Accademia di Santa Cecilia – Gil Shaham e Antonio Pappano per la musica U.S.A.
Jazz, pop e tradizione
Roma, 19 gennaio – Il titolo complessivo del programma settimanale dell’Accademia di Santa Cecilia è “Born in the U.S.A.”, in esso si condensa tutto un modo di concepire la musica classica, aggiornandola su parametri che, pur affascinati dalla grande tradizione compositiva europea, cercano nuove linfe attingendo ad un respiro diverso. Oggi, che tanto sperimentalismo è ormai radicalizzato, che il continuo flusso di compositori e interpreti da e per gli Stati Uniti ha creato una sorta di sincretismo fra tradizione del vecchio continente e le istanze di una musica che si nutre di suoni più specificamente americani, con le influenze del jazz, del pop, del musical targato Broadway, della minimal music, si è creato un vero e proprio linguaggio codificato e riconoscibile.
Antonio Pappano, il direttore musicale della grande Orchestra dell’Accademia, ha pensato di mostrare al suo pubblico un piccolo campionario U.S.A., scegliendo tre autori di valenza internazionale, e, soprattutto, puntando l’obiettivo sul raffinato Concerto per violino di Samuel Barber, cui fanno da cornice Leonard Bernstein con “On the Town: Three Dance Episodes” e John Adams con “Harmonielehre”, in prima esecuzione italiana.
Curiosa davvero la genesi di questo Concerto di Samuel Barber, che porta il n. d’opus 14 , scritto su commissione dal compositore ventottenne secondo la forma tradizionale dei tre movimenti, dalla scrittura trasparente e rapsodica. Il lavoro venne accusato dai suoi detrattori di mancare di maestosità e di momenti veramente drammatici, e tuttavia è di cullante bellezza fin dall’incipit vagamente malinconico ed elegiaco, che si apre all’ascolto senza alcuna introduzione orchestrale. Un concerto che fa della morbidezza e della eleganza la sua caratteristica principale. E che si conclude nel primo movimento con una breve cadenza, sviluppata in seguito alla revisione dello stesso Barber nel 1948 ( il concerto era stato composto nel 1939). La musica di Barber è caratterizzata da un senso della melodia trionfalmente lussureggiante che spesso gli è valsa la definizione di musica neoromantica.
Anche il secondo movimento, l’Andante, si muove lungo le rotte della cantabilità e del lirismo, mentre la scrittura del violino ha carattere rapsodico e nel corso del movimento finisce per caricarsi di pathos. All’epoca della composizione destò molte critiche il terzo movimento, Presto in moto perpetuo. Veniva accusato di non avere qualità abbastanza virtuosistiche e fu persino proposto all’autore di riscriverlo. Il rifiuto di Barber fu netto e deciso, ma già alla prima ufficiale con l’Orchestra di Philadelphia diretta da Ormandy e Albert Salding al violino, il 7 febbraio 1941, il Concerto conobbe un vivo e meritato successo. Che fu replicato alla celebre Carnegie Hall e che da allora è diventato corredo abituale di ogni sua proposizione. Successo che si è ripresentato in questo programma ceciliano con Gil Shaham, enfant prodige e uno dei violinisti più rinomati della sua generazione, coronato dei più ambiti premi internazionali. Lui e il suo Stradivari Comtesse de Polignac del 1699, condotti con maestria da Sir Antonio Pappano, hanno regalato una serata emozionante sottolineata da vivaci consensi e dal dono di un bis.
New York e i suoi ritmi vitalistici e accelerati sono protagonisti di “On the Town” di Leonard Bernstein. All’allora venticinquenne rinomato pianista il coreografo Jerome Robbins, aristocrazia del balletto newyorkese, propose di scrivere le musiche per un lavoro che avesse come protagonisti tre marinai in licenza per un giorno nella città dei grattacieli. Così nacque “Fancy Free”, qualche mese dopo trasformato in un musical con molte pagine inedite ma con lo stesso travolgente allure che mescolava in un unicum di successo tutto l’ottimismo, la fantasia, la voglia di evasione, utilizzando i modi espressivi del jazz perfettamente fusi con la sinfonica. Nacque così “On the Town” che presto varcò i confini e raggiunse la California di Gene Kelly che decise di farne un film, interpretato poi anche da Frank Sinatra e Jules Munshin e intitolato “Un giorno a New York”. Era il 1949, e le vicende dei tre marinai Ozzie, Chip e Gabey che sbarcano a Manhattan dove incontrano l’amore in tre ragazze Miss Metropolitana, una bella tassista e una giovane antropologa sono l’occasione per una visita turistica nei luoghi più belli della città vista di giorno e di notte. Nella suite orchestrale ricavata da Bernstein i ritmi vitali e accelerati della frenetica città sono rispettati appieno nella orchestrazione brillante che Sir Antonio ripropone con la consueta bravura comunicando all’orchestra le atmosfere jazz e blues e i virtuosismi di cui è ricca la partitura.
A chiusura del programma “Harmonielehre” di John Adams, compositore nato nel 1947 che, partendo dalla minimal music di Steve Reich e Philip Glass, approda ad un linguaggio sincretico che unisce insieme con intenti parodici la musica di Schoenberg, molto studiato e apprezzato, con lo stile dei cartoni animati hollywoodiani. Anche in “Harmonielehre“ (trattato di Armonia, titolo tratto da Arnold Schoenberg) predomina l’effetto parodico ma la contaminazione avviene tra il mondo musicale tardo-romantico, le tecniche del minimalismo e le suggestioni schoenberghiane. “Harmonielehre” è una grande composizione nata fra il 1984 e l’85 di effetto davvero eclatante