Cultura

L’anticonformista.

Ricordo, a trent'anni dalla morte, di Leonardo Sciascia.

Roma, 20 novembre 2019. Quando si dice la lingua batte dove il dente duole è uno dei riferimenti ascrivibili a Leonardo Sciascia, scomparso a Palermo trent’anni fa.

Siciliano della provincia di Agrigento, scrittore colto, raffinato, con i suoi scritti ha raccontato cosa sia la mafia. Amato e odiato per le sue convinzioni, le sue verità, ha ottenuto un sempre maggiore successo con i romanzi di ambientazione prevalentemente siciliana ed ha sempre avuto il dubbio amletico di come venga amministrata la giustizia tant’è che è tra i primi a sottoscrivere la richiesta di referendum sulla responsabilità civile del magistrato promossa dai radicali di Marco Pannella.

Un interrogativo che lo tormenta per tutta la vita e che traspare nelle sue opere in particolare nei romanzi polizieschi come Il giorno della civetta, A ciascuno il suo, Il contesto. Tre romanzi da cui scaturiscono tre grandi film, diretti da maestri del cinema italiano come Damiano Damiani, Elio Petri, Francesco Rosi.

Ne Il giorno della civetta Sciascia, per la prima volta, affronta il tema della mafia nella contrapposizione cinematografica tra il capitano Bellodi e il boss locale, interpretato da Lee J.Cobb, che chiude la pellicola con la battuta: <<ci sono uomini, mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà>>, di fatto rendendo merito all’opera svolta dallo stesso capitano, nella parte Franco Nero. In A ciascuno il suo, diretto da Elio Petri con protagonista Gian Maria Volontè, un professore di liceo indaga su un duplice omicidio avvenuto in un paese della Sicilia ma si scontra con la reticenza ed i silenzi dei paesani corrotti finendo ucciso in una solfatara. A commento della sua fine i notabili dichiarano: <<era un cretino>>…

Dal romanzo Il contesto il regista Francesco Rosi nel 1976 firma l’opera Cadaveri eccellenti, protagonista Lino Ventura, dove si parla di anni di piombo, mafia, poteri occulti, depistaggi, golpe, rivolte giovanili, corruzione imperante che spesso rimane impunita.

Leonardo Sciascia è stato più volte accusato di diffamare la Sicilia o al contrario di difenderla troppo; non a caso si considerava un eretico: <<non sono infallibile ma credo di aver detto qualche inoppugnabile vertità>>.

A metà anni ’70 si candida come indipendente nel Pci, ma alla fine degli stessi accetta la corte di Pannella per i Radicali ed affronta vari incarichi parlamentari con l’appartenenza per circa sei mesi nella commissione sul fenomeno della mafia.

Ha lasciato un’eredita pesante nelle sue letture e nelle sue ri-letture, come spesso raccontava, ribadendo un suo concetto assoluto:>> la mafia si combatte NON con la tensione delle sirene, dei cortei, ma si combatte con la forza del diritto>>.

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