Roma, 18 marzo – A Carletto Mazzone ci legano tanti ricordi, personali e non. Lo conoscemmo quando allenò la Roma, il sogno della sua vita. La squadra per la quale ha sempre tifato e con la quale ha anche giocato due sole partite in Serie A, le prime della sua carriera di centro-mediano, poi sviluppatasi tutta ad Ascoli, la sua seconda patria: 31 maggio 1959 Fiorentina-Roma 1-1 e poi l’ultima di quel campionato Roma-Talmone Torino 4-1.
Ma Mazzone, più che come calciatore, è conosciuto come allenatore, anche perché è il decano del ruolo, visto che detiene il record di panchine in Serie A con 795 partite ufficiali (compresi 3 spareggi).
Tantissime le squadre che ha allenato, ma la Roma è stata sempre la Roma e quell’esperienza gli è rimasta nel cuore. A quei tempi alloggiava all’Hotel Cicerone, allora di proprietà di Franco Sensi e lì lo incontrammo in alcune circostanze fortunate per noi, giovani cronisti alle prime armi. Poi lo ritrovammo a Trigoria e quelle chiacchierate sincere e fuori dai denti ci sono rimaste ben impresse, con lui che ci diceva che per vedere la sua Roma era costretto ad uscire di notte, dopo le 22.00, con uno zuccotto in testa per non farsi riconoscere. E insieme al suo fedele vice Menichini (anche lui ex calciatore giallorosso, ma degli anni ’70) camminava e camminava, fino ad arrivare alla sua Trastevere, dove era cresciuto e dove aveva ancora una vecchia zia, alla quale non osava mai citofonare perché l’ora era troppo tarda e rischiava di farle prendere un colpo. Il bello è che quella, ci diceva, lo rimproverava sempre di non andarla a trovare, pur essendo l’allenatore della Roma. “Ma se uscivo per strada di giorno mi riconoscevano tutti e si bloccava il traffico” concludeva ridendo il suo racconto.
Mazzone, per come lo abbiamo conosciuto noi, ha un’umanità che nel calcio di oggi fatichiamo a ritrovare. “Quando sono arrivato a Trigoria chiamato dal grande presidente Sensi la palestra era usata per far maturare le mele e l’erba dei campi era alta fino a sopra alla caviglia. Insieme abbiamo davvero dovuto ricostruire la Roma dalle fondamenta” ci diceva sempre, arrogandosi giustamente il merito di aver fatto ripartire la sua squadra del cuore dopo la parentesi buia del periodo intercorso tra la fine dell’era Viola e l’inizio di quella Sensi. E su questo filone potremmo continuare a scrivere altre mille pagine, finendo con l’annoiarvi, perché l’uomo è ricco di aneddoti e curiosità.
Ma oggi che festeggia 80 anni ci fermiamo qui, limitandoci a fargli i nostri più cari auguri come se fosse uno di famiglia e rammaricandoci per quel destino cinico e baro che quel 19 marzo del 1996 gli tolse la possibilità di giocarsi la semifinale dell’allora Coppa Uefa per colpa di un gol segnato da tale Vavra all’8’ del secondo tempo supplementare. Una rete che rese inutile l’impresa della Roma, che all’andata aveva perso 2-0 a Praga, in casa dello Slavia e che al ritorno, schierata con Moriero, Totti, Balbo, Giannini e Fonseca tutti in campo insieme, aveva ribaltato il punteggio portandosi sul 3-0 nel primo tempo supplementare. Ecco, quella sera Mazzone compiva 69 anni e mai compleanno gli è andata più di traverso.
Quest’anno glielo auