Lussemburgo,7 settembre 2023 – Le recenti e sorprendenti esternazioni rilasciate da Giuliano Amato alla stampa sulla tragica vicenda di Ustica, hanno sorpreso – e non poco- un po’ tutti.
Innanzitutto per l’anacronismo delle medesime, poi ovviamente per il loro contenuto.
Va detto subito che le dichiarazioni di Amato non sono basate su dati di recente acquisizione, bensì su ricordi personali non suffragati però da prove a sostegno.
Veniamo subito ad uno degli aspetti principali oggetto di tali dichiarazioni.
Quanto al riferimento al ruolo che, secondo Amato, avrebbe avuto l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi nell’avvisare il Premier libico Gheddafi dell’attentato di cui sarebbe stato oggetto, va ricordato che lo stesso Amato era all’epoca nientemeno che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio; ben al corrente, pertanto, delle iniziative del Presidente Craxi .
I figli di quest’ultimo hanno però prontamente replicato precisando che il loro genitore avvisò bensì una volta Gheddafi di un prossimo attentato ma che ciò avvenne nel 1986, allorquando venne bombardato il suo Quartier generale su iniziativa del Dipartimento di Stato americano.
Ma, hanno poi aggiunto, che nulla del genere avvenne nel 1980 con riferimento alle vicende riguardanti l’episodio di Ustica.
Nell’intervista rilasciata al quotidiano ‘La Repubblica’, Amato aveva sorprendentemente fatto riferimento ad “un piano per uccidere Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione e che il Leader libico si salvò perché avvisato da Craxi”.
Orbene, dopo una cotale affermazione dell’allora Vicepresidente del Consiglio, lo stesso avrebbe dovuto quantomeno fornirne le prove.
Tuttavia, in occasione della recentissima conferenza stampa successiva, Amato ha sostanzialmente soltanto vagamente invitato a parlare chiunque conosca la verità .
Inoltre, dopo un primo attacco alla Francia con l’invito perentorio al Presidente Macron a rivelare quanto sa in merito a tale vicenda (per la cronaca, all’epoca dei fatti Macron aveva due anni e mezzo) ma certamente per la sua attuale posizione di Presidente, nella successiva conferenza stampa summenzionata, Amato ha poi prudentemente corretto il tiro.
Il riferimento alla Francia – ha infatti dichiarato – è stato fatto pensando che forse l’aereo che abbatte’ con un missile il DC 9 della compagnia Itavia potesse essere decollato dalla base militare di Solenzara in Corsica o da una portaerei francese.
Molte ipotesi accusatorie,insomma,ma nessuna prova!
È trascorso molto tempo da quel funesto 26 giugno del 1980 ma, dopo 43 anni di indagini, ricerche, rogatorie e inchieste, ci troviamo ancora oggi a ricordare tristemente quel tragico avvenimento senza esser giunti alla verità e senza peraltro poter nulla aggiungere a quanto dichiarato nel lontano gennaio del 2007 (quindi, ben prima di Giuliano Amato!) dall’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga nel corso di un’intervista concessa a Radio Rai.
In tale circostanza, Cossiga dichiarò che il missile che aveva abbattuto il DC 9 Itavia era stato sparato da un aereo di “una grande potenza alleata e amica”, escludendo gli Stati Uniti!
Successivamente, nel febbraio del 2008, in un’altra intervista a Sky Tg24, lo stesso Cossiga preciso’ inoltre che :”Furono i nostri servizi segreti che, quando ero Presidente della Repubblica, informarono l’allora Sottosegretario Amato e me, che erano stati i Francesi con un aereo della Marina. La tesi è che i Francesi sapevano che sarebbe passato l’aereo dì Gheddafi.
La verità è che Gheddafi si salvò perché il SISMI lo informò quando lui era appena decollato e decise quindi di tornare indietro…”!
Aggiungiamo infine, per dovere di cronaca, che in quel 27 giugno si trovava nel Tirreno la portaerei francese Clemenceau per svolgervi un’esercitazione, che venne frettolosamente interrotta subito dopo la scomparsa del DC 9 Itavia nelle acque di Ustica.
Ma per ulteriore completezza, si riporta quanto dichiarato dal 62enne Maresciallo dell’Aeronautica ora in congedo Giuseppe Dioguardi, all’epoca 19enne, e che quella notte di fine giugno del 1980 era in servizio nella sala operativa della Prima Regione Aerea a Milano.
Anche all’Ansa, Giuseppe Dioguardi, ha confermato “Ci è stato dato l’ordine del silenzio assoluto” aggiungendo – come riportato dal quotidiano Libero.it, “i documenti dell’epoca ci sono ancora, bisognerebbe solo saperli cercare nel modo corretto”, precisando ““Quella notte in volo c’erano i due Mirage e un Tomcat, i nostri lo avevano segnalato ma è stato dato l’ordine di silenzio assoluto. Un silenzio ripagato in alcuni casi con avanzamenti di carriera fuori dal comune e promozioni mai viste. Quando sento che Tricarico dice di sentirsi sotto attacco, vorrei ricordare che all’epoca era al terzo reparto dello Stato maggiore, quello cioè che viene informato di qualsiasi velivolo o transito. non poteva non sapere”.
Inoltre, sempre da “Libero.it”, è proprio Giuseppe Dioguardi a consegnare il dossier del Sismi sulla tragedia all’allora ministro della Difesa Spadolini: “Lo aveva chiesto lui che fossi io a portarglielo, si fidava ciecamente di me. Ricordo ancora la sua espressione, sbatté i pugni sul tavolo, era infuriato. Io stesso lessi quel documento, di sette-otto pagine. Era l’aggiustamento della verità da parte degli ufficiali ordinata da qualcuno molto in alto”. Ed ancora “Quella sera, ricorda, “si alzarono in volo i caccia intercettori da Grosseto, su input del centro Radar di difesa aerea di Poggio Ballone, che lanciarono l’allarme, poi ricevettero l’ordine di rientrare”. A bordo dei due F-104 c’erano Mario Naldini e Ivo Nutarelli, i due piloti delle Frecce Tricolore morti nel 1988 nel tristemente famoso incidente durante una manifestazione a Ramstein, in Germania. Una delle tanti “morti sospette”, aggiunge Dioguardi. “Quando venne fornito all’epoca l’elenco su chi avesse informazioni sulla strage di Ustica – sottolinea -, l’unico ancora in vita ero io. Gli altri erano tutti morti o per cause naturali o per strani incidenti”. “Esistono anche i messaggi classificati, come i tantissimi telegrammi inviati e arrivati quella notte, la cui copia non può essere distrutta – conclude l’ex maresciallo -. Quel giorno tutti sapevano cosa era successo, ma è stato ordinato loro il silenzio”.