Mancini ed Italrosa su! Fognini giù!
Roma, 25 marzo 2019 – Distogliamo un attimo lo sguardo dalla cronaca politica – elezioni regionali e querelle Salvini-Rami-Ius soli -, per soffermarci sulle buone e cattive notizie che provengono dallo sport italiano. Molto più le buone che le cattive.
Sugli scudi, ancora una volta le donne.
Bebe Vio ha conquistato a Pisa la 21ma vittoria in Coppa del Mondo di fioretto che le vale anche la qualificazione ai Giochi Parolimpici di Tokio 2020.
Dorothea Wiever ha conquistato ad Oslo la Coppa del Mondo di Biathlon. La ragazza di Brunico è il primo atleta italiano a conquistare questo trofeo. Non bastava, dietro di lei, al secondo posto, Lisa Vittozzi.
Sulla scia di queste continue grandi prestazioni delle atlete italiane – che fanno immediatamente seguito ai successi delle Azzurre nel Torneo delle Sei Nazioni di rugby, la scoperta dello sport al femminile ha assiepato, ieri, 40 mila persone sugli spalti dell’Allianz Stadium di Torino per assistere alla partita Juve-Fiorentina nella 19ma giornata del Campionato di serie A di Calcio femminile. I tagliandi per l’ingresso erano gratuiti, ma la dice ugualmente lunga sull’eccezionalità di questo evento, specie rapportato al calcio maschile che questi numeri li fa talvolta a Milano,Torino, Napoli e Roma, ma solo per partite di cartello. Neanche la Nazionale tira più di tanto. Al Friuli di Udine per Italia-Finlandia sabato era 24 mila gli spettatori.
Non deve essere soltanto una questione di biglietti, ma probabilmente è anche una questione di contenuti.
Il calcio maschile italiano non solo fino al termine della stagione scorsa ha vinto poco e male, ma soprattutto ha annoiato.
Poco, infatti, lo spettacolo offerto dai maggiori club guidati da tecnici non in linea con il calcio più avanzato. Inevitabile che la Nazionale rispecchiasse l’andazzo, fino all’umiliazione dalla estromissione dalla Fase Finale dei Mondiali russi. Il Paese – secondo nella storia per titoli iridati (quattro, dietro i 5 del Brasile; alla pari con la Germania) aveva toccato il fondo. Come se il calcio non fosse sempre lo sport più amato e praticato dagli italiani in grado di produrre giocatori rimasti nella storia.
Nel frattempo il business si era impadronito del calcio italiano diventando Made in Usa od in China. Con difficoltà sempre maggiori per i talenti nostrani a trovare spazi in un mercato alterato dal ricorso a giocatori esotici di qualità inferiore ma economicamente
molto convenienti.
Toccato il fondo, il movimento si obbligò a rigenerarsi. Al vertice si insediò il pugliese Gravina con un Vice Presidente, Claudio Lotito, criticabile sotto tanti aspetti ma certamente non da quello di saper riconoscere il valore degli individui.
Demetrio Albertini era l’uomo giusto per guidare il settore tecnico.
Ed ecco che l’opzione per far ripartire il calcio azzurro fu tra Carlo Ancelotti e Roberto Mancini. Sicuramente entrambi uomini giusti per la bisogna. Due campioni veri
sul campo di calcio. Due intenditori profondi del gesto calcistico. Con una rara sensibilità nel valutare ciò che calcisticamente ti circonda.
Non si diventa campioni del calibro dei Due se non si possiede un
cervello talentuoso. Spesso il grande calciatore non è detto che abbia anche la pazienza per essere un grande allenatore.
Ma, quando ha pure la vocazione all’insegnamento ed alla gestione degli altri, allora , si può esserne certi, sarà anche un grande allenatore. Proprio come le storie ed i Palmares di Ancelotti e Mancini dimostrano, sulla falsariga dei Zidane o dei Guardiola
tanto per fare qualche esempio ravvicinato. Ancelotti ha preferito l’avventura napoletana. Mancini ha salutato lo Zenit di San Pietroburgo ed a Giugno del 2018 ha accettato l’onere di restituire l’onore allo sport italiano.
