Racconti di sport: “La prima volta”

Roma,  22 settembre  2016 – Quante volte abbiamo ricordato e celebrato una “prima volta”?
Il primo giorno di scuola, il primo bacio alla ragazzina di cui eravamo perdutamente innamorati, la prima utilitaria che per i giovanotti di una certa epoca era come una Ferrari, il primo figlio/a.
Ma per chi scrive, appassionato di sport e malato “terminale” di calcio, c’è stata una prima volta esattamente 17 anni fa all’Olimpico di Roma per il debutto in Champions della Lazio!
Ho detto Champions ma per me è sempre stata la “Coppa dei Campioni”, anche nell’epoca in cui la partecipazione era stata estesa alle seconde o terze classificate nei rispettivi campionati.
Tale sacralità era acuita dal fatto che nel ’74, quando la Lazio vinse il suo primo scudetto, non fu permesso ai biancocelesti di giocare il massimo torneo continentale in virtù di un’assurda squalifica per fatti relativi alla famosa Lazio-Ipswich del novembre del ’73, quando si scatenò una maxi-rissa tra laziali ed inglesi, a margine della partita.
All’età di 18 anni abortì il sogno di vedere la mia squadra del Cuore partecipare alla Coppa dei Campioni e naturalmente non ci furono occasioni a ripetizione per coronare tale sogno, dal momento che non ti chiamavi né Inter, né Milan, né Juventus.
Tralascio l’angoscia ed il tormento dei successivi anni in cui tra retrocessioni e salvezze miracolose andammo avanti e finalmente, dopo ben 25 anni, arrivò il giorno tanto atteso all’Olimpico, nel mio stadio.
La Lazio debuttò qualche giorno prima in trasferta a Leverkusen e fece un buon 1-1, ma l’attesa spasmodica era per il 22 settembre alle 20,45 contro la Dinamo Kiev.
Arrivai allo stadio due ore abbondanti prima, nonostante avessi una Tevere numerata, perché non volevo perdermi niente di quella attesa; tra l’altro, rispetto alle vecchie edizioni, c’era la novità di sentire dal vivo l’inno della Champions, coi ragazzi al centro del campo che agitavano la coreografia del grande pallone.
Stavo con mio figlio che all’epoca aveva 9 anni e lo vedevo incosciente e quasi avulso dall’atmosfera, mentre io non ce la facevo più, ero già sfatto dall’emozione prima ancora di cominciare. Al momento dell’ingresso delle squadre, con l’inno a tutto volume ed i ragazzi al centro del campo che agitavano il telone del grande pallone, ho cominciato a singhiozzare come un bambino cercando di trattenermi, in una sorta di pudore, per non farmi accorgere da mio figlio, che però si accorse del mio stato e mi chiese: “papà ma che fai piangi?” Ed io maldestramente risposi: “ no, no viene giù qualche goccia dalla copertura, non è niente”!
A distanza di tempo non è più capitato di riparlare di quell’episodio, ma credo che mio figlio, seppur a nove anni, non l’abbia minimamente bevuta.

Un’emozione enorme attesa per ben 25 anni, un sogno che si avverava, inimmaginabile quando da ragazzino la Coppa dei Campioni la vedevi solo in Tv.

Una vera “prima volta”, altro che il primo bacio alla fidanzatina!

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