“La Sindrome del colon irritabile è una patologia dello stile di vita moderno che interessa in modo debilitante migliaia di persone ogni anno.
È un disturbo dell’apparato gastro-intestinale, molto diffuso ed in costante aumento, colpisce principalmente le donne, tra i 25 ed i 45 anni, ma può insorgere anche in età infantile.
Il meccanismo patogenetico è controverso ed ancora del tutto privo di adeguate conferme scientifiche, tuttavia, alcuni ricercatori ritengono ci sia un’alterazione dei nervi che controllano la sensibilità e la motilità dei muscoli intestinali, altri ritengono che gli ormoni svolgano un ruolo importane nell’insorgere di questi disturbi.
Fattori emozionali (in particolare ansia , stress, depressione, paura, ecc.. ) sono considerati la causa principale di questo disturbo, tuttavia, anche un’alimentazione non corretta (intolleranze o anche abusi alimentari ), farmaci, alterazione del PH, alterazione della flora batterica, possono indurre o aggravare questa patologia. Si caratterizza con l’alterazione della liberazione di serotonina (responsabile, tra l’altro, della contrazione muscolare liscia), la vasocostrizione capillare e la regolazione immunitaria della mucosa. In pratica, l’attività cerebrale modifica quella intestinale e può dare origine alla sindrome da colon irritabile.
Vi sono periodi in cui la peristalsi è troppo rapida e fastidiosa, tanto da provocare anche decine di scariche al giorno, altri in cui la stitichezza costringe a fitte e dolori insopportabili. Così, non si è più in grado di vivere una quotidianità serena, di programmare una vacanza o anche solo di uscire per una cena, perché non si può prevedere come reagirà il proprio intestino.
Gli approcci tentati più di frequente puntano per lo più ad eliminare alcuni tipi di alimenti, piuttosto che a cambiare la composizione della dieta. Uno degli interventi che ha mostrato di ottenere risultati soddisfacenti è la sostituzione dei cibi ad alta fermentabilità, perché ricchi di carboidrati (monosaccaridi, disaccaridi, oligosacaridi e polioli); si tratta di ridurre l’apporto di fruttosio (mele e pere) piuttosto che glucosio, di fruttani (oligo-saccaridi, contenuti ad esempio in grano e cipolle), di legumi (galatto-oligosaccaridi), e di sorbitolo e mannitolo (polioli).
In questo modo si riduce la fermentabilità dei pasti, quindi la produzione di gas ed il richiamo di liquidi nel colon, con distensione dello stesso. Una meta-analisi, pubblicata di recente, ha esaminato alcuni studi nei quali è stata adottata una dieta a basso apporto di Fodmap (dieta low-FODMAPs)ed ha mostrato una riduzione notevole della sintomatologia tipica già entro i primi 7 giorni di intervento.
Attualmente quest’approccio dietetico è ritenuto il più efficace nella terapia per IBS (Irritable bowel syndrome), ed in Australia è la prima scelta dei nutrizionisti per la regressione della sintomatologia e per il raggiungimento di una migliore qualità di vita.”
Ringraziamo la Dott.ssa De Nitto per la sua disponibilità ed i chiarimenti che ci ha cortesemente fornito sull’argomento.
Specialista in Scienze dell’Alimentazione
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