Il resto è sotto gli occhi di tutti. Una serie di 10 partite fra amichevoli ed “ufficiali” e di raduni in cui ha messo sotto esami ed istruito tutto quanto di buono e talentuoso era disponibile in Italia ed all’estero per assemblare un gruppo di giocatori in grado di praticare un gioco moderno, efficace e vincente.
Il match contro la Finlandia è stata la cartina di tornasole per verificare il lavoro fatto e mettere la prima pietra verso il Campionato Europeo e la Prossima Coppa del Mondo. Ed, ancora, dimostrare che in Italia nascono ancora talenti calcistici e che se il calcio azzurro si è fermato è per problemi di manico tecnico-dirigenziale e non di talentuosità. Doveva lavorare in fretta ed il tempo disponibile era pochissimo.
Mancini, alla prova dei fatti sabato ha potuto dimostrare che lui è riuscito in quello che i suoi predecessori azzurri e i suoi colleghi presso i grandi club italiani hanno fallito. Cioè: individuare i veri talenti utili disponibili fra giovani e veterani; convincerli a fare
pressing dal primo all’ultimo minuto; rendere sicuro ed efficace il loro palleggio; avere tutti fiducia nelle proprie capacità; infine assembrarli coralmente nel modo più redditizio.
Ne è venuta fuori un assetto che lascia guardare con ottimismo il futuro utilizzando al meglio le forze disponibili che non escludono i nuovi talenti, ma non estromettono giocatori esperti , ma ancora perfettamente efficaci come Quagliarella.
In difesa si punta ancora su Bonucci e Chiellini – in attesa di nuovi veri talenti affiancati dal solido e razionale Crisostomo Biraghi, e da Cristiano Piccini, talento fiorentino che ha dovuto emigrare in Spagna (Betis) per farsi spazio.
Anche per il centrocampo si è dovuto guardare all’estero cioè al ParisSaint Germain (Marco Verratti) e Chelsea (Giorginho) gestori di due squadre che giocano grande calcio moderno.
Avanti ha optato per un mobilissimo Ciro Immobile e per il guastatoreed incursore Bernardeschi.
Il capolavoro tecnico di Mancini è stato l’innesto e la fiducia versodue ragazzini:Nicolò Barella (22 anni) centrocampista cagliaritano ultramoderno per la sua capacità d’incursione e Moise Kean, ivoriano nato a Vercelli, cresciuto nel vivaio juventino; “millenniano”, avendo solo 19 anni. La sua rete (propiziata dall’altruismo di Immobile) del 2-0 è la “più giovane” della storia azzurra, dopo quella realizzata da Bruno Nicolè, guarda caso, juventino anche lui.
Aggiungiamo che nel finale Mancini ha trovato modo di dipingere di azzurro anche l’altro nuovo prodigio Made in Italy, Nicolò Zaniolo, trequartista lottatore di Massa, diciannove anni.
Tutti e tre questi ragazzi hanno talento tecnico ed atletico. Sono ambidestri e lottatori. Soprattutto hanno una sfrontatezza da campioni veri senza complessi: ci provano sempre e basta! Vada come vada.
Come andata Italia-Finlandia? 2-0 !! Reti di Barella e Kean.
Grazie Roberto Mancini per aver ridato entusiasmo all’italico calcio.
Rappresentato, benissimo, da un calcio senza frontiere.
Venendo alle note sportive meno felici.
Occorre registrare a Miami la nuova battuta d’arresto di Fabio Fognini. Con lui gli alti e bassi sono sempre dietro l’angolo se il suo apparato neuro-muscolare è efficiente.
Ieri, nel terzo turno degli Open di Miami, se la vedeva con Roberto Bautista, tennista spagnolo, 22mo nel Ranking Mondiale. Fognini, 17mo.
Partita bislacca. Un momento dominata, un altro buttata al vento. Risultato 6/4, 6/4 per lo spagnolo. Fognini a casa in attesa di rivederlo a Roma i primi di maggio.