Rugby -God save the Queen! – GALLERIA FOTOGRAFICA
Cronaca della seconda giornata del 6 Nazioni 2016, all’Olimpico per Italia Inghilterra.
Roma, 14 Febbraio – Pioggia seguita da cielo grigio e temperatura mite accolgono a Roma gli inglesi per il match conclusivo della seconda giornata del Torneo delle Sei Nazioni 2016. Oggi ennesimo tentativo di sfatare l’ultimo tabù, visto che dal 2000 l’Italia è uscita sempre sconfitta dai confronti con l’Inghilterra. L’11 Febbraio 2012 la volta in cui siamo arrivati più vicini alla vittoria (15-19), nel contesto quasi surreale dell’eccezionale nevicata romana. Alla luce dei risultati di ieri (vittoria risicata dei francesi sull’Irlanda per 10-9 e più ampia dei gallesi sulla Scozia) l’Inghilterra necessita di infilare un secondo successo in trasferta per candidarsi seriamente alla conquista del torneo, con lo stimolo dei molti anni di astinenza e dell’orgoglio ferito per la scottante eliminazione al primo turno nella Coppa del mondo casalinga del 2015.
Scambiamo qualche parola con i tifosi ospiti sul percorso che conduce al Foro Italico attraverso il Ponte della Musica. Spontanee le domande sull’insolito e triste spettacolo dell’edificio lesionato del Teatro Olimpico; difficile far capire che non è stata una bomba né un terremoto, ancor più difficile sostenere lo sguardo degli interlocutori (due gruppi, uno da Norwich e l’altro da Worcester), tra il perplesso e lo sgomento, dopo la spiegazione sulla dissennata gestione delle ristrutturazioni edilizie da parte dei proprietari. Sul rispetto delle regole e delle norme comportamentali dai britannici c’è nonostante tutto molto da imparare, speriamo gli azzurri in campo ci facciano fare oggi bella figura anche su questo fronte.
Per risollevare il morale dallo spettacolo del palazzo sventrato approfittiamo delle condizioni climatiche, che forniscono il pretesto per una battuta collaudata: millantare che la giornata plumbea sia stata appositamente predisposta dalla nostra organizzazione per non far sentire ai turisti sportivi nostalgia delle piovose isole britanniche. I visitatori (rigorosamente in maglia bianca a maniche corte, che mette al meglio in risalto il beer belly, la pancia rigonfia d’ordinanza) apprezzano ridendo.
Alle 13:30 spaccate passa accanto al Ponte della Musica, acclamato, il pullman degli azzurri. Nel frattempo, osservando un giovane in maglia che bianca espone disinvoltamente un cartello “TICKETS”, constato con sollievo che i bagarini non sono solo un’esclusiva nostrana.
Visita al Terzo Tempo Village, con tappa d’obbligo allo stand degli amici del Museo del Rugby di Colleferro (Roma), dove sono esposte oggi alcune maglie storiche sia azzurre che bianche con la rosa e una nuova versione del Subbuteo rugby, alla cui vista un fremito corre per la schiena. Il direttore Mattoccia ci conferma che oggi si è materializzato qui anche il mitico Jonny Wilkinson!
È ora di entrare nell’Olimpico. La nostra postazione è a ridosso dello staff tecnico ospite. In tribuna vari ex giocatori, tra cui Lo Cicero e Giovannelli, e diverse vecchie glorie del rugby romano.
All’annuncio delle formazioni, consueta ovazione per il capitano Sergio e per una promettente riserva di cui si dice un gran bene, che veste oggi la maglia numero 18: Martin Castrogiovanni!
Sorvola lo stadio l’elicottero della Marina Militare, da cui per cause meteorologiche non hanno potuto lanciarsi sul campo gli incursori paracadutisti. A suonare gli inni nazionali quest’oggi la banda musicale della stessa Marina.
Dopo neanche un minuto gli inglesi sugli spalti cominciano già, con la consueta presunzione, a cantare “Swing low sweet chariot”. Purtroppo vedremo più avanti che i fatti gli daranno ragione e ci toccherà sopportare molte volte la canzoncina rituale.
Il match, ancora aperto sino al 50° minuto, è già stato infatti narrato nella cronaca di Marco Cordelli.
Dal nostro punto di vista rimangono impresse le devastanti penetrazioni dei due massicci piloni inglesi Cole e Vunipola, per gli azzurri è come tentare di fermare due mortadelle sparate da un obice da 305/17. Nota positiva azzurra, nella pesante sconfitta, gli esordi di Steyn e Padovani e il ritorno di Andrea Pratichetti, speriamo facciano tutti tesoro dell’esperienza.
Al 78° il coach inglese Eddie Jones- che è stato in piedi per tutto il match indossando con cuffia e microfono- sfodera il suo ghigno soddisfatto da folletto dei boschi e può voltare disinvoltamente le spalle al campo per conversare coi collaboratori, a cui stringe le mani per congratularsi.
Conferenze stampa. Si comincia con il tema manager dell’Italia Gigi Troiani che stila il bollettino medico: per Gega sospetta frattura zigomo, Fuser trauma cranico, Zanni trauma cervicale, Garcia contusione ginocchio. Parisse, che mostra una bella decorazione sotto l’occhio destro, glissa su una domanda polemica sulle presunte sviste arbitrali (pugno di Hartley, entrata scorretta di Haskell su Mc Lean), ma esprime delusione per i 40 punti subiti, e per il nuovo crollo dopo la buona prestazione di Parigi e il successo sfuggito per un soffio. Il media manager Andrea Cimbrico si destreggia con elogiabile sforzo per tradurre sinteticamente in inglese le domande più articolate.
Jacques Brunel ammette la netta sconfitta e evidenzia la necessità di imparare a sostenere la pressione, soprattutto sul gioco al piede come quello praticato oggi dagli inglesi. I giovani inseriti nel gruppo devono fare esperienza in questo senso, acquisendo consapevolezza di dover restare competitivi fino all’ultimo.
Della conferenza stampa inglese, credo basti riportare la candida ammissione di Eddie Jones, che si è dichiarato certo già in partenza che l’Inghilterra avrebbe realizzato molti punti negli ultimi venti minuti del match. Il nostro punto debole è penosamente evidente. Confidiamo nel futuro.
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