Roma, 30 Maggio 2017 – I Beatles sono come i numeri: non finiscono mai. Quando pensiamo di esserne divenuti dei buoni conoscitori, aspettiamoci sempre delle sorprese. Nessuna eccezione.
A 50 anni dall’uscita di uno degli LP più importanti di sempre, arriva nei cinema (per tre soli giorni) “The Beatles: Sgt. Pepper and beyond”, film-documentario firmato da Alan Parker. Si narra del periodo in cui i 4 di Liverpool decisero di abbandonare i concerti per dedicarsi esclusivamente al lavoro in studio. In contemporanea, arriva nei negozi il cofanetto “Anniversary Edition” (cd+dvd+libro).
Qualcuno storcerà la bocca: “Ma come! Un’altra uscita…”.
È così ogni volta. Ti dici: “Dopo tutti questi anni, cosa c’è ancora da vedere?”. Le cose vanno però diversamente. Per dare un’idea, ho avuto la riprova un anno fa. Mi recai al cinema a vedere “Eight days a week” (otto giorni la settimana), altro film–documentario diretto da Ron Howard (indimenticato Ritchie Cunningham di “Happy days”), del quale l’attuale “Sgt. Pepper and beyond” appare essere la continuazione (il primo parla del periodo iniziale, quello cd. dei concerti, l’altro degli anni successivi, cd. studio). Con uno splendido escamotage, Howard prima ti incolla alla poltrona con un bel documentario (da esperto di cinema qual è). Dopodiché, passati i titoli di coda, quando tu sei lì per uscire dalla sala… sorpresa! Partono le immagini dello “Shea Stadium”, epico concerto del 1965. Siamo negli USA. 55.000 spettatori (per quei tempi una cifra inimmaginabile). E ti dici: “Anche questo, stravisto…”. Non al cinema però! Il che significa.. prendi un oggetto e mettilo al microscopio: ti aspetti di vederlo come prima? (la differenza che c’è tra piccolo e grande schermo).
Howard l’ha capito ed ha fatto un lavoro straordinario. Mi aspetto lo stesso da Alan Parker. Dopodiché è bello pensare che, a 50 anni (la mia età), uscirò dal cinema sudato come un adolescente.
Perché i Beatles, come i numeri e la Beatlemania, non finiscono mai.