Rugby – L’invasione verde e azzurra di Roma
Cronaca di una fine settimana di rugby e di festa per il debutto dell’Italia nel 6 Nazioni 2015.
Roma, 8 febbraio – Uno dei tanti pregi della partecipazione italiana al Torneo rugbystico delle 6 Nazioni è l’atmosfera internazionale che si respira in città durante i fine settimana in cui si svolgono i match. Roma, meravigliosa città dai mille difetti, sembra in quei giorni colmare un po’ il distacco dalle grandi capitali europee con cui ci si confronta, Londra e Parigi principalmente. In termini organizzativi, la migrazione allo Stadio Olimpico – dopo i tanti anni di “purgatorio” presso il pur amatissimo Stadio Flaminio, teatro della prima vittoria al debutto nel 2000 contro la Scozia – ha finalmente colmato il gap con i templi del rugby del Vecchio Continente.
Come da tradizione, la partecipazione dei tifosi avversari alle trasferte in Italia è sempre massiccia. Nell’attuale cornice dell’Olimpico, chi tifa per gli Azzurri prevale numericamente, ma negli anni del Flaminio capitava sistematicamente di trovarsi in minoranza, a causa della grande richiesta di biglietti dall’estero, in gran parte accaparrati dai tour operators stranieri che con largo anticipo organizzano pacchetti di viaggio completi dell’ingresso allo stadio.
Ecco un racconto di questo fine settimana romano, tra pioggia e sole, con la nostra città affollata di maglie verdi.
La partecipazione irlandese alle trasferte romane è sempre rilevante, avendo Roma per i nostri amici dell’isola verde una grande attrattiva che si somma alle bellezze artistiche e culturali ed al clima: la presenza del Papa. Ho impresso il ricordo del primo viaggio nella cattolicissima Irlanda, a metà degli anni ‘80 del secolo scorso, e di come i locali rimanessero impressionati della mia città di provenienza, commentando “You are lucky, you have the Pope there!”. Date perciò un’occhiata a Piazza San Pietro oggi, ci vedrete molte teste rosse su maglie verdi che sedevano ieri pomeriggio sugli spalti dell’Olimpico.
Ma andiamo per ordine e torniamo alla giornata di ieri.
Nella tarda mattinata, durante l’afflusso al Foro Italico, scambio qualche battuta con i nostri ospiti. Sono sorpresi del freddo e delle nubi grigie che si avvicinano minacciose da Est. Alla mia risposta che anche la pioggia è stata organizzata per loro, per non fargli sentire nostalgia di casa, ridono subito; gli irlandesi si distinguono infatti da molti popoli nordeuropei per un senso dell’umorismo più dinamico (nel film The Committments di Alan Parker del 1991, ambientato a Dublino, i protagonisti formano una soul band musicale, sul presupposto che “gli irlandesi sono i più neri d’Europa, e i dubliners i più neri d’Irlanda!”).
Andiamo dentro lo stadio. E’ quasi pieno, fatta eccezione per le parti alte dei distinti Nord-ovest e Sud-Ovest, lasciati liberi per realizzare le scritte bianche “INSIEME” sui seggiolini azzurri. Nell’introduzione al match, applausi alla presentazione delle due squadre nazionali di Wheelchair rugby, reduci dall’incontro della mattina. Ovazione per Castrogiovanni e Parisse all’annuncio delle formazioni. Grande partecipazione poi all’esecuzione degli inni – come da protocollo prima Ireland’s call e poi il Canto degli Italiani – suonati dalla banda dell’Arma dei Carabinieri, presente con un numero di elementi congruo al grande spazio (ricordo spesso al Flaminio bande più sparute, con il risultato che la musica non si sentiva e i vari settori degli spalti cantavano fuori tempo, con effetti armonicamente non esaltanti).
La parte meno esaltante da raccontare è forse il tifo durante la partita, complessivamente un po’ fiacco, in linea con l’andamento del gioco in campo. Alcuni tentativi non riusciti di ola, partiti dalla Curva Sud in senso orario, si sono subito spenti nel passaggio alla Tribuna Monte Mario laterale. Ogni tanto le due bande musicali in divisa blu e gialla, posizionate sotto i tabelloni nelle curve opposte, hanno intonato l’Inno di Mameli a trainare il coro.
In conferenza stampa il Capitano a domanda risponde sicuro e schietto (è anche per questo che ci piace) che lui quella palla non l’ha sfiorata, quindi era meta. Peccato.
Stavolta forse il meglio è stato però all’esterno, nel villaggio del Terzo Tempo allestito dagli sponsor nel Foro Italico. Tantissime partite spontanee, con qualche meta in tuffo sull’asfalto (consentita dal grande potere anestetico della birra). Molta musica (segnalo un gruppo di bravissimi percussioniste e percussionisti romani, i “Caracca”, che si esibivano spontaneamente tra la folla). Parlo un po’ con i nostri ospiti, curioso di sapere se nel periodo di crisi sia possibile per molti affrontare la spesa di una trasferta all’estero: una famiglia di Dublino mi risponde con orgoglio che hanno risparmiato tutto l’anno per non perdere quest’evento.
Molti sono poi gli irlandesi residenti altrove, principalmente in Inghilterra.
Ecco nella foto John Mulcahy e John Bates, ingegneri di Stafford, nell’Inghilterra del nord, nati lì da genitori irlandesi della Contea di Galway che, come è naturale, sono molto legati alla loro tradizione culturale e sportiva. Assieme al loro amico Chris Darlinston hanno acquistato (magari con maggiore facilità grazie al cambio favorevole del Pound) un pacchetto di viaggio con largo anticipo.
Come nota conclusiva, che forse ci può rincuorare della sconfitta sportiva, ci sono i generali complimenti degli irlandesi all’organizzazione, soprattutto della festa.