Racconti di sport. L’uomo dei canarini

Romeo Benetti e la rifondazione giallorossa di Dino Viola e Nils Liedholm. “Il presidente non rinviava i problemi. Li affrontava di petto per risolverli” dice lui.

Roma, 21 ottobre – Il 71mo compleanno di Romeo Benetti, festeggiato il 20 ottobre, ci dà lo spunto non solo per parlare di lui alle nuove generazioni che non l’hanno visto giocare, ma anche di celebrare la rifondazione della Roma da parte del presidente Viola e di mister Liedholm. Una rifondazione, non dimentichiamolo mai, che riportò la Roma nel posto che le compete per censo e tradizione: tra le grandi del calcio italiano. Quando Viola decise di prendere la Roma mise alcune condizioni a se stesso. Una delle principali era quella di riuscire a riportare nella Capitale Nils Liedholm, al quale dette carta bianca nella ricostruzione della squadra. E quello disse subito a Viola di prendere un ragazzo interessantissimo del Parma che si chiamava Carlo Ancelotti, di riportare a Roma da Genova Bruno Conti, che lui aveva visto crescere nelle giovanili nel corso del suo primo ciclo romano e di prendere tre “vecchietti” che gli servivano per dare esperienza ad una squadra che aveva appena perso “Picchio” De Sisti, ritiratosi dal calcio giocato per entrare nello staff tecnico del Barone. I tre erano Mauro Amenta (già centrocampista di Pisa, Perugia e Fiorentina), Maurizio “Ramon” Turone (libero d’oro del Genoa e del Milan) e Romeo Benetti, la grinta fatta persona. Quest’ultimo era stato un grande campione del nostro calcio, ma aveva già 34 anni e da molti era considerato finito. Ma si sbagliavano, perché a Roma chiuse la carriera con due buone stagioni vincendo altrettante Coppe Italia (1980 e 1981). Ancora una volta Liedholm aveva visto giusto e alla fine Benetti divenne un idolo anche dei tifosi giallorossi, che per lui intonarono il famoso coro “Picchia Romeo, picchia Romeo”. Lui, così grintoso in campo, ma che in privato amava allevare i canarini, animali teneri e così lontani dal ringhio del loro padrone, quando aveva ai piedi gli scarpini da gioco. A Roma Benetti rimase anche dopo essersi ritirato dal calcio giocato divenendo l’allenatore della Primavera, con la quale vinse il Torneo di Viareggio. “Vissi il mio periodo romano in maniera molto semplice e umile e forse anche per questo mi vollero subito tutti molto bene, nonostante venissi da una rivale storica come la Juventus – ci disse tempo fa – Anche se sei un calciatore famoso vivere in maniera semplice, a contatto con la gente, aiuta ad inserirsi nella mentalità di una città e di una tifoseria. Io quando stavo a Roma non facevo il divo, andavo come tutti i comuni mortali a fare la spesa a Piazza Irnerio e a contrattare i prezzi con i commercianti, senza mettermi sul piedistallo. Il fatto poi che la domenica la curva mi riservasse cori di incitamento e di affetto non faceva altro che inorgoglirmi e convincermi che la scelta di venire alla Roma era stata la più giusta. Quando la Juve decise di cedermi per rinnovare l’organico, infatti, chiesi io stesso a Boniperti di essere mandato nella società giallorossa. E il giorno dopo ero lì, a disposizione della nuova Roma di Viola e Liedholm, che scelsi perché la società giallorossa stava vivendo una fase di rifondazione e perché l’Ing. Viola, che avevo visto solo qualche volta alla Tv e che non conoscevo personalmente, mi aveva colpito moltissimo per quel suo modo di fare ben distante da come era stata amministrata la Roma fino al momento del suo arrivo. Lui non rinviava i problemi. Li affrontava di petto per risolverli e questo mi piaceva molto. Con lui mi trovai benissimo, tanto che alla Roma restai due anni da calciatore e tre da allenatore della Primavera”.

Exit mobile version