Tematiche etico-sociali
Le mafie straniere sempre più forti. L’ illegalità avanza!
Roma, 24 novembre 2016 – In un articolo di alcuni giorni addietro de ” Il Mattino di Padova” di Enrico Ferro, abbiamo letto che i Nigeriani gestivano prostituzione, droga e traffici di esseri umani. Erano organizzati come uno Stato ma si muovevano come la Mafia. Un’organizzazione in grado di muovere pedine in Africa, in Italia e in altre parti del mondo. Il capo indiscusso di questa “piovra” in versione afro, è Festus Pedro Erhonmosele (in foto) e abitava a Padova alla Sacra Famiglia. Nigeriano di 36 anni, tecnicamente ingegnere (laureato in Nigeria), formalmente commerciante di auto (con tanto di partita Iva). Il 31 ottobre scorso una cinquantina di membri del suo clan si sono dati appuntamento in via Bernina 18 all’Arcella. Tutti pendevano dalle sue labbra. Lo chiamavano «Head» ed era ritenuto il vertice supremo del sodalizio in costante contatto con i capi nigeriani e con i membri più autorevoli delle altre articolazioni nazionali, europee e mondiali.
Gli uomini della Squadra mobile di Padova sono andati a prenderlo nella sua abitazione di via Agrigento 2. In tutto sono finite in galera 17 persone. L’organizzazione, secondo quanto accertato dagli investigatori nell’ambito dell’operazione chiamata “Black Axe”, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, era riuscita ad acquisire la gestione e il controllo di attività come la tratta di esseri umani, l’illecita riscossione di crediti, lo sfruttamento e il controllo della prostituzione ed il traffico di stupefacenti. Gli investigatori sono riusciti a ricostruirne la fisionomia e la struttura verticistico-piramidale, basata su rigide regole fatte di «battesimi», riti di affiliazione dei membri e precisi ruoli all’interno del clan. La struttura dell’organizzazione, gerarchicamente, ricordava quella di un «parastato». Per contenuti e modalità di affiliazione richiamava le tipiche forme delle organizzazioni criminali nostrane, con tanto di cerimonia di ingresso per gli associati.
Un altro tra gli arrestati, aveva il ruolo di «Ministro della Difesa» dell’organizzazione, quarta carica principale a livello nazionale, cui era demandata la gestione delle punizioni dei disobbedienti e il coordinamento di tutte le attività esecutive.Torture e violenze sessuali terribili venivano commesse ai danni di coloro che rifiutavano di affiliarsi. Con questa ferocia erano riusciti ad assicurarsi la fedeltà assoluta da parte di tutti.
La mafia nigeriana non è certamente cosa nuova!
Da una relazione della Direzione Nazionale Antimafia redatta dal Cons. Filippo Beatrice del 2012, apprendiamo che l’universo criminale nigeriano risulta assai diversificato, alternandosi capacità innovative di tipo tecnologico ed elementi che sono espressione di una criminalità primitiva. In altri termini, assieme a riti primitivi e superstiziosi d’iniziazione criminale, vi sono modelli tecnologicamente e culturalmente evoluti, in cui si integrano le più diverse e qualificate risorse sociali nigeriane.
In Italia, ad esempio, accanto a bande aggressive, che derivano la loro legittimazione da organizzazioni strutturate in madrepatria, quali gli Eiye ed i Black Axe (responsabili di violente risse e di reati predatori particolarmente eclatanti in Piemonte, in Veneto e più di recente anche in Campania), si assiste al proliferare di articolazioni ben più solide, da considerare vere e proprie holding. Tra le comunità di origine africana presenti in Italia, quella nigeriana si colloca al quinto posto, dopo quella marocchina, tunisina, egiziana e senegalese. Le presenze più importanti si registrano nelle regioni settentrionali, tra cui spicca il Veneto – con oltre 12.500 presenze – seguito da Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte. Nel centro Italia consistenti comunità di cittadini nigeriani risultano insediate in Lazio, Toscana e Marche, mentre tra le regioni meridionali solamente in Campania si rileva una discreta presenza di oltre 2.500 nigeriani regolarmente residenti. In Campania, i cittadini nigeriani (concentrati nel giuglianese, in provincia di Caserta) si sono inseriti nella manodopera in nero e nel traffico di stupefacenti.
