Lotta al gioco d’azzardo a seguito del grande allarme sociale. Si, ma con quali armi?
Sembra passato un secolo da quando il gioco d’azzardo era confinato nei casinò, quello legale e controllato dallo Stato, ovvero nelle chiuse bische gestite quasi sempre dalla malavita. Al riguardo, pochi ricordano un fatto di cronaca nera romana di quarant’anni fa: era mercoledi’ 18 ottobre 1972, alle sette della sera, Sergio Maccarelli, il ras di Tormarancia, venne ucciso perché colto di sorpresa: “Un bandito di mezza tacca, un balordo senza specializzazione”, così liquido’ il caso il Capo della Squadra Mobile romana.
La realtà era ben diversa, Maccarelli era un vero boss della mala; aveva imposto la protezione ai biscazzieri della Capitale; eppoi era personaggio ben noto perchè nel ‘69 aveva conquistato il controllo di una bisca di gran lusso, frequentata da quella che nel “generone romano” veniva definita “bella gente” ma anche da criminalità d’alto bordo, bisca comunemente nota come il “salotto della contessa Maria Pia Naccarato”, in via Flaminia Vecchia, però chiusa dopo poco tempo con gran scalpore mediatico anche per mazzette ad appartenenti alle Forze dell’Ordine.
Stavano cambiando gli equilibri della mala capitolina, allora, con l’arrivo di marsigliesi, siciliani e calabresi, ma soprattutto con la creazione delle premesse per la genesi della famigerata Banda della Magliana.
Oggi le cose sono cambiate e forse non tutti sanno che l’Italia è il primo paese al mondo per spesa pro-capite dedicata al gioco. Secondo alcune ricerche il 2.2% della popolazione adulta italiana risulta essere a rischio per il gioco d’azzardo se non addirittura “vittima” di una patologia. Lotterie, slot machine, poker, scommesse e giochi di diversa natura hanno inondato il mercato a ritmi sempre più frenetici. Il risultato di questo sforzo ingente, anche in termini di marketing e pubblicità, è stata la notevole crescita dei giocatori, che coinvolge ogni gruppo sociale, compresi pensionati, casalinghe, giovani.
Sull’argomento, interessante l’ inchiesta apparsa su “La Repubblica” il 18 giugno 2011 dal titolo “I dieci padroni del gioco d’azzardo, la terza industria dopo Eni e Fiat” di Alberto Custodero:””Chi lo gestisce in modo legale si spartisce una torta che a fine 2011 arriverà a quota 80 miliardi di euro. Sedici volte il business annuo di Las Vegas. Lo Stato incassa il 10%. In alcuni casi è arduo stabilire proprietari e intrecci societari. Il settore ha 120 mila addetti, di fatto la terza industria italiana dopo Eni e Fiat. I big del mercato delle new slot, delle lotterie e delle scommesse sportive in Italia sono dieci e rappresentano metà di quel fatturato. Dietro a loro ci sono altri 1.500 concessionari-gestori che si spartiscono l’altra metà. Ma chi c’è in realtà dietro quelle società sotto i riflettori dell’antimafia? Perché i Monopoli hanno accolto aziende con proprietà a dir poco oscure, a cui di fatto viene affidato il ruolo di esattore fiscale?”” Così, mentre sono in calo sale Bingo e scommesse tradizionali, il gioco online è in pieno boom. Tutto è cominciato nel 2004, quando i Monopoli di Stato hanno affidato alle dieci concessionarie la gestione delle macchinette elettroniche: new slot nei bar e tabaccherie, e videolottery di nuova generazione in sale dedicate. Ormai è allarme generale, tanto che Monsignor Alberto D’Urso, Segretario della “Consulta nazionale antiusura”, il 18 giugno scorso su “Avvenire”, ha più che giustamente tuonato: “A che gioco giochiamo? Mentre si sta discutendo la legge antiazzardo lo Stato ha già autorizzato nuove concessioni. Si continuerà a puntare anche vicino alle chiese!”. È forte il grido d’allarme di Monsignor D’Urso, anche perchè su dieci casi di usura accertata, ben quattro sono da ricondurre al gioco d’azzardo. E pensare “che lo Stato alla fine è quello che guadagna di meno dal gioco – spiega D’Urso – mentre i concessionari prendono soldi sia direttamente che indirettamente”. Da qui la proposta, condivisa con il Cartello “Insieme contro l’Azzardo”, coordinato da Attilio Simeone: “abbandonare l’idea dell’annunciato aumento delle accise sulla benzina e aumentare la tassazione sui giochi d’azzardo attualmente esistenti per far fronte ai danni creati dal terremoto in Emilia Romagna”. Altra importante iniziativa è quella di ben 17 organizzazioni di vario genere che hanno dato vita a “Mettiamoci in gioco”, campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo, presentata