Roma, 14 agosto 2021 – Nella nazionale argentina che l’Italia ha sconfitto in Spagna nel Mondiale
dell’82, Osvaldo Ardiles giocava con il n.1.
Ma non perché era il portiere della squadra. Quello era Fillol, che insieme a lui, quattro anni
prima, aveva vinto il Mondiale maledetto giocato in casa.
Ardiles giocava con la maglia n.1 solo perchè a quei tempi non esistevano ancora i numeri fissi e ai
giocatori delle rose delle nazionali che partecipavano alla Coppa del Mondo, i numeri venivano
assegnati in base all’ordine alfabetico.
La “A” del suo cognome, dunque, gli aveva fatto prendere la “camiseta” n.1, che a lui, che era
il numero uno dei registi di quel periodo, stava anche, davvero, molto bene.
Quasi fosse un vero e proprio riconoscimento della sua classe innata, della sua intelligenza
calcistica e dell’importanza che rivestiva per la sua nazionale.
Osvaldo Ardiles che nel ’78 aveva preso per mano e condotto al titolo, guadagnondosi, così, un
ricco ingaggio dal Tottenham.
Era quello il calcio in cui i registi erano i veri signori del centrocampo e della squadra, che
girava tutta intorno ai loro piedi buoni e alla loro testa piena di geometrie e tempi di gioco.
Mentre il calcio di oggi, almeno fino ai recenti Europei vinti dall’Italia guidata in campo
dall’ottimo Jorginho, è diventato quello dei centrocampisti muscolari e corridori.
Speriamo che il successo degli azzurri e le belle prestazioni di Jorginho sia con l’Italia che
con il Chelsea, che lo hanno candidato al Pallone d’Oro 2021, facciano invertire la rotta.
Perché una squadra senza regista appare sempre come monca e priva di gioco.
Come ben sa Mourinho, che appena arrivato alla Roma aveva chiesto il regista e capitano
della Svizzera e dell’Arsenal, Xhaka.
Che la società non è riuscita a prendere, anche perché ha preferito investire i suoi soldi in
altro modo, secondo noi sbagliando.
Come dimostra la storia del n.1 Ardiles, che però nel 1978 aveva giocato con il n.2 perchè
l’1 era stato dato al portiere di riserva.