Racconti di sport. Altro che FIFA!
La storia dei vertici del calcio che non capiscono la situazione si è ripetuta di nuovo, come alla vigilia del Mondiale del '78.
Roma, 14 marzo 2020 – Le deprimenti indecisioni delle istituzioni calcistiche europee e nazionali su cosa dovesse fare il calcio nei giorni drammatici ai tempi del coronavirus ci hanno ricordato quanto accadde alla vigilia del Mondiale di Argentina ’78. Anche allora, come oggi, i vertici del calcio mondiale sembravano avulsi dalla realtà con la quale erano chiamati a confrontarsi. Nel paese sudamericano la dittatura dei militari stava provocando la morte e la sparizione di centinaia di oppositori politici o semplici cittadini che si pensava che lo fossero, ma per la FIFA non era così. Come ben racconta lo scrittore argentino Pablo Llonto nel suo libro “Il Mondiale della vergogna”, nonostante le notizie, seppur velate, che uscivano dall’Argentina, per il presidente della FIFA, il brasiliano Havelange, la situazione era normalissima e non si capiva per quale motivo il Mondiale dovesse essere spostato in un’altra nazione. L’Olanda, da sempre molto attena alle libertà individuali e sociali, non voleva andare a giocare il Mondiale, ma la FIFA la minacciò addirittura di escluderla da ogni futura competizione se lo avesse fatto, tanto che, quando arrivò in Argentina dopo molto pressioni da parte di chi guidava il calcio, dall’opinione pubblica di casa favorevole alla dittatura (o costretta ad esserlo) venne considerata la nemica pubblica numero 1. Poi il caso volle che la finale del Mondiale fosse proprio tra l’Argentina padrona di casa (che ne uscì vincitrice) e l’Olanda, che intanto, durante la sua permanenza a Buenos Aires e dintorni, aveva anche dovuto subire la beffa di un articolo (inventato) nel quale un giornalista sportvo argentino riportava una fantomatica intervista a Ruud Krol, uno dei miti della nazionale orange, nella quale, quest’ultimo diceva che quello che si pensava in Europa non era vero, che in Argentina c’era la pace sociale e che i giocatori olandesi erano stati accolti dai soldati argentini con i fiori nei fucili. Quando nel ritiro della nazionale orange la lessero a momenti venne un colpo a tutti, tanto che i capi delle delegazione comunicarono ai vertici della FIFA di volersene subito tornare a casa. Ma come era già accaduto pochi mesi prima, questi ultimi convinsero l’Olanda a restare e a finire il suo Mondiale, garantendo a quest’ultima la smentita dell’intervista a Krol, che puntualmente arrivò. Così il gioco continuò, mentre durante le partite la gente continuava a sparire dalle case per finire nelle celle di tortura e poi negli aerei dai quali, addormentata, veniva gettata viva in mare. Oggi, con il coronavirus che ci sta sconvolgendo le vite, i vertici del calcio italiano (prima) e dell’UEFA (poi) hanno provato a continuare a giocare a tutti i costi. Poi, per fortuna, si sono fermati, ma solo dopo i primi casi di contagio tra i calciatori delle varie leghe europee, quando invece dovevano farlo molto prima per evitare ogni tipo di contatto. Altro che porte chiuse o porte aperte, playoff o playout, ottavi di finale o quarti! Tutto sempre in nome di quel dio denaro che ci ha rovinato le vite e che, anche di fronte all’epidemia, deve continuare a girare. Come se non fosse ormai chiaro a tutti che la stagione calcistica va considerata finita qui, con i titoli non assegnati e l’Europeo del 2020 da rimandare di un anno. Se Dio vorrà che fra dodici mesi tutto sarà passato e se lo vorremo anche noi, che se non capiamo di restare a casa non facciamo altro che aiutare la propagazione del virus. Prima ci chiudiamo, prima finisce.