L’Italia è interessata al narcotraffico sia direttamente, sia quale snodo per altri Stati europei. I gruppi africani investono nella droga parte dei proventi della tratta e della prostituzione, sfruttando la fitta rete intercontinentale nigeriana al fine di selezionare corrieri di varia nazionalità e provenienza (anche tra microcriminali delle diverse realtà ospiti) e mantenere rapporti stabili con omologhi sodalizi sudamericani ed asiatici. Al fine di conseguire risultati investigativi sempre più efficaci, da tempo si è ritenuto indispensabile dare impulso ad una concreta collaborazione con le autorità investigative e giudiziarie nigeriane, ed in particolare con il NAPTIP (National Agency for the Prohibition of Traffic in Persons”), responsabile per la prevenzione, l’investigazione ed il giudizio di reati in tema di traffico di esseri umani e per l’assistenza alle vittime di tali gravi manifestazioni criminose. In particolare, nel maggio 2008 è stata installata presso il NAPTIP una versione del sistema di banca dati SIDDA-SIDNA in uso presso la Direzione Nazionale Antimafia in modo da consentire la individuazione dei soggetti registrati mediante dati biometrici e di estendere l’utilizzo dello stesso ai sette uffici Periferici, mediante apposita connessione Internet protetta. Si tratta dunque di un importante passo in avanti verso una radicale modernizzazione del sistema informativo attualmente vigente in Nigeria, che potrà consentire più efficaci rapporti di cooperazione con l’Autorità Giudiziaria italiana Per ciò che concerne la cooperazione di polizia, si segnala l’accordo firmato il 19 febbraio 2009 ad Abuja, tra la polizia nigeriana e quella italiana (Interpol). Tale accordo prevede di intensificare la lotta contro il traffico di esseri umani e l’immigrazione clandestina, rafforzando così la cooperazione internazionale nella repressione delle organizzazioni che alimentano tali crimini.
Per quanto riguarda il quadro generale della legalità del pianeta Italia riportiamo un articolo dell’ ANSA di Roma del 22 novembre secondo cui un imprenditore su dieci ha avuto minacce o intimidazioni con finalità di estorsione, uno su sette dichiara di conoscere altre imprese che sono state oggetto di minacce. Si tratta soprattutto di pressioni psicologiche (nel 77% dei casi) e il 61% degli imprenditori minacciati ha ceduto alla richiesta estorsiva. Lo evidenzia un’indagine sui fenomeni criminali della Confcommercio con GfK Eurisko per la giornata ‘Legalità. Mi piace!’. La ricerca ha coinvolto su un campione di 900 imprenditori nel commercio e nei servizi; il 30% degli imprenditori colpiti è al Sud, il 31% nelle grandi città al Centro-Sud. Mentre i più bersagliati sono gli alimentari (14%) e i pubblici esercizi (12%). Al Sud sale al 79% il numero di chi dichiara di aver ceduto alla richiesta. Per quanto riguarda la percezione della criminalità, un imprenditore su 4 avverte un peggioramento nei livelli di sicurezza per la propria attività rispetto all’anno scorso, soprattutto al Nord Est. Analizzando dati dell’Istat e del Viminale, Confcommercio sottolinea che in cinque anni c’è stato un leggero aumento dei reati che generano allarme sociale, come estorsioni, usura e minacce, passati da 22 reati denunciati nel 2010 ogni 1000 imprese a 24,1 nel 2015. È stabile, negli ultimi cinque anni, a 27 reati denunciati ogni mille soggetti, tra famiglie e imprese, il numero dei reati che generano allarme. Tra perdite di fatturato e costi per ferimenti, assicurazioni e spese per i sistemi di difesa, l’illegalità in generale, stima Confcommercio, costa al commercio ogni anno 26,5 miliardi.”Legalità e sicurezza sono la prima conquista di una democrazia compiuta e condizione per un’economia sana e un mercato che funziona. I costi di contraffazione, abusivismo, estorsioni, furti fanno perdere 180mila posti di lavoro”, ha sottolineato il Presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli.
Concludendo, ripetiamo che il pianeta sicurezza italiano, non certamente per quanto concerne la polizia di repressione, vale a dire la polizia giudiziaria che interviene a seguito di serrate indagini in tandem con la Magistratura, settore che dà prova continua come nell’indagine prima citata in Padova contro la mafia nigeriana, di grande efficienza con le importanti operazioni contro il crimine che sono sotto gli occhi di tutti, lascia a desiderare invece per l’aspetto prevenzione, la cosiddetta pubblica sicurezza svolta con il controllo del territorio.
Infatti, assistiamo ad una crescente paura della gente sia nelle grandi, medie e piccole città, come nelle realtà decentrate e rurali, per l’assenza di “divise” rassicuranti. Trasmissioni TV e articoli di quotidiani e riviste argomentano molto bene lo stato d’animo degli Italiani…..Montature giornalistiche pilotate e destruenti? Certamente no; solo la cruda realtà che tutti conosciamo.
In Italia c’è bisogno di un modello di sicurezza che, opportunamente ridisegnato e finanziato, privilegi il controllo del territorio in una società aggredita da delinquenti soprattutto stranieri sempre più numerosi e soprattutto incontrollati.
Che dire oltre a quanto sin qui riferito? Nulla, salvo rimanere molto perplessi ed auspicare che prevalga la tutela dei Cittadini che pagano le tasse (quante ahimè!); si ripristini il fattore deterrenza della Legge penale ormai scomparso.
Basta strade insicure e carceri vuote!!