L’oro vola oltre 3.000 dollari perché il mondo ha paura di tutto
I timori dovuti a politiche sbagliate e l'inflazione fanno schizzare in alto l’oro

Più gli abitanti del pianeta sono spaventati, e più in alto vola il prezzo dell’oro: siccome adesso siamo oltre quota 3.000 dollari l’oncia, a +14% nel 2025, dopo il +27% nel 2024, se ne deduce che il mondo abbia paura di tutto in questo istante. Incertezza economica e geopolitica con le strane idee dell’Unione Europea di mettersi contro contemporaneamente Russia, Cina e USA creando un esercito anti Putin, con le bizzarre richieste di “no fly zone” avanzate da Kive agli States nei cieli ucraini, con la guerra dei dazi fra Trump e Pechini, ma anche fra Washington contro Bruxelles e Canada.
Prezzo dell’oro boom: quando
L’oro ribadisce con forza il suo ruolo secolare come riserva di valore nei tempi in cui le turbolenze crescono. Infatti, chi adora speculare investe immense quantità di denaro sta comprando a tutto spiano (e ha già acquistato da un anno e mezzo) il metallo giallo, per poi magari rivenderlo quanto la quotazione potrà stopparsi in seguito a qualche manovra di aggiustamento internazionale.
Prova ne sia l’abbattimento del muro di 1.000 dollari l’oncia dopo la crisi finanziaria nel 2007, e di 2.000 dollari in piena pandemia nel 2020. Di qui la corsa delle banche centrali a mettere nei loro giganteschi forzieri i lingotti di oro massiccio. Così da coprirsi dal dollaro e da ancorare le proprie valute ai dobloni luccicanti. Qualche Zio Paperone potrebbe sguazzare ancor più in enormi vasche di metallo giallo qualora il Medio Oriente iniziasse a ribollire, facendo schizzare insù il prezzo del barile del petrolio.
Record storico del prezzo dell’oro: in che anno
Il record storico rettificato per l’inflazione? Grosso modo 3.800 dollari l’oncia nel 1980 per l’inflazione fuori controllo e le tensioni geopolitiche. Con questi chiari di Luna, entro fine 2025 l’oro ha modo di decollare a 3.100 dollari, riporta Goldman Sachs. Per poi esplodere sino a 3.500 euro per il 2030, in concomitanza con l’ammissione del flop totale del Green Deal UE 2019 con conseguenze pesantissime per le industrie energivore. Occhio in particolare alla situazione del bilancio federale degli Stati Uniti: secondo gli analisti di Macquarie, il deficit si aggraverà rispetto agli scenari attuali per i risparmi ottenuti attraverso la riforma della “Department of Government Efficiency” (DOGE) e per i potenziali tagli alla Medicaid.