Le prime gambe bioniche sono già testate su 11 volontari
Progetto coordinato dall’Italia, con l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Particolare della caviglia della protesi attiva transfemorale (fonte: Massimo Brega, Scuola Superiore Sant’Anna)
Pisa, 17 marzo – (ansa-Fonte: SSSA) – Sono pronte le gambe bioniche, risultato del primo progetto al mondo che unisce protesi e robot indossabili, come esoscheletri, per far camminare senza fatica persone che hanno subito amputazioni. Il progetto, europeo, si chiama Cyberlegs(CYBERnetic LowEr-Limb CoGnitive Ortho-prosthesis) ed è coordinato dall’Italia, con l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Finanziato dalla Commissione Europea con 2,5 milioni di euro in tre anni, il progetto è stato condotto in collaborazione con Belgio (Università Cattolica di Lovanio e università Vrije di Bruxelles) e Slovenia (università di Lubiana), e Fondazione Don Gnocchi di Firenze.
Finora 11 persone hanno provato le gambe bioniche presso la Fondazione Don Gnocchi di Firenze. Si tratta di ”un insieme di tecnologie che aiutano a tornare a camminare in modo naturale”, spiega il coordinatore del progetto, Nicola Vitiello. Se il progetto troverà finanziamenti partner industriali adeguati, il dispositivo potrebbe essere in commercio “nel giro di 2-3 anni”, dice ancora Vitiello. Si lavora anche, aggiunge, per renderlo ancora più leggero e meno ingombrante.
”Stanno aumentando le persone anziane amputate e per loro poter lasciare stampelle e sedie a rotelle è un grande successo”, dice Maria Chiara Carrozza, fondatrice e coordinatrice del progetto fino al 2013, anno della nomina a ministro per l’Istruzione, Università e Ricerca.
Sono almeno quattro i risultati ottenuti da questo mix senza precedenti di protesi, tutori, dispositivi robotici e sensori.
Il primo è uno zainetto hi-tech, leggero e comodo da indossare, rende più facile flettere e di estendere l’anca: una sorta di tutore robotico chiamato Active Pelvis Orthosis.
C’è poi la protesi motorizzata e collegata a un sistema di sensori indossabili, che permette alle persone che hanno subito amputazioni di camminare, sedersi, salire le scale.
In terzo luogo è stato messo a punto il dispositivo che combina la protesi con il tutore del bacino: mentre la prima sostituisce l’arto mancante, il tutore aiuta a camminare in modo più naturale.
Tutte queste tecnologie, insieme a sensori innovativi, forniscono dati preziosi per prevenire il rischio di cadute, avvertendo in tempo reale su possibili scivolamenti.
”Sono tecnologie che si indossano e che permettono a chi è in difficoltà di camminare con meno fatica”, osserva Vitiello. Per Maria Chiara Carrozza ”i risultati del progetto Cyberlegs sono, prima di tutto, rilevanti dal punto di vista scientifico, con una significativa dimensione strategica e socio-economica”. La presenza dell’università sul territorio, aggiunge, ha permesso di sviluppare un approccio che ”permette alla scienza e la tecnologia di promuovere innovazione sociale”.
È giunta l’era de ‘L’uomo da 6 milioni di dollari’, serie televisiva americana degli anni 1974-1978, che vede ‘ricostruito’ il colonnello Steve Austin, interpretato dall’attore Lee Majors, a cui vengono sostituiti le gambe, il braccio destro e l’occhio sinistro, persi durante una missione?