Per renderli operativi a tutti, gli scienziati li hanno già pubblicati
Roma – Su “Science”, è stato pubbicato un articolo con il quale vengono resi noti i risultati delle analisi approfondite su 99 genomi raccolti da 78 pazienti africani infettati dal virus nei primi 24 giorni dell’epidemia. Gli studi compiuti dai ricercatori del Broad Institute e della Harvard University, in collaborazione con il ministero della Sanità della Sierra Leone, hanno consentito di identificare più di 300 varianti genetiche che differenziano l’attuale virus da quello che aveva colpito le popolazioni negli anni passati.
Pardis Sabeti, membro del Broad Institute e professore associato della Harvard University, ha dichiarato. “Rendendo immediatamente disponibili i dati alla comunità medica e scientifica speriamo che si possa accelerare la risposta all’epidemia” aggiungendo “Dopo aver pubblicato la prima serie di sequenze genetiche di Ebola in giugno, siamo stati contattati da alcuni dei maggiori specialisti mondiali e molti di loro stanno lavorando attivamente sui dati: occorre una collaborazione internazionale e multidisciplinare per definire rapidamente le caratteristiche di questo virus” elementi che potranno essere d’aiuto per mettere a punto nuovi vaccini e terapie farmacologiche.
Non si è ancora in condizione di stabilire se con le varianti genetiche, muti la gravità dei sintomi ed il grado d’infettività del virus, ma comunque i risultati dello studio sono un buon punto di partenza per scoprirlo.
Secondo l’articolo, l’ipotesi più accreditata è che “la diffusione del virus è iniziata con un singolo episodio di contagio da un animale selvatico, probabilmente un pipistrello o un roditore, avvenuto verso la fine del gennaio scorso. Il contagio è poi proseguito per diversi mesi esclusivamente tra esseri umani, a differenza di quanto avvenuto in altre occasioni, fino a raggiungere una diffusione senza precedenti in aree densamente popolate in Guinea, Liberia, Sierra Leone e Nigeria. Finora, il primato delle vittime era dell’epidemia che colpì l’Africa centrale nel 1976, con 318 casi documentati. Quest’anno si tratta invece di 2240 casi documentati e 1229 decessi (al 19 agosto).” (alla data del 28 agosto erano 3.069, con 1.552)
Da un’indagine del ministero della sanità della Sierra Leone, è emerso che il 25 maggio i medici dell’ospedale di Kenema avevano registrato il primo caso di Ebola, stabilendo un legame epidemiologico tra quel caso e il funerale di un guaritore tradizionale che aveva trattato pazienti colpiti dal virus in Guinea. Da lì, le indagini sono risalite ad altri 13 casi di donne colpite dall’infezione e presenti alla cerimonia funebre. I ricercatori hanno analizzato i campioni biologici di 12 di queste donne, scoprendo che i genomi virali ricavati da essi appartengono a due distinti cluster e quindi, l’incontro per il funerale, ha diffuso due virus di Ebola geneticamente diversi, che hanno poi continuato a divergere.