Calcio
Troppo sc…sc…scientifico!
Roma, 03 luglio – In un luglio infuocato, ma non tanto, si è “celebrata” la partita del Campionato Europeo che tutti aspettavano, Italia-Germania.
Giorni di vigilia infuocati come questa estate, forse meno; i problemi, in Italia non si risolvono con una partita e valutazioni delle prospettive. Dall’inizio del Campionato, tra una delusione ed un’affermazione, si è aperta una promessa ma, improvvisamente, a causa di infortuni vari, Conte ha cominciato ad accusare qualche problema per la formazione che doveva affrontare la Germania, ma, come sempre si fa in questi casi, un po’ di retorica ha minimizzato, li ha minimizzati ed ha incrementato gli entusiasmi dei tifosi.
Com’è andata? Non bene. Lo spettacolo pietoso si è prolungato “pietosamente” fino alla mezzanotte. Ai calci di rigore, Conte ha dovuto dare l’addio ai sogni di gloria suoi e dei suoi giocatori. A questo punto è stato consumato troppo inchiostro sui quotidiani sportivi e non, per sottolineare che gli azzurri ne sono usciti sconfitti ma “a testa alta”.
Adesso, sfatiamo cinicamente molta retorica e diciamoci “cinicamente” le cose come stanno.
Gli italiani, dalla mitica impresa del 1970 nel Messico, si aspettavano di più. L’impresa del 1970, un protagonista della quale, Rivera, stava nella tribuna, è diventata mitica a giusta ragione e su quella ci si deve basare come termine di paragone. Non è stata mai eguagliata, nonostante le vittorie qua e la, e la vittoria in Spagna, anzi, sempre a voler essere “cinici”, quelle vittorie sono state conquistate grazie alla decadenza delle squadre che prima erano imbattibili e che fermarono in più occasioni la nazionale italiana. Sfatiamo, quindi, la molta retorica, che riempe i giornali e minimizza il fallimento, sfatiamo l’agonismo, il campanilismo e il tifo. Lo sport è cinico e spietato e, in queste dimensioni, dobbiamo viverlo e leggere qualsiasi manifestazione sportiva.
Chi è il vincitore? Il “primo” arrivato.
Il “secondo” è soltanto il “primo” degli ultimi anche nei giochi di squadra. Se entriamo in questa dimensione, potremo giudicare lo sport nella sua vera natura, esaltarne le vittorie ed esultare ad esse, accettarne “sportivamente” le sconfitte e trarre da questo processo l’evoluzione della nostra esistenza.
La partita è iniziata in difesa da entrambe le parti; non si capiva chi temesse di più l’avversario. Il fenomeno è stato notato dai migliori commentatori in materia. In questo modo non ha offerto niente né di spettacolo, né di risultato ed ha “ammutolito” il paese pronto ad esultare alle grandi azioni e ai gol. Non si può condurre una partita di calcio in questo modo; se una squadra sta chiusa in difesa, l’altra deve attaccare e non ci sono santi che tengano su questo teorema. No; in difesa entrambe.
Lo “spettacolo” è durato indecorosamente per quasi tutto il primo tempo, fin quando, dopo poche azioni pericolose, da entrambe le parti, la Germania, sotto la porta avversaria, ha trovato un “varco” e ha infilato il primo ed unico gol della partita. La doccia è stata, non fredda, ma gelata e non di sollievo anche nel clima infuocato dell’estate appena iniziata. Ha scosso finalmente gli animi, ma non è servito a niente perché, come sempre avviene in questi casi, ha gettato tutti all’attacco. Dovevano farlo prima! A quel punto la squadra, che già non era lucida, si è annebbiata ancor di più e tutti hanno finito per non capirci più niente.
Conte, quale CT, doveva indirizzare subito, o almeno dopo non più di una decina di minuti di “studio”, la tattica all’attacco; eppure è stato centrocampista! La cosa mi fa ricordare irriverentemente una celebre e profonda battuta di Peppe er Pantera, impersonato da Gassman, nel film “I soliti ignoti”, quando, nella preparazione del colpo, schioccando le dita, perché ha difficoltà a pronunciarlo, lui sentenzia che “è più sicuro se lo si fa sc…sc…scientifico…”. Personalmente, non avrei nemmeno segnalato, sul campo, il “rigore” che, a tutti gli effetti, non c’era perché si è trattato di un caso di contatto involontario di nessuna conseguenza. (Osservare bene, alla moviola, che la mano non imprime una direzione al pallone, ma si distende al suo passare senza modificarne la traiettoria – insegnamento di molti anni or sono di Rosario Lo Bello)….ma l’Italia l’ha richiesto e, avuto l’umiliazione del suo beneficio, ha segnato un punto inesistente e… che non serve a niente. Sul resto c’è poco ancora da dire; una bella immagine della signora Conte con la bambina e con il tricolore disegnato sul volto è stata vanificata dalla delusione di questa partita; la Germania poteva essere battuta ma, più fredda dell’Italia, ha adottato il sistema della lotta giapponese; ha aspettato il disorientamento dell’avversario e il risultato ha sentenziato una sua superiorità che poteva anche non esserci. In questo modo chi ha vinto?…nessuno.
Se ci fosse stata la nazionale con Rivera del 1970, il discorso si sarebbe evoluto in modo diverso.
La partita è finita con il fischio del 90esimo; tutto il resto, tempi supplementari stirati allo spasmo, e calci di rigore che non finivano mai, hanno umiliato e non esaltato quella che poteva essere, per i competenti e per i tifosi, una bella manifestazione sportiva.
Ripeto; sfatiamo cinicamente la molta retorica e diciamoci “cinicamente” le cose come stanno.
Può giovare a Conte e ai giocatori, anche se è duro, invece di gratificarli gratuitamente.
Sintesi: la legge dello sport è questa, “Se il campione c’è, nella squadra, l’allenatore deve “vederlo” e tirarlo fuori; se non c’è, l’allenatore non può trasformare un giocatore qualsiasi in un campione”; punto.