Spettacolo

Cinema. Branca-Branca-Branca, Leon-Leon-Leon

l armata brancaleone locandinaCinquant’anni fa usciva nella sale un film indimenticabile, subito entrato nella vita sociale italiana. Complice l’intramontabile colonna sonora.

Roma, 23 marzo – “Branca-Branca-Branca, Leon-Leon-Leon”. Sono cinquant’anni che canticchiamo questo ritornello, che periodicamente ci torna in mente.

Il 7 aprile del 1966, infatti, il grande regista Mario Monicelli e l’insuperabile Vittorio Gassman ci regalarono un film che fece epoca e il cui titolo, “L’armata Brancaleone”, divenne subito un comune modo di dire, nella vita di tutti i giorni e anche nello sport. Da allora, con queste due parole, si cominciarono ad indicare tutte le squadre allo sbando, composte da atleti volenterosi e guidate da allenatori scombinati, che lancia in resta si prodigavano in imprese coraggiose ma inevitabilmente destinate al fallimento. Oppure eserciti con le stesse caratteristiche, comitive di amici senza meta o rimedio o qualunque altro raggruppamento di persone malamente organizzato che ricordasse, in qualche modo, quello superbamente, ma altrettanto pessimamente, comandato nel film da Brancaleone da Norcia, alias Vittorio Gassman.

Di quella banda di scombinati facevano parte l’anziano notaio giudeo Abacuc (l’attore Carlo Pisacane), il robusto Pecoro (Folco Lulli), un ragazzino di nome Taccone (Gianluigi Crescenzi) e lo scudiero Mangold (Ugo Fangareggi).  

La vicenda è ambientata nell’XI secolo (l’anno Mille) e lo scopo del caratteristico manipolo di uomini è quello di raggiungere il feudo pugliese di Aurocastro per consentire allo stesso Brancaleone di prenderne possesso in base a quanto scritto su una misteriosa pergamena imperiale che gli stessi straccioni, che si trova a comandare, avevano rubato al suo legittimo proprietario. Il viaggio porterà il gruppo ad attraversare l’Italia e ad incontrare durante il percorso altri curiosi personaggi che si aggregano cammin facendo: il principe bizantino diseredato Teofilatto dei Leonzi (Gian Maria Volonté), il monaco Zenone (Enrico Maria Salerno) e la bella Matelda (una giovanissima Catherine Spaak).

Ne uscì fuori un godibile film corale (genere che Monicelli ha spesso prediletto), impreziosito da un linguaggio italo-dialettale-volgare-maccheronico inventato dagli sceneggiatori (Age e Scarpelli, al secolo Agenore Incrocci e Furio Scarpelli) che esaltò le virtù recitative di Vittorio Gassman e che aiutò il film a vincere tre nastri d’argento e ad essere considerato uno dei capolavori di Mario Monicelli.

La succitata colonna sonora venne scritta da Carlo Rustichelli e cantata dal tenore lirico leggero Piero Carapellucci.

Il film è stato girato in gran parte nell’alto Lazio e nella Maremma laziale: a Viterbo (il portone della vedova appestata è quello di Palazzo Chigi), Canino, Nepi, Vitorchiano, Valentano, Tuscania (presso la cripta della chiesa di San Pietro), a Chia (presso la Torre di Chia), nei pressi del Monte Soratte, nella Selva Cimina, sui calanchi della Teverina, nelle zone a ridosso dei laghi vulcanici di Bracciano e Bolsena e in Toscana, nella zona della Val d’Orcia e delle Crete senesi.

La scena di Aurocastro (luogo immaginario come molti altri citati nel film, tipo Bagnarolo e Panzanatico) è stata girata presso il borgo calabrese di Le Castella, situato nei pressi di Capo Rizzuto, mentre la giostra iniziale in Umbria è stata eseguita nei pressi di Arrone, in provincia di Terni.

Nel 1970, sempre diretto da Monicelle, uscì il sequel del film, intitolato “Brancaleone alle crociate”. Il film ebbe un buon successo, ma non come il precedente, che fu subito accolto molto positivamente sia dalla critica che, soprattutto, dal pubblico.

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