Terapia sperimentale per mantenere in vita i feriti gravi
Consentirebbe di rimanere in vita in attesa dei soccorsi
Roma, 29 novembre – Secondo quanto riportato dal ‘Mirror’ ed altri media britannici, i ricercatori americani stanno lavorando ad un farmaco che consentirebbe di “ibernare” i soldati americani feriti, mantenendoli in vita in attesa dell’arrivo dei soccorsi.
Per questa ricerca, il Pentagono avrebbe stanziato circa 550mila dollari.
“Durante le guerre in Iraq e Afghanistan oltre l’87% dei soldati sono deceduti nei primi 30 minuti dopo il ferimento, prima che riuscissero a raggiungere l’ospedale più vicino” è il risultato statistico affrontato da Geoffrey Dobson, ricercatore presso la Division of Tropical Health and Medicine della James Cook University nel Queensland ed ideatore del farmaco. “Almeno un quarto di questi uomini aveva riportato ferite curabili e sarebbe riuscito a scongiurare la morte se fosse arrivato in tempo in ospedale. Il tempo, in quel caso è stato assassino”. Il farmaco su cui stanno lavorando i ricercatori, dovrebbe fornire una sufficiente pressione sanguigna agli organi vitali al fine di mantenere il soggetto in vita durante alcuni minuti successivi al ferimento, nonostante il soldato abbia subito un’ingente perdita di sangue o un trauma cranico, mantenendolo così in vita ancora per alcuni minuti consentendogli così di poter essere adeguatamente soccorso e curato.
“La medicina, con alte capacità coagulanti – prosegue Geoffrey Dobson – può essere iniettata direttamente nel sangue, riducendo anche l’infiammazione”.
Si prevede che l’approvazione del farmaco da parte della “Food and Drug Administration” (FDA) possa avvenire entro l’anno.
Ovviamente, qualora i risultati degli studi condotti continuassero a confermare gli efficaci risultati finora ottenuti, l’utilizzo del farmaco potrebbe essere esteso anche nel campo civile, riducendo le conseguenze di incidenti, anche gravi, e contribuendo a salvare molte vite.
I soldati americani feriti sul campo di battaglia potranno essere salvati attraverso una particolare “ibernazione” capace di mantenerli in vita in attesa dell’arrivo dei soccorsi. La notizia della nuova terapia farmacologica alla quale stanno lavorando ricercatori americani, sostenuti da circa 550mila dollari finanziati dal Pentagono, ha riscontrato ottimismo trovando ampio spazio sulle pagine del Mirror e di altri media britannici.
“Durante le guerre in Iraq e Afghanistan oltre l’87% dei soldati sono deceduti nei primi 30 minuti dopo il ferimento, prima che riuscissero a raggiungere l’ospedale più vicino” sostiene Geoffrey Dobson, ricercatore presso la Division of Tropical Health and Medicine della James Cook University nel Queensland, ideatore del farmaco. “Almeno un quarto di questi uomini – spiega Dobson – aveva riportato ferite curabili e sarebbe riuscito a scongiurare la morte se fosse arrivato in tempo in ospedale. Il tempo, in quel caso è stato assassino”.
Il farmaco sperimentale pensato da Dobson punta a fornire sufficiente pressione sanguigna agli organi vitali al fine di mantenere il soggetto in vita durante alcuni minuti successivi al ferimento, nonostante il soldato abbia subito un’ingente perdita di sangue o un trauma cranico. Il soggetto ferito potrà così, anche per pochi minuti, scongiurare una morte, altrimenti certa, in attesa di essere adeguatamente soccorso e curato.
“La medicina, con alte capacità coagulanti – continua il ricercatore della James Cook University – può essere iniettata direttamente nel sangue, riducendo anche l’infiammazione”. Una serie di colloqui già iniziati potrebbero portare già entro un anno all’approvazione del farmaco da parte della “Food and Drug Administration” (FDA).
L’utilizzo del portentoso farmaco, qualora la sperimentazione continuasse a confermare gli efficaci risultati finora ottenuti, potrebbe essere esteso dai campi di battaglia agli ambiti domestici e alla vita di tutti i giorni, riducendo le conseguenze di incidenti, anche gravi, e contribuendo a salvare molte vite.
Pentagono iberna i soldati Usa per salvargli la vita
Terapia sperimentale manterrebbe in vita i feriti prima dei soccorsi
Pentagono stanzia 550 mila dollari per una nuova terapia salva-soldati © ANSA
Redazione ANSA
29 novembre 201407:06NEWS
I soldati americani feriti sul campo di battaglia potranno essere salvati attraverso una particolare “ibernazione” capace di mantenerli in vita in attesa dell’arrivo dei soccorsi. La notizia della nuova terapia farmacologica alla quale stanno lavorando ricercatori americani, sostenuti da circa 550mila dollari finanziati dal Pentagono, ha riscontrato ottimismo trovando ampio spazio sulle pagine del Mirror e di altri media britannici. “Durante le guerre in Iraq e Afghanistan oltre l’87% dei soldati sono deceduti nei primi 30 minuti dopo il ferimento, prima che riuscissero a raggiungere l’ospedale più vicino” sostiene Geoffrey Dobson, ricercatore presso la Division of Tropical Health and Medicine della James Cook University nel Queensland, ideatore del farmaco. “Almeno un quarto di questi uomini – spiega Dobson – aveva riportato ferite curabili e sarebbe riuscito a scongiurare la morte se fosse arrivato in tempo in ospedale. Il tempo, in quel caso è stato assassino”. Il farmaco sperimentale pensato da Dobson punta a fornire sufficiente pressione sanguigna agli organi vitali al fine di mantenere il soggetto in vita durante alcuni minuti successivi al ferimento, nonostante il soldato abbia subito un’ingente perdita di sangue o un trauma cranico. Il soggetto ferito potrà così, anche per pochi minuti, scongiurare una morte, altrimenti certa, in attesa di essere adeguatamente soccorso e curato. “La medicina, con alte capacità coagulanti – continua il ricercatore della James Cook University – può essere iniettata direttamente nel sangue, riducendo anche l’infiammazione”. Una serie di colloqui già iniziati potrebbero portare già entro un anno all’approvazione del farmaco da parte della “Food and Drug Administration” (FDA). L’utilizzo del portentoso farmaco, qualora la sperimentazione continuasse a confermare gli efficaci risultati finora ottenuti, potrebbe essere esteso dai campi di battaglia agli ambiti domestici e alla vita di tutti i giorni, riducendo le conseguenze di incidenti, anche gravi, e contribuendo a salvare molte vite.