Daje “Loco”
Il virus ha colpito anche Hugo Gatti, uno dei portieri più forti e stravaganti della storia del calcio
Roma, 28 marzo 2020 – Quando pochi giorni fa abbiamo saputo che il coronavirus ha colpito anche Hugo Gatti stavamo proprio pensando di scrivere uno dei nostri racconti di sport su di lui. La notizia del suo contagio e del suo ricovero in un ospedale di Madrid ci ha fermato, ma poi abbiamo pensato di scrivere lo stesso il nostro racconto per dedicarlo a lui e a tutti coloro che, come lui, stanno lottando per uscirne fuori. Gatti, detto “El Loco” (il matto) è stato uno dei portieri più stravaganti, istrionici e forti del calcio argentino.
Nato a Buenos Aires 75 anni fa, risiede da tempo a Madrid, dove si è contagiato. In carriera ne ha fatte più lui di Carlo in Francia. Ha giocato fino a 44 anni, ha il record di presenze nella prima divisione argentina (755), ha vestito entrambe le maglie delle due squadre argentine più forti di sempre, il River Plate, con il quale è diventato grande e il “suo” Boca Juniors, per il quale ha sempre tifato.
La faccia da indio, i capelli lunghi, l’inseparabile bandana, i maglioni dai colori sgargianti. E irriverente al punto giusto, come quella volta che disse a Maradona che era solo un grassottello. Poi hanno giocato insieme e sono diventati amici, tanto che Diego è stato tra i primi ad inviargli un messaggio di incoraggiamento.
Capace di sedersi sulla traversa della propria porta quando la sua squadra attaccava e di scenderne con un balzo felino (degno del suo cognome) per riprendere il posto tra i pali appena gli avversari riconquistavano il pallone. Ma capace anche di mettersi a spazzare l’area di rigore sotto la curva del Boca durante la partita con una scopa che quella gli aveva lanciato addosso (insieme a tanta altra roba) una volta che era sceso in campo alla Bombonera con il River Plate. Oppure di correre verso quegli stessi tifosi, in un’altra occasione, sempre da avversario, dopo aver ricevuto una montagna di insulti e di togliersi il maglione da portiere per mostrargli che sotto aveva sempre la maglia del Boca. La sua squadra del cuore. E a quel punto i fischi divennero applausi.
La sua impresa più bella, però, resta il rifiuto di giocare con la nazionale il Mondiale casalingo del ’78 per non sentirsi complice dei farabutti che guidavano l’Argentina con una dittatura infame e terribilmente feroce. Quella delle migliaia di desaparecidos e di una giunta militare vigliacca. Gatti, che aveva già collezionato alcune presenze in nazionale (alla fine ne ha messe insieme 18), chiese al Ct Menotti di non confermarlo titolare del ruolo per il Mondiale adducendo la scusa che il suo secondo, Fillol, era già più forte di lui. Oltre che più giovane. E Menotti, che non sopportava il regime come lui, acconsentì. Così Gatti, anche se non è diventato campione del mondo, è riuscito comunque a non sentirsi complice dei dittatori.
Anche per questo, oltre che per tutto quello che è stato e che abbiamo ammirato da giovani di lui, oggi gli gridiamo: “Daje Loco”. Alla romana. Ed estendiamo il nostro incitamento a tutti quelli che, come lui, stanno lottando contro questo maledetto virus che ci sta sconvolgendo le vite.