STORIA DEI GRANDI SEGRETI D’ITALIA – Il Piano Solo
di Valentina Celi e Aldo Gironda Veraldi
Roma, 16 marzo 2022 – Questa la sintesi. È l’estate del 1964. Il Governo Moro, il primo a partecipazione socialista dalla fine della Seconda guerra mondiale, si è dimesso.
Nel bel mezzo delle trattative per far nascere un nuovo esecutivo con la stessa maggioranza, nella sede del Comando Generale dei Carabinieri, si discute di piani da attuare in caso di emergenza. Prevedono <<l’enucleazione di 731 persone e la messa in sicurezza delle principali città italiane, oltre che l’occupazione delle sedi dei maggiori partiti di sinistra>>.
Sullo sfondo, gli incontri tra il Comandante dell’Arma, Giovanni de Lorenzo, e il Presidente della Repubblica, Antonio Segni. La storia di una grave vicenda italiana su cui ci si interroga ancora oggi.
Fu l’annunciatore della televisione la sera del 13 luglio a leggere un breve e secco comunicato : “Il Presidente della Repubblica ha ricevuto stamane al Quirinale il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale Giovanni De Lorenzo”.
Sappiamo che nella primavera del 1967 “L’Espresso” pubblicò un articolo di Lino Jannuzzi in cui era scritto che, tre anni prima, il Generale Giovanni De Lorenzo – Medaglia d’Argento della Resistenza e nel 1964 Comandante Generale dell’Arma – con la protezione dell’allora Presidente della Repubblica Antonio Segni, avrebbe ordito un colpo di Stato.
In quell’estate del ’64, era entrato in crisi il primo Governo di centrosinistra presieduto da Aldo Moro, governo nato nel dicembre del 1963 con Ministri socialisti e con il leader del Psi, Pietro Nenni, Vicepresidente del Consiglio.
A seguito di ciò, le Commissioni sul ‘Piano Solo’ hanno indagato. Tra il 1967 e il 1970 ben tre, una ministeriale, una militare e un’ultima parlamentare.
Iniziamo a leggere parti del libro.
Premessa di Barbara Biscotti (Attualmente Professore associato presso l’ Università di Milano. Insegna inoltre nell’ambito del corso di laurea in Giurisprudenza dell’Accademia Allievi Ufficiali della Guardia di Finanza di Bergamo. Altri prevalenti campi di interesse: sicurezza e libertà; libertà e dittature; ermeneutica contrattuale.)
“”Come emerge dalle pagine che Valentina Celi e Aldo Gironda Veraldi, con inappuntabile rigore giornalistico, dedicano qui al piano messo a punto dal Generale de Lorenzo, esso prevedeva una serie di azioni capillari, che avrebbero dovuto essere compiute dalla sola Arma dei Carabinieri (da cui il nome), volte non soltanto a neutralizzare appunto potenziali “nemici dello Stato” – i quali erano da tempo nella lente del servizio segreto militare con le loro attività e relazioni strettamente private, oltre che con quelle in senso ampio politiche – ma anche a presidiare, occupandoli, i “centri nevralgici“ che avrebbero potuto assicurare il controllo militare dello Stato: le istituzioni, innanzitutto, ma anche i servizi pubblici essenziali come trasporti, comunicazioni, televisioni. Un piano, quello strutturato da de Lorenzo ma concertato con alcuni rappresentanti delle istituzioni civili, fondato sulla consueta quanto pericolosa invocazione del concetto di “emergenza“, che indurrà anche il “Corriere della Sera“, nei giorni della crisi che fece da sfondo all’elaborazione del progetto, a esprimersi in tal senso con un articolo in cui senza mezzi termini si affermava: “abbiamo bisogno di un governo di emergenza per una situazione di emergenza“. Nel 1967, infatti, Eugenio Scalfari e Lino Iannuzzi, in un esercizio del miglior giornalismo di inchiesta – che peraltro, a seguito della querela sporta nei loro confronti da de Lorenzo, fu oggetto di una pronuncia giudiziale che investiva il difficile tema della conciliazione tra libertà di informazione e tutela dello Stato – ne rivelarono l’esistenza dalle pagine del settimanale “L’Espresso”. Mentre i due giornalisti, però, ricostruivano la vicenda nella prospettiva di un progetto eversivo dell’ordine democratico, in particolare alla luce delle dichiarazioni ricevute dal Senatore Ferruccio Parri soprattutto circa la predisposizione di nuclei speciali d’azione, la Commissione di inchiesta parlamentare avrebbe concluso i propri lavori escludendo in modo perentorio che il piano del Generale de Lorenzo avesse le caratteristiche di un progetto di golpe””.