il 14 giugno a Roma presso la sede della Federazione Nazionale Stampa Italiana. La campagna è promossa da: Acli, Alea, Anci, Arci, Auser, Avviso Pubblico, Cgil, Cnca, Conagga, Federconsumatori, Federserd, Fict, Fitel, Gruppo Abele, InterCear, Libera, Uisp. Il fenomeno è ovviamente all’attenzione della Commissione Parlamentare Antimafia, tanto che nella sua Relazione del dicembre 2010 ha scritto: “La raccolta dei giochi in Italia tra il 2003 e il 2010 è stata complessivamente di 309 miliardi di euro e il comparto dei giochi pubblici e delle scommesse sportive si è affermato come settore trainante del sistema Paese. L’intero comparto ha visto aumentare i volumi di raccolta ad un tasso medio annuo del 20,9 per cento tra il 2003 e il 2009 (da 15,1 a 54,3 miliardi di euro) e del 13 per cento nel 2010, raggiungendo la cifra di 61,433 miliardi di euro (+306 per cento rispetto all’anno precedente)”. La stessa Commissione Parlamentare, ancora, ha pubblicato in data 22 luglio 2011 altra “Relazione sul fenomeno delle infiltrazioni mafiose nel gioco lecito e illecito”, che ha chiaramente evidenziato come il settore del gioco “…costituisca il punto di incontro di plurime, gravi distorsioni dell’assetto socio-economico quali, in particolare, l’esposizione dei redditi degli italiani a rischio di erosione; l’interesse del crimine organizzato; la vocazione allo spasmodico arricchimento di taluni concessionari che operano, sovente, in regime di quasi monopolio; il germe di altri fenomeni criminali come usura, estorsione, riciclaggio; infine, la sottrazione di ingenti risorse destinate all’erario…”. Ma ci sono stati realmente fenomeni di coinvolgimento di crimine organizzato e mafie di vario genere e provenienza? Chi ha la pazienza di leggerci valuti. ““Il primo caso- ha riferito in un recente convegno, il Magistrato della Procura Antimafia di Roma, Diana de Martino- è quello di Renato Grasso, risultato legato ai clan camorristici Vollaro, Grimaldi e ai Casalesi, che grazie alle intimidazioni aveva ottenuto in certe zone l’esclusiva nel noleggio dei videopoker illegali e leciti, nonché nella raccolta delle scommesse, legali e clandestine. In cambio del loro appoggio Grasso garantiva ai vari clan un consistente introito fisso o una determinata percentuale dei profitti derivanti dalle varie attività. Inoltre, il medesimo Grasso, il quale aveva ormai acquisito un patrimonio consistente, fungeva da “sportello bancario” per i vari sodalizi, che si rivolgevano a lui per ogni esigenza. Un’ altra vicenda preoccupante, secondo la DIA di Milano, è quella del clan ‘ndranghetista Lampada-Valle che, partito da una pizzeria a Reggio Calabria, era poi approdato a Milano dove si era imposto nel mercato del gioco elettronico imponendo apparecchi non collegati e truccati ed addirittura cercando di ottenere una licenza come concessionari dello Stato. Una situazione- ha ricordato il PM De Martino, citando il Gip Gennari – che “avrebbe dovuto portare il concessionario pubblico a presentare una denuncia e interrompere il rapporto con le società dei Lampada, che invece viene gestita con una serie di pagamenti cash per migliaia di euro. In tal modo, si è corso il rischio di vedere a fianco della Snai ( Società per azioni che si occupa della gestione di scommesse e di concorsi a pronostici) o altri soggetti simili una banda di mafiosi gestire le scommesse su incarico dello Stato. Un rischio sempre altissimo, viste le frequenti infiltrazioni nel settore, che denotano una vigilanza dalle maglie troppo larghe e la presenza- scrive ancora Gennari nell’ordinanza- di politici compiacenti, che fanno da ponte di collegamento tra la famiglia mafiosa e gli ambienti istituzionali romani””. E che dire , ancora discettando di influenze criminali, della “Atlantis” che controlla il 30 per cento del mercato dello slot machine ed è al centro di dubbi e polemiche? A rappresentarla in Italia – sede in via della Maglianella 65 a Roma – con la qualifica di “preposto”, figura il trentunenne catanese Alessandro La Monica e, prima di diventare Parlamentare del Pdl in quota An, il rappresentante legale della stessa Atlantis era Amedeo Laboccetta. A questa concessionaria la Direzione Nazionale Antimafia ha dedicato un intero capitolo. La Atlantis, si legge nell’ultimo rapporto, con sede a Saint Martin nelle Antille Olandesi, è stata successivamente sostituita, in seguito a sollecitazione da parte dei