Intanto, l’Oms calcola che l’epidemia possa colpire oltre 20.000 persone
Roma, 28 agosto – Lo studio della malattia ed il suo sviluppo, hanno portato all’identificazione del “paziente zero”.
La prima vittima, deceduta il 6 dicembre 2013, è un bambino di due anni, abitante nel villaggio di Meliandoua, nella Guinea, seguito subito dopo dalla madre, dalla sorella, dalla nonna e poi altri membri del suo villaggio.
A queste conclusioni è giunto il gruppo internazionale composto da 17 epidemiologi e antropologi europei e africani che per tre settimane hanno indagato sulle abitudini degli abitanti del villaggio di Meliandoua ed esaminato esemplari di fauna locale, fino ad identificare nelle colonie migratorie di pipistrelli della frutta (Eidolon helvum) i primi vettori del virus e che probabilmente, la piccola vittima, aveva mangiato un frutto che era stato contagiato dai “pipistrello della frutta paglierino”, capaci di migrare per lunghe distanze prima di rifugiarsi in gigantesche colonie vicino ai centri abitati e alle foreste e quindi trasferire il virus dall’Africa centrale a quella occidentale. L’esito della ricerca verrà pubblicato in uno studio scientifico.
Fabian Leendertz, ricercatore del Robert Koch Institute di Berlino e responsabile dello studio, ha dichiarato che il ceppo di virus arrivato in Guinea sarebbe imparentato con il meglio conosciuto Zaire ebolavirus, identificato per la prima volta nella Repubblica Democratica del Congo. Ovviamente, il virus non è trasferito da un solo esemplare ma dalla colonia stessa in quanto i pipistrelli condividono e mangiano gli stessi frutti tropicali. Inoltre, nelle precedenti epidemie, le cause erano legate al commercio ed al consumo della carne degli animali della foresta, bushmet, che veicolano il virus come appunto i pipistrelli, abitudine ancora in uso nel villaggio di Meliandoua.
La problematica, ora, è che se tale supposizione viene confermata, le popolazioni dei villaggi potrebbero cercare di distruggere i chirotteri uccidendoli. Questo però, provocherebbe altri danni ecologici in quanto i pipistrelli della frutta sono importanti impollinatori.
Nella Repubblica Democratica del Congo, si segnala un nuovo allarme contagio con 24 casi sospetti, di cui 13 persone sono già morte. La paziente zero, era una donna incinta del villaggio di Ikanamongo. La vittima ha cucinato e mangiato bushmeat ed è morta di febbre emorragica. Non essendo mai stata in Africa occidentale, il virus era, quindi, presente nella sua stessa comunità.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità si sta preparando per affrontare oltre 20.000 casi e “riconosce che il numero complessivo di casi di Ebola potrebbe superare i 20.000 nel corso di questa emergenza”, aggiornando i dati ufficiali dell’epidemia: il numero totale di casi confermati e probabili in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone è salito a 3.069, con 1.552 decessi, con più di 120 decessi fra i 240 medici, infermieri ed operatori sanitari che hanno contratto la malattia. Le cause sono da ricercare nella carenza di mezzi di protezione individuale o il loro uso improprio, la scarsità di personale medico per una epidemia di tali dimensioni e la compassione che spinge il personale medico a lavorare in reparti di isolamento ben oltre il numero di ore raccomandato.
Il ministro della salute russo, Veronika Skvortsova, citata da Ria Novosti. ha annunciato che un team di medici esperti dell’istituto Ivanov del ministero e uno specialista dell’agenzia statale per la tutela della salute, è appena tornata dalla Guinea. “Conosciamo l’agente patogeno e le sue caratteristiche, ed ora abbiamo un vaccino sperimentale che ha superato i test pre-clinici con successo”.
Il 22 agosto avevamo parlato della guarigione ad Atlanta del medico Kent Brantly e della missionaria americana Nancy Writebol curati con un vaccino sperimentale.