– da pag.29. “”L’origine del piano e il ruolo del Quirinale. Il Piano Solo resterà segreto per altri tre anni. Poi, il 14 maggio 1967, la storia si abbatte sull’Italia con la forza d’urto di una bomba. Il settimanale “L’Espresso“, diretto da Eugenio Scalfari, pubblica un articolo firmato da Lino Iannuzzi. La prima pagina del giornale è interamente dedicata alla vicenda: “Complotto al Quirinale”, si legge. E ancora: Segni e de Lorenzo preparavano il colpo di Stato. Nell’articolo oltre a una ricostruzione piuttosto dettagliata, nonostante qualche imprecisione, viene lanciata una rivelazione shock. Quanto accaduto nella primavera e nell’estate del 1964, dalle liste di enucleazione ai progetti di occupazione delle città, avrebbe avuto il benestare dell’allora Presidente della Repubblica Antonio Segni. Un Presidente della Repubblica che, come anticipato, contrastava l’asse DC-PSI. Un’opposizione che verrà successivamente raccontata da Aldo Moro nelle pagine del suo memoriale, scritto durante le settimane di prigionia targate Brigate Rosse. Dirà, riferendosi a Segni: “Era contrario alla politica di centro sinistra. Non aveva particolare fiducia nella mia persona, che avrebbe volentieri cambiato la direzione del governo. Era terrorizzato da consiglieri economici che gli agitavano lo spettro di 1 milione di disoccupati di lì a quattro mesi“”.
– da pag.71. “”Un Generale partigiano. Un’ascesa brillante riservato a pochi. Si può riassumere così la carriera del Generale Giovanni de Lorenzo: partito dalla piccola Vizzini, in provincia di Catania, dove nasce nel 1907, riuscì a raggiungere i massimi livelli della struttura militare. Ed è per certi versi strano che la sua traiettoria si sia incrociata con le accuse di golpe e di complotti contro la Repubblica. Il futuro Generale però sa bene da che parte stare: sceglie di combattere con i partigiani, sceglie di essere un partigiano sin dagli albori della Resistenza. Per questo motivo verrà sempre ben considerato dalle sinistre negli anni successivi, e guardato con un po’ di diffidenza dalle destre e dagli stessi ambienti dell’Esercito. Ciò non gli impedisce comunque di avere successo nella sua scalata nelle gerarchie alla fine della guerra. La svolta nel 1955 con la nomina alla guida del SIFAR (Servizio segreto militare). Ci resterà fino al 1962, quando sarà promosso al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri. Ma già è iniziata una tendenza che diventerà sempre più forte negli anni a seguire: la realizzazione di schede su importanti esponenti politici, specialmente comunisti. Una pratica che verrà presto estesa a tutti coloro che caldeggiano l’apertura a sinistra e l’ingresso del PSI nella maggioranza di Governo. E che quindi riguarda da vicino anche politici democristiani. Il clima è quello di una vera caccia alle streghe. Come riporta lo storico Guido Crainz, nella sua “Storia del miracolo italiano”, viene monitorato e pedinato nei suoi incontri privati istituzionali persino Amintore Fanfani. Anche se non dal SIFAR. In un altro registro, tenuto dal casellario politico centrale, sono inseriti gli elementi da sorvegliare, oltre 13.000 persone. Di queste, 12.000 sono comuniste. Molti partigiani, pochi fascisti e pochi mafiosi. Nel 1962 per de Lorenzo arriva la promozione al Comando Generale dell’Arma. Resterà tuttavia in stretto contatto con il suo successore al SIFAR, il Colonnello Viggiani. È un uomo di fiducia. L’ascendente del Generale sui servizi continuerà dunque ad essere forte: “Il SIFAR continua a funzionare sotto l’influenza del Generale de Lorenzo, il quale manteneva stretti contatti con i comandanti“, si legge in una testimonianza del già citato Generale (dei Carabinieri) Bittoni.””