Monopoli, dalla Società “Atlantis Giocolegale” con sede in Italia. “Gli amministratori – scrivono i Magistrati Antimafia – sono Francesco e Carmelo Maurizio Corallo, entrambi figli di Gaetano. La storia di quest’ultimo è abbastanza nota essendo stato già condannato per vari reati ed essendo notoria la sua vicinanza a Nitto Santapaola”. Quindi, che fare? Certamente necessita maggiore incisività e rigore da parte di politica e istituzioni, questo sì, certamente! Occorre poi un attento controllo di tutta la filiera del gioco. In verità, oggi, dopo gli aggiornamenti posti dalla Legge n. 220 del 2011 (cosiddetta Legge di Stabilità), i concessionari sono controllati in maniera più efficace perché le regole che governano l’accesso a questo settore sono particolarmente restrittive. E questo è più che positivo. Un segnale di speranza giunge dal Senato della Repubblica che proprio in questa estate torrida ha approvato finalmente un “Testo Unico sul gioco d’azzardo” che, pur presentando lacune, diventa base per la discussione di un disegno di legge. Il 13 giugno scorso le commissioni Giustizia e Finanze hanno accolto il provvedimento bipartisan che recepisce diversi punti di quattro disegni di legge giacenti in Parlamento. Da segnalare, anzitutto, la proposta di inserimento della ludopatia, la dipendenza da gioco, tra le patologie trattate nei livelli essenziali di assistenza, parificata ad alcolismo e tossicodipendenza. I giocatori compulsivi avrebbero diritto a trattamenti di cura e riabilitazione a carico del Fondo Nazionale Sanitario, mentre viene accolta la proposta di istituire presso il Ministero della salute un Osservatorio nazionale per monitorare le dipendenze da gioco e i costi sociali. Mentre andiamo in stampa, apprendiamo che la bozza del nuovo decreto del Ministro della Sanità Balduzzi, è stato inizialmente stoppato per veti incrociati di altri Ministri, asseritamente per dubbi di incostituzionalità; successivamente ha continuato ad avere una gestazione difficile; infatti, approvato nei giorni scorsi in Consiglio dei Ministri, il decreto è ora in attesa della firma del Presidente della Repubblica, ma ha subìto ancora cambiamenti rispetto alla versione licenziata dall’esecutivo. In particolare, la norma che prevedeva una distanza minima delle sale da giochi da luoghi sensibili come Università, scuole e luoghi di culto, è sparita; è stata sostituita da un generico invito ai Monopoli di Stato di riesaminare progressivamente la posizione delle sale slot eccessivamente vicine a scuole, chiese e ospedali, sulla base delle indicazioni trasmesse dai comuni, ma in ogni caso tenendo in considerazione gli interessi del settore e il consolidamento del gettito. Nel decreto originario, di alta civiltà giuridica e sociale, la ludopatia veniva considerata una vera e propria malattia; sarebbe stato possibile dichiarare l’impignorabilità dei beni di chi accettava di curarsi; vietata invece l’installazione di apparecchi dedicati al gioco d’azzardo nel raggio di 500 metri da scuole, centri giovanili, strutture residenziali o semiresidenziali operanti in ambito sanitario o socio assistenziale e luoghi di culto. Con un’ordinanza motivata, i Sindaci avrebbero potuto finalmente e giustamente disporre, per una durata massima di 30 giorni, la chiusura o la limitazione dell’orario di apertura e chiusura degli esercizi commerciali, dei locali o dei punti di offerta dei giochi nelle aree comunali interessate da rilevanti fenomeni di ludopatia. Per intanto, mentre speriamo che la situazione muti nel senso giusto, possiamo amaramente dire che la salute e la sicurezza possono attendere e che la criminalità può continuare ad arricchirsi alla faccia, anzi, grazie alla tasca dei cittadini, sempre più soli, indifesi e afflitti. Concludendo, segnalo una bella e interessante iniziativa editoriale. A luglio scorso, presso la Sala degli Atti parlamentari della Biblioteca Giovanni Spadolini del Senato della Repubblica, in Piazza della Minerva a Roma, si è svolto il convegno di presentazione del volume “Giochi, scommesse e normativa antiriciclaggio” scritto da Maurizio Arena e Marcello Presilla (2012, Filodiritto Editore, collana “Monografie”, 320 pagine), con prefazione del Prof. Ranieri Razzante. Il testo è una vera e propria “ricognizione” nella materia “riciclaggio e settore giochi” con l’obiettivo di razionalizzare ed ordinare la gran quantità di provvedimenti correlati. Ne consiglio la lettura.