Racconti di sport. Il mondo di “Eupalla”
Viaggio a ritroso nel calcio di Gianni Brera e dei suoi mitici eroi del pallone.
Roma, 6 luglio – Giovanni Luigi Brera, padano e per tutti solo Gianni, è stato uno dei più grandi giornalisti sportivi del nostro tempo.
A molti simpatico, ad altrettanti antipatico per la sua profonda cultura nordista, di sicuro determinante nella rivoluzione linguistica del mondo che rotola intorno al pallone o che ruota intorno allo sport grazie alla sua notevole padronanza della lingua.
A lui, infatti, si devono tanti neologismi (contropiede, pretattica, melina, goleador, rifinitura, cursore, centrocampista, libero sono solo alcuni di essi) e molti soprannomi o nomi coniati di nuovo che usiamo ancora oggi.
“Eupalla”, ad esempio, era uno di questi ultimi e serviva ad indicare quel mondo del calcio che lui amava e nel quale sguazzava con le sue teorie. A volte veritiere, altre bislacche. Per lui l’italiano, ad esempio, era di natura portato alla guerra di rimessa, di qui la necessità di giocare a pallone in contropiede, ben difendendosi prima per poi attaccare cogliendo di sorpresa l’avversario atleticamente più forte quando era sbilanciato in avanti. L’atletismo, infatti, non era nei geni del popolo italico, la furbizia sì. Dunque viva Rocco e abbasso i teorici del gioco d’attacco.
I soprannomi, poi, simpatici e geniali, ficcanti e fantasiosi, più spesso attinenti alla realtà che non. Gigi Riva divenne “Rombo di Tuono” grazie a lui e lo stesso valse per Gianni Rivera, che definiva “l’Abatino” o “Cosino” per quel suo modo delicato di stare in campo. A Brera, infatti, non piacevano molto i giocatori tecnici ma poco combattivi e gladiatori. Il guascone portiere della Juventus Stefano Tacconi, invece, era inevitabilmente “Porthos”, il più gaudente dei quattro moschettieri, mentre Helenio Herrera, per tutti “il mago”, per lui era semplicemente “Accarone”, ovviamente per via della doppia “H” del nome e cognome. Il “Dottor Pedata” era Fulvio Bernardini, laureato davvero; Osvaldo Bagnoli, allenatore del Verona dello scudetto e del Genoa che ebbe lunga vita in Coppa Uefa, nonché fresco ottantenne (auguri), era “Schopenhauer” e “Barisonte” era Barison.
Per coniare i nomignoli pescò anche nel mondo degli indiani d’America, così il ciclista Gimondi divenne “Nuvola Rossa”, mentre il libero della grande Inter Armando Picchi fu “Penna Bianca”. L’altro grande ciclista Gino Bartali, invece, era “Frate Cipolla” e due portieri di sicura fama come Carmignani e Walter Zenga, oggi allenatore della Sampdoria, furono trasformati rispettivamente in “Mani di Fata” e “Deltaplano”. Il Genoa era “il Vecchio Balordo”, l’Inter “la Beneamata”, l’immenso Paolino Pulici, attaccante di razza del Torino dello scudetto di Radice divenne per tutti “Puliciclone” grazie a lui, mentre “Bonimba” fu il soprannome di Boninsegna, “Mazzandro” quello di Sandro Mazzola e “Simba” quello di Gullit.
Ci fermiamo qui, ma potremmo continuare all’infinito, tanta fu la produzione letteraria di questo grande giornalista, nato a San Zenone Po, in provincia di Pavia, l’8 settembre del 1929 e morto a Codogno, sempre nella sua “bassa”, il 19 dicembre del 1992.