Calcio. Con l’inizio delle Coppe Europee il calcio italiano si riscopre più povero
Roma, 16 settembre – Archiviate le prime giornate di campionato di tutti i maggiori tornei nazionali del continente, sono finalmente ripartite le coppe europee, con la Champions League che fagocita tutti gli interessi (economici e non solo) a discapito dell’Europa League.
La Champions, d’altronde, è il palcoscenico dove si misurano la forza e l’ambizione dei maggiori club europei e la Juventus, forte di un mercato sontuoso, vuole finalmente entrare nell’elité europea dalla porta principale, giocando per vincere la coppa dalle grandi orecchie, dopo essere arrivata a sorpresa in finale nel 2015. La squadra di Allegri, nonostante lo scialbo 0-0 casalingo con il Siviglia della gara di esordio, vuole conquistare la Champions e sulla carta sembra pronta a contendere lo scettro continentale al Barcellona (che ha iniziato alla grande contro il Celtic, battendolo 7-0), al Real Madrid (detentore del trofeo ma poco rinforzato dal mercato estivo e forse a pancia piena), agli squadroni inglesi (occhio al Leicester, sempre piccolo, sulla carta, ma passato 3-0 a Bruges) e al Bayern Monaco.
Oltre alla Vecchia Signora sarà il Napoli l’altra rappresentate italiana nella massima competizione continentale per club e il fatto di avere solo due squadre in Champions è uno dei maggiori segnali della decadenza del nostro calcio.
La terza classificata del campionato italiano viene ormai sistematicamente eliminata ai play off non riuscendo ad accedere alla fase ai gironi. Quest’anno è successo alla Roma (eliminata da un non irresistibile Porto), lo scorso anno ai cugini della Lazio, eliminati da un Bayer Leverkusen che poi non riuscì a superare la fase ai gironi.
Vedendo i campioni che calcheranno i maggiori campi europei e l’enorme partecipazione di pubblico che accompagna la Champions e in misura minore l’Europa League, scatterà naturale il paragone con il calcio di casa nostra, poco seguito visto il calo di spettatori continuo registrato nelle ultime stagioni e giocato in stadi ormai fatiscenti.
La causa di questo disamoramento può essere rintracciata oltre che nella mancanza di campioni (sempre più rari in Serie A) nel tipo di gioco, oltremodo difensivista e sparagnino, che non ha nulla a che vedere con il calcio che si gioca in Europa, sempre offensivo e con l’obiettivo di conquistare la padronanza del campo.
Sarebbe il caso che i nostri dirigenti, sempre molto attenti ai proventi delle pay-tv, intraprendessero delle riforme per migliorare il calcio italiano che, oltre a perdere di competitività e interesse, rischia di perdere troppo valore, specie se confrontato al resto del calcio europeo.