Cronaca

La mafia cinese violenta e imprenditrice

cinesi lavoroRoma, 7 dicembre 2016 – Su “Milano today” leggiamo che la Procura di Milano sta indagando su un presunto maxi riciclaggio da circa 2,7 miliardi di euro messo in piedi, secondo le indagini, da una parte della comunità cinese di Milano.
Mercoledì dell’altra settimana, Finanzieri e Poliziotti hanno arrestato una persona originaria del Paraguay e hanno messo ai domiciliari un italiano e un cinese. I soldi, trasferiti proprio verso la Cina attraverso agenzie di money transfer abusive e società londinesi, sarebbero – secondo gli inquirenti – il frutto di attività illecite con sede proprio nella Chinatown milanese, teatro – in quei giorni – della misteriosa morte di un uomo di trentadue anni, ucciso a colpi di pistola all’interno della sua abitazione ( proprio in via Sarpi).
L’inchiesta, che ha dato il “la” anche a diciotto perquisizioni nei quartieri cinesi di Milano e Roma, era partita circa un anno fa da segnalazioni di sospetto riciclaggio e da un esposto anonimo che denunciavano l’esistenza di un’organizzazione criminale creata dalla comunità cinese. Le accuse per i fermati e altri indagati sono, a vario titolo, associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, esercizio abusivo di attività finanziaria, abusiva prestazione dei servizi di pagamento, riciclaggio, autoriciclaggio e vari delitti tributari. 
Sempre in quelle strade, due anni fa, si verificò un fatto gravissimo. Il Corriere della Sera: Tre ragazze cinesi di pomeriggio, a Milano, nei pressi di via Mac Mahon, erano saltate dal primo piano di un palazzo; nude, cappucci in testa strappati che penzolavano sul collo; le corde e le catene che su caviglie e polsi si erano mangiate la pelle con i lividi diventati scure strisce continue simili a tatuaggi. Una s’è distrutta un calcagno e s’è accasciata; la seconda, pochi metri appena e la frattura del malleolo l’ha frenata; l’ultima invece, pur ricoperta di tagli, non aveva nulla di rotto e ha corso sino a una farmacia dove il dottore ha chiamato la Polizia. E la Polizia indaga su questa storia di prigioniere (hanno 27, 32 e 36 anni) e di aguzzini, di sevizie e di barbarie, forse di prostitute vendute tra bande. La stessa via Mac Mahon è in un certo senso la logica prosecuzione della ben nota zona (milanese) di via Sarpi: è lungo questa arteria che vive, produce e a volte delinque la comunità cinese, ed è qui che insieme ai negozi low cost sorgono i laboratori clandestini e le tane….
 
Subito, il ricordo personale è andato ad un analogo caso di rapimento, di alcuni anni addietro, brillantemente risolto dai Carabinieri di Treviso, che liberarono una ragazzina cinese di 14 anni, rapita sei giorni prima a Vedelago, in provincia di Padova, mentre andava a scuola, trasferita, tenuta legata e imbavagliata in un appartamento di Milano, proprio nei pressi di via Mac Mahon. L’irruzione scattò all’alba; furono arrestati tre giovani cinesi, legati a organizzazioni criminali, che avevano chiesto alla famiglia un riscatto di 500 mila euro. A dare un impulso decisivo alle indagini fu il controllo, avvenuto qualche giorno prima a Vedelago, di un’auto con a bordo alcuni cinesi da parte dei Carabinieri del bravissimo e intelligente Luogotenente Donato Calasanzio, storico Comandante della locale Stazione, purtroppo  deceduto, che consentì di scoprire che i tre passeggeri della macchina erano proprio i sequestratori della ragazzina.
Altro caso interessante, sulle dinamiche della mafia cinese, verificatosi a Padova, nel 2009, è quello della “spedizione punitiva” organizzata dai “milanesi”, nei confronti della comunità cinese veneto-patavina. Da Milano, appunto, partirono i giustizieri del “Sol Levante”, armati di tutto punto per punire i “defezionisti” per uno “sgarro” su mancati pagamenti. L’irruzione avvenne durante una festa serale, alla presenza di molte decine di cinesi, quasi a voler dimostrare la superiorità “militare” dei milanesi. Numerosi furono i feriti da fendenti da pugnale, per fortuna senza alcun morto. Le indagini, svolte molto bene dal Reparto Operativo Provinciale della Citta’ del Santo, d’intesa con il Reparto Operativo di Milano, evidenziarono una realtà molto articolata e complessa. Dalle indagini si rilevò, tra l’altro, che esistevano “responsabili” regionali ai quali i capi-zona provinciali erano assoggettati; che le armi da fuoco, anche mitragliatori, venivano acquistate dalla criminalità albanese; si trattavano gli “allucinogeni” in quantitativi industriali; la prostituzione non era più fenomeno interno alla comunità cinese ma allargato al mercato italiano; numerose, tra l’altro, le uccisioni “punitive”.
 
Se Via Sarpi, a Milano, è China town, la Toscana in Italia si conferma China district, vale a dire la Regione dove prospera e da dove si snoda la criminalità organizzata cinese. Ricordiamo il caso Prato con sette morti in un incendio in fabbrica clandestina; la prima grande tragedia del lavoro cinese, dopo le sanguinose faide avvenute nella città toscana tra bande rivali e i corpi di lavoratori orientali morti per cause naturali abbandonati sulle strade. Ma è anche una tragedia annunciata dalle difficoltà di contrasto alla più grande realtà di lavoro sommerso d’Europa.
Cinesi, non le triadi dei film di azione, ma le associazioni criminali cinesi in Italia sono ancora più pericolose perché replicano il modello arcaico di Cosa Nostra fondato su base plurifamiliare e sul concetto di appartenenza ad un gruppo che, oltre e indipendentemente dai legami di sangue, sviluppa l’idea della famiglia economica che ruota intorno ad interessi comuni – la gestione di un ristorante o di qualsiasi attività che crei profitti, leciti od illeciti – con conseguente comunione di interessi.
 
Si tratta, concludendo, di realtà certamente allarmanti, quelle delle Mafie cinesi e straniere, da tempo esistenti sul nostro territorio nazionale, che dovrebbero imporre alla politica misure congrue e incisive oggi inesistenti.
E dire, che in Italia siamo già gravati dalla presenza, in ben quattro Regioni meridionali, di potenti mafie storiche stanziali da tempo esondate anche al nord.
A questo punto, la domanda: cosa succederà quando rotti gli accordi oggi esistenti le mafie nostrane, ovvero “endogene”, andranno a scontrarsi con quelle straniere, definite “esogene”?

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