– da pag.89. “”Scontro fra Generali. Ma i nemici non sono solo quelli dell’esterno delle istituzioni. Spesso si annidano all’interno, per mantenere una vicinanza con l’obiettivo da giocare a proprio favore, per i propri fini e i propri scopi. A contrastare il temuto Generale de Lorenzo ai tempi del Piano Solo, c’era un altro uomo cresciuto nei ranghi militari, ma con concezioni diametralmente opposte. Giuseppe Aloia, laziale di Castelforte, classe 1905. Per la Difesa assume un ruolo sempre più centrale strategico e negli anni ‘60 diventa Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, per passare subito dopo al ruolo di Capo di Stato Maggiore della Difesa. È in questo periodo che emerge il contrasto col Generale de Lorenzo, che era subentrato come Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, su proposta di Andreotti appoggiata da Nenni e Saragat. Alla Difesa, Aloia si era subito fatto promotore dei “corsi di ardimento“, ossia dei training specifici per i militari, che estese a tutte e tre le Forze Armate. Un modo di intendere la vita sotto le armi che non riscontrava certo il favore di de Lorenzo, scaturì uno scontro duraturo. Si arriva quindi al 1966, quando de Lorenzo minò pubblicamente l’autorità di Aloia, abolendo i corsi di ardimento almeno per l’Esercito. In quel periodo a capo del SIFAR c’era un uomo di de Lorenzo, Giovanni Allavena, che cominciò a percepire la stretta dell’opinione pubblica sui servizi segreti e fece sparire alcuni dossier su alte personalità dello Stato, compreso lo stesso Aloia. L’esistenza dei 157.000 fascicoli compilati, però, fu un segreto che emerse in fretta, e portò alle dimissioni di Allavena. Ma per tornare alla contrapposizione fra de Lorenzo e Aloia si può concludere che, se il primo voleva normalizzare la presenza pervasiva delle Forze Armate nella società, per far fronte alle minacce interne, il secondo invece avrebbe voluto un sistema prettamente militare e più avanzato, in grado di fronteggiare le potenziali minacce esterne.””
“”Il ruolo del Prefetto. Secondo la Magistratura e le Commissioni di inchiesta, il ‘Piano Solo’ fu solamente un progetto di difesa della Patria, un complesso tentativo di prevedere il caos politico e di mantenere l’ordine sociale. Un piano che per la sua portata sarebbe stato di difficile realizzazione. Non la pensava così il Prefetto Angelo Vicari, ideatore di un’accurata circolare sui piani di contingenza che presentava somiglianze e anticipazioni di quello che sarebbe stato il ‘Piano Solo’. Anche lui agiva in nome della salvaguardia della Patria. Anche lui però, con i suoi complessi progetti, esponeva il fianco a pericolose derive autoritarie. Nel 1960 arriva la nomina a Capo della Polizia, durante il terzo esecutivo guidato da Fanfani, e sotto la diretta supervisione dell’allora Ministro dell’Interno Mario Scelba. Era un momento davvero critico per l’ordine pubblico: le proteste dei lavoratori, il diffuso malcontento, gli scontri di Genova e la caduta del governo Tambroni, i primi episodi di terrorismo. Vicari insomma era seduto su una poltrona che scottava, ma riuscì comunque a mantenere il suo posto al vertice della Polizia fin quasi alla metà degli anni 70. Un incarico di oltre 12 anni, il più lungo della storia dell’Italia repubblicana. A lui si devono in particolare la nascita della polizia criminale e del servizio di soccorso pubblico, abbinato al numero di emergenza, il 113. Ma è del 1961 il provvedimento che più ci interessa ai fini della comprensione del Piano Solo: la “circolare Vicari“. La circolare 442/ 7665 del 27 novembre 1961 prende in esame lo stato di “emergenza speciale“, che si verrebbe a creare nell’eventualità di gravi disordini pubblici. Nel testo del documento si legge: “Si dispone la selezione degli elementi pericolosi per la sicurezza dello Stato e dell’ordine pubblico. Questi elementi in attesa di ordini per il trasferimento in località idonee. Non carceri, debbono essere concentrati a cura dei Comandi dell’Arma e delle Questure, in luoghi prescelti per un eventuale smistamento”.
