore amatissimo da Berlioz.