Racconti di sport
Racconti di sport: “1966, Gimondi monsieur Roubaix!”
Roma, 17 aprile – La primavera è una stagione straordinaria perché ci consente di uscire dal cupo inverno e perché per gli appassionati ci sono le grandi classiche di ciclismo.
Milano-Sanremo, Fiandre, Liegi, Amsteel ma la “regina” indiscussa è senza dubbio la Roubaix, l’infermo del nord.
Cinquant’anni fa Felice Gimondi conseguì un successo strepitoso alla sua prima Parigi-Roubaix con un vantaggio di 4’08’’ sull’olandese Janssen. Il bergamasco, non ancora ventiquattrenne, compì un’impresa storica tenendo conto che la giornata all’epoca fu tremenda dal punto di vista meteorologico.
L’inferno del nord quel giorno fu veramente tale con pioggia e fango per tutta la durata della corsa rendendo le pietre dei vari settori di pavè estremamente scivolosi ed infidi per correrci sopra con la bicicletta.
Felice, che l’anno prima al debutto tra i professionisti sbaragliò tutti vincendo il Tour, prese di petto la “regina” delle classiche e decise di attaccare a circa quarantacinque chilometri dall’arrivo sorprendendo il suo direttore sportivo Luciano Pezzi che pensava di gestire in altro modo il finale giocando anche la “carta” Adorni.
L’aria di Francia stuzzicò Gimondi che macinò i suoi avversari correndo con maestria sul selciato bagnato accumulando un vantaggio tra i più significativi nella storia della Roubaix; ci furono anche delle polemiche sulla prestazione di Felice che fu accusato di aver corso guadagnando i tratti più sicuri della strada, rischiando poco rispetto alle effettive difficoltà del tracciato.
Queste ridicole considerazioni stimolarono la reazione e l’orgoglio di Gimondi che la settimana successiva, il 24 aprile del ’66, dominò la Parigi-Bruxelles tenendo un esiguo vantaggio di 25’’ per molti chilometri al cospetto di avversari come Van Looy, Godefroot e Plankaert, con un certo Mercks ventesimo a 35’’, la “crema” del ciclismo mondiale di quei tempi.
Chiacchiere e maldicenze che Gimondi spazzò con la classe e la determinazione che hanno sempre contraddistinto la sua splendida carriera, parzialmente limitata da quella “bestia” di Mercks.