Insomma, i famosi piani di enucleazione degli eversivi erano già previsti dall’allora Capo della Polizia. Quindi, come già anticipato, il ‘Piano Solo’ avrebbe trovato il suo fondamento proprio nell’atto siglato da Vicari, con la differenza però che da quello deviava, visto che si prevedeva l’uso esclusivo degli uomini dell’Arma dei Carabinieri e dell’eventuale richiamo in servizio degli agenti in congedo secondo lo schema del Piano Sigma. In aggiunta, i due piani divergono con punto fondamentale: mentre il progetto postulato dalla circolare Vicari avrebbe avuto una natura più difensiva, quella del ‘Piano Solo’ sarebbe stato una vera e propria offensiva. A chiarire questo aspetto è un’analisi fatta dall’ “Unità ”, che a suffragio della tesi dell’attacco alle istituzioni riporta il seguente passaggio, tratto dalla relazione dei parlamentari di sinistra della Commissione: “Mentre nel piano ES (cioè quello introdotto con la circolare Vicari, N.d.R.) la Questura è presidiata dalla stessa forza di pubblica sicurezza, il ‘Piano Solo’, che esclude l’impiego della Polizia di Stato, prevede l’occupazione della Questura al pari della Prefettura. Sempre nel corso del suo lungo incarico, Angelo Vicari assistette anche a un altro episodio buio della storia della Repubblica: il “Golpe Borghese”. In quel caso si trattava di un acclarato tentativo di colpo di Stato, organizzato da Junio Valerio Borghese, il fondatore del Fronte nazionale. Secondo le intenzioni, il “Principe nero“, ossia Borghese, con il beneplacito di gruppi clandestini all’interno delle Forze Armate delle forze dell’ordine, avrebbe preso il potere con la forza. Un rapido colpo di mano, un’azione militaresca che avrebbe dovuto svolgersi nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, colpendo i centri nevralgici delle istituzioni. Fra gli obiettivi dei congiurati, oltre alla cattura del Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, c’era anche l’assassinio di Angelo Vicari. Ma il golpe fu annullato dallo stesso Borghese, prima che avesse luogo e per motivi mai del tutto chiariti. Probabilmente il “principe nero“ aveva subodorato che il suo tentativo sarebbe stato represso dalle forze governative, che avrebbero potuto approfittare di quel frangente per emanare leggi speciali (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/tra-i-tanti-misteri-ditalia-ricordiamo-il-golpe-borghese-48470/).
Comunque sia, scampato il pericolo dell’attentato, Vicari continua a servire al Ministero dell’Interno fino al gennaio 1973, quando con il compimento dei 65 anni, andò in pensione per “raggiunti limiti di età“. Morì a Roma, 17 anni dopo.””
Sin qui il libro.
Ora conclusioni integrazioni e valutazione, escludendo che le iniziative tra la primavera e l’estate del 1964 avessero come fine la realizzazione di un colpo di Stato. La pur grave iniziativa di De Lorenzo è stata sopravvalutata nel suo aspetto militare, anche perché le interpretazioni politico-ideologiche mancano di un adeguato retroterra documentario. La tesi del Piano Solo può essere “discutibile”, e che alla prova dei fatti quel Piano fu solo di predisposizioni di ordine pubblico e svolse un ruolo politico per favorire il ricompattamento del centrosinistra in versione moderata, per volere di Politici di altissimo livello, per una politica per la gente e non per interessi occulti. Certamente, “more Italico”, la situazione era caratterizzata da dissidi tra politici, Generali, Servizi italiani e stranieri, ed i cosiddetti, sempre presenti, “poteri forti”. Proprio in quelle giornate, in cui Pietro Nenni parlò di aver sentito, dalle parti del Quirinale, «rumor di sciabole», il Presidente Segni temeva per il Governo di centrosinistra guidato da Aldo Moro, con Pietro Nenni vice e, in particolare, per il programma di riforme sociali importanti, che avevano allarmato ambienti politici ed economici. Nel contesto si erge la figura di Aldo Moro, che di lì a poco, diede vita al suo secondo governo di centrosinistra, limitandosi ad accantonare, con il consenso di Nenni, alcune delle riforme più contrastate. Si, Moro, quel grande Statista che proprio per le Sue alte visioni e intuizioni politiche di progresso sociale, nel 1978 ebbe la mortale condanna…Da parte di chi?…
L’argomento è stato ampiamente trattato recentemente su questa testata, di cui è Direttore Salvatore Veltri, con l’articolo di commento all’ interessantissimo libro di Mario Segni, figlio del Presidente della Repubblica: “IL COLPO DI STATO DEL 1964 La madre di tutte le fake news” (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/il-colpo-di-stato-del-1964-non-dei-carabinieri-servitori-dello-stato-dal-1814-50162/)
Il “Piano Solo” del generale Giovanni De Lorenzo. Il rapporto Manes – di Mario Segni
(https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/il-piano-solo-del-generale-giovanni-de-lorenzo-il-rapporto-manes-50415/)