Politica

Dalle statistiche secondo Matteo

amatrice cartelloRoma, 28 agosto – Non pensino, gli amici Cristiani di Santa Romana Chiesa, che si voglia fare un qualche accostamento tra il nostro Presidente del Consiglio e l’apostolo evangelista S. Matteo perché sarebbe blasfemo, falso ed estremamente irriguardoso.

Fino a non molto tempo fa, il Premier era noto e conosciuto soltanto dai Fiorentini, essendo stato presidente della provincia e sindaco del capoluogo toscano.

Come si ricorderà, nella primavera del 2014, quasi come un fulmine a ciel sereno, il presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, gli ha affidato, “motu proprio”, il governo del Paese, con tutti i crismi della legalità costituzionale, ma senza il coinvolgimento del popolo sovrano.

È opinione ricorrente che la maggioranza degli Italiani lo abbia accettato perché ritenuto il meno peggio reperibile sul mercato dei leader politici invero non eccellente.

Essendo dotato di una dialettica brillante e coinvolgente, pregna di supponenza  con qualche venatura di arroganza, riuscì a risollevare il PD,  portandolo, nelle ultime  elezioni regionali al 42% e divenendo, così, il vero “uomo solo al comando”, supportato anche dalla carica di segretario generale del partito azionista di maggioranza nell’attuale coalizione governativa di centro-sinistra.

Gli scarsi risultati della sua politica li ha sempre ottenuti mestando tra le statistiche, in un certo qual modo surreali, e con tutta una serie di promesse che sapeva (o avrebbe dovuto sapere), di non poterle mantenere.

Il suo cavallo di battaglia è sempre stato quello di aver aumentato l’occupazione e ridotto la pressione fiscale che altre fonti, altrettanto autorevoli, smentiscono in modo netto e documentato.

La vera iattura per i comuni mortali è rappresentata dal mancato decollo dell’economia, dalla pesante crisi delle piccole e medie imprese costrette a chiudere dalla insostenibile pressione fiscale e da molti altri motivi non compensati dai provvedimenti legislativi sbandierati sempre e dovunque.

Uno dei suoi errori più gravi in questi ultimi mesi e che potrebbe rivelarsi fatale per la sua sopravvivenza politica, è stato quello di “personalizzare” al massimo il referendum sulla riforma costituzionale.

Per onestà intellettuale bisogna ammettere che, per la prima volta, lo ha pubblicamente riconosciuto, forse perché ha finalmente capito che esistono molte e serie probabilità di perderlo e tornarsene a casa come promesso.

Tuttavia, scimmiottando i mestieranti della politica, ha corso subito ai ripari concedendo a qualcuno qualcosa, anche se sottobanco, affermando solennemente che qualunque sia il risultato del referendum, la legislatura verrà condotta a termine e si voterà come previsto, nel 2018.

Ora, però, bisogna bandire le polemiche sulla coerenza e le avversioni preconcette e fronteggiare uniti le conseguenze del disastroso terremoto che ha causato oltre 290 vittime, tantissimi feriti e danni incalcolabili alle popolazioni colpite che hanno perso tutto.

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