Teatro dell’Opera – Cenerentola di Prokofiev coreografata da Derek Deane
Cenerentola dal piccolo piede
Roma, 26 settembre – Una fiaba è una fiaba se fa sognare, una virtù questa che pochi spettacoli hanno. Di regola aiuta l’argomento trattato e tutti i codici di riferimento, nel caso specifico la meravigliosa musica di Prokofiev, il referente letterario di Charles Perrault che raccoglie il monito orientale a tutte le fanciulle: un piccolo piede è indice di bellezza, eleganza e sottomissione. Perciò è indispensabile fasciarlo strettamente per impedirgli di crescere.
C’è poi la coreografia nel caso di un balletto, i ballerini dei ruoli principale e il corpo di ballo tutto. Quando tanti elementi, come i rivoli di fiumiciattoli devono confluire perfettamente insieme, può accadere che qualcosa non funzioni.
È questa la sensazione che si ricava assistendo alla Cenerentola di scena al Teatro dell’Opera di Roma, una sorta di disagio nel pubblico, cui non deve certamente essere estraneo tutto il rumore che la rinunzia di Riccardo Muti ha provocato in chi lo ama, lo segue e si esaltava della sua presenza nella Capitale.
Cenerentola è un po’ appannata, senza il brio consueto, anche per una lettura musicale un po’ torpida dovuta a Nir Kabaretti, pure già noto per le sue performance sul podio proprio in altri balletti del grande repertorio, anzi qui a Roma fin dal 2010 relegato proprio nel ruolo di direttore di balletto.
Il senso dell’impoverimento dello spettacolo trapela anche dalle scelte del coreografo Derek Deane, che ha eliminato alcuni personaggi, come la matrigna, eppure così fondamentale a mostrare la solitudine della povera orfanella.
Una fiaba vive dei suoi chiaroscuri e manifestazioni più concrete della distanza fra Cenerentola e il mondo dei suoi familiari avrebbero dato luce al personaggio.
Una stilizzata carrozza, un po’ miserella (del resto cosa ottenere di più da una zucca), dalla sagoma sottolineata da led trasporta la ragazza al palazzo del principe La carrozza come il resto delle scene sono firmate da Michele Della Cioppa.
Qui una monotona festa con la corte tutta in blu, scelte del costumista David Walker, accoglierà la nuova arrivata, dove un buffone di corte, dal viso da pagliaccio, sollazza gli invitati. Qui dove avevano intrattenuto gli ospiti (e il pubblico) le facezie delle sorellastre, malcerte sulle gambe e scomposte come pupazzi (in passato i ruoli con ben altri effetti umoristici, quando addirittura non comici erano sostenuti da ballerini, si ricordano, ad es., le sorellastre con gli spassosi Ashton e Helpmann), Cenerentola si abbandonerà tra le braccia del bel principe, uno scintillante Giuseppe Picone, una delle massime espressioni della danza nostrana, sempre molto elegante nella figura e di valente qualità espressive e tecniche, che ha già ballato altre coreografie di Cenerentola, come quella di Stevenson, con la quale ha debuttato negli USA con l’ American Ballet Theatre.
Il Principe, ardente e appassionato, è il cavaliere della giovane bellissima e sconosciuta, che trascina con sé in un giro di valzer, della quale allo scoccare della mezzanotte non rimane che una scarpetta di vetro, indispensabile escamotage per lo scioglimento finale.
Nei panni di Cenerentola ha danzato con grazia poetica Maria Kochetkova, per la prima volta all’Opera di Roma, artista di grande esperienza, praticamente protagonista dei differenti balletti narrativi e vincitrice di numerosi premi mondiali. La Kochetkova offre al pubblico la sublime dolcezza dei suoi abbandoni e ne è vivamente ricompensata
Una caratteristica di questo personaggio che spadroneggia nell’immaginario più romantico è proprio l’essere stato ripreso più volte con coreografie diverse dal suo battesimo nel lontano 1945. Erano gli anni angosciosi della guerra quando, fra il 1941 e il 44, con il nome di Zolushka (Cenerentola), venne composto da Prokofiev il balletto in tre atti su libretto di Nicolai Volkov. Con esso, il musicista si ricollegava alla più pura tradizione ciaikovskiana del balletto narrativo, spettacolare e favolistico.
Una ventata di sentimenti positivi conditi d’ottimismo, la speranza nella bontà sempre vittoriosa e trionfante sugli ostacoli, l’inverarsi del bene sulle cattiverie, uniti ad un senso dell’humour che non era estraneo allo stesso compositore decretarono, il 21 novembre 1945, un successo straordinario presso il pubblico del Bolscioi di Mosca che veniva con il suo consenso a premiare l’eccelsa qualità della invenzione musicale fedele alle memorie russe, e la scelta di avere sottolineato in modo delicato e favolistico quei valori che la guerra e le sofferenze subite avevano stemperato in un senso di sfiducia.
Il tema centrale, l’amore di Cenerentola per il Principe che vince ogni ostacolo, è circondato da altri temi risolti sinfonicamente come la lite delle sorelle cattive all’inizio, la poesia della natura personificata dalle quattro fate simbolizzanti le stagioni (la Primavera di Alessia Gay, l’Estate di Cristina provenienti dal corpo di ballo e perfettamente nel ruolo, e certamente splendide sono le atmosfere nelle quali si muove tutto il balletto come l’apparizione magica della Fata Madrina (Alessandra Amato) che sotto gli occhi del pubblico esce come una farfalla dal bozzolo dalle vesti lugubri e cenciose di una vecchia mendicante.
Un augurio per questo teatro, una trasmutazione della materia rissosa che lo caratterizza in uno splendente e sereno luogo deputato al bello.