Il vero volto delle Olimpiadi
Roma, 11 Agosto – In una Roma a tratti infuocata e a tratti rinfrescata, i TG delle 20 annunciano, per le successive due o tre ore, nel corso della prima mezza nottata, la prova di “Fede”, al secolo Federica Pellegrini, sulla distanza dei 200 stile libero. L’attesa è segnata dalla speranza di un’altra medaglia d’oro da aggiungere a quelle che, imprevedibilmente, sono arrivate da discipline delle quali quasi si ignorava l’esistenza ma è presto delusa da un risultato che non ci aspettavamo; quarta, contro un suo timido augurio del terzo posto, il bronzo. La gara ha evidenziato tutte le impossibilità che la atleta aveva mostrato durante l’ultima gara, la semifinale, classificandosi al terzo posto. I più ottimisti avevano interpretato la prova come un risparmio di energie da fare “esplodere” nell’ultima, la finale, come fu la tattica di Livio Berruti nelle Olimpiadi di Roma nel lontano 1960 in cui lui stesso dichiarò di essersi accontentato del secondo posto per risparmiare le energie per la finale in cui bruciò pista e primati, ma non è stato così. La Pellegrini non ha bruciato né pista, né primati, ma soltanto le sue ultime energie.
La valutazione, indubbiamente è un po’ dura, ma l’ha confermata lei medesima nelle successive interviste ed ha accolto il risultato con evidente rassegnazione da cui traspare la presa di coscienza e l’amarezza dell’aver preso visione della realtà… ineluttabile.
I fattori che hanno concorso, sono più di uno.
Innanzi tutto un atleta deve farsi non una “fede”, ma una consapevolezza, che può campare anche cent’anni, ma la sua vita sportiva, se si dedica a questa attività, è breve, molto breve; a volte dura l’arco di tempo di un allenamento per un’olimpiade, quattro anni, ma, qualche altra volta, questo arco di tempo, fra gare e controgare, nelle più svariate manifestazioni sportive nazionali e internazionali, ha la fortuna di durare anche il doppio, otto anni; ma, poi, è finita. A ventotto anni non si può pretendere di gareggiare con atlete che ne hanno dieci di meno. Eccezioni ce ne sono, per carità!. Pietro Mennea fu una di queste, ma anche lui commise l’errore, una volta ritiratosi imbattuto ad ogni limite di età superato per la sua disciplina e all’apice della gloria, di riproporsi alla dura e spietata bestiaccia della legge dello sport e della vita, e… fallì… Federica Pellegrini, nelle libere variazioni sul tema, ha fatto lo stesso errore.
Secondo; l’atleta deve considerare l’aspetto brillante e divistico della situazione e fare una scelta. È scontato che un’attività come lo sport, conglobi in se, come attività che si esprima anche in uno spettacolo, l’aspetto divistico della sua manifestazione. Macchine da presa, riflettori, telecamere, partecipazioni a questo e a quello spettacolo, partecipazioni come “ospite d’onore” e chi più ne ha, più ne metta… le sue immagini che, con i moderni sistemi delle comunicazioni, una volta catturate, girano, grazie alla Eurovisione, alla Mondovisione, ai satelliti artificiali e all’Internet, in tutto il mondo. È la divinizzazione, come dell’attore, così dell’atleta. L’essere riconosciuti per la strada, il partecipare a questo “galà” come a quell’altro, il sentirsi il calore forte, potente dei riflettori addosso, ma vedersi invasi e “abbracciati” dalla loro forte, fortissima luce,il sentirsi abbracciati dallo sguardo dei fans, il vedersi gli obiettivi delle macchine da presa e delle telecamere che ti bersagliano sempre impietosamente, ma questo “impietosamente”, ad un certo punto tu lo desideri anche “ardentemente”… è la gloria e, con essa, il divismo …
Alt! Attenzione! Fermiamoci un momento, ragioniamo e riprendiamo contatto con una realtà che può sfuggirci di mano.
La morale di una “parabola”, ma, per carità!, non vogliamo fare assolutamente i mistici, dice molto saggiamente, che “Non si possono servire due padroni”. Niente di più vero. In tutte le attività si trova il modo di seguire parallelamente altre strade; nello sport questo non è possibile. Se l’atleta abbraccia questa attività, deve mettere nel preventivo una determinata e precisa cosa; la disponibilità totale ad essa. Durante tutta la sua attività, non sarà di se stesso o di se stessa, ma soltanto del pubblico e dello sportivo al quale dovrà tutto quello che potrà dargli; tutto. “Droghe” come servizi fotografici pubblicitari, servizi su rotocalchi di pettegolezzi, che sono una appendice della sua notorietà, partecipazioni a serate di gala. Ci si può dedicare a queste “distrazioni ” quando avrà “appeso i guantoni al chiodo” e, qualsiasi situazione ne scaturirà, sarà solo ed esclusivamente di pertinenza sua e di nessun altro. Per cui dovrà fare una scelta; o l’una o l’altra perché le due dimensioni non possono convivere.
La cara Federica Pellegrini, non di rado, ha intervallato gli innegabili successi sportivi, di cui gliene riconosciamo il merito e l’onore, con animazione delle “cronache rosa” e reso oggetto di cronaca di pettegolezzi la sua vita privata. Ora lei, di se stessa, può fare ciò che vuole, ma deve considerare che la “bestiaccia sport” ha le sue regole inflessibili e, se vuole la gloria, purtroppo, ma la scelta è stata sua, deve ubbidire a determinati doveri e marciare su un filo di rasoio perché lei è del pubblico e al pubblico deve dare determinate emozioni e, nel momento in cui il pubblico si vede tradito, dalla divinizzazione, passa automaticamente alla demonizzazione.
Non vogliamo essere gratuitamente cinici, ma, dobbiamo distinguere la natura delle due dimensioni. Ci siamo esaltati, assieme agli atleti, nella lussureggiante sfilata dell’apertura dell’Olimpiade, alle note di “Garota de Iparema”, abbiamo applaudito e apprezzato l’orgoglio con cui Federica Pellegrini portava la bandiera e rappresentava l’Italia, abbiamo esultato con gli atleti alle loro vittorie, in un’esaltazione di bellezza, di colori e di vigoria della gioventù, ma, ripetiamo impietosamente, il vero aspetto dello sport non era questo ma l’amarezza della sconfitta che conferma la sua regola inflessibile della selezione senza pietà alla quale sono sottoposti gli atleti che, se non ci fosse, sarebbe tutto inutile.
Il vincitore è assolutamente il primo arrivato, il secondo è solo il “primo degli ultimi”. È su questo assioma che ogni atleta dovrebbe fondare il suo bilancio preventivo e questo doveva essere fatto anche da Federica Pellegrini. Su questa sintesi, ha dato alla stampa una conclusione intelligente; visti i risultati, forse è il caso che cambi vita.
Qualche lettore deluso ha sentenziato che adesso può anche “rifarsi” con gli sponsors che, sfruttando la notorietà, in cambio di qualche stravaganza, sanno essere anche generosi; ma lo sport, se uno vuole farlo…è un’altra cosa.
Se il lettore vuole “leggere fra le righe”, ella stessa, nelle interviste, lo ha confermato.
del direttore:
… purtroppo questo declino lo vedemmo anche con grandi campioni del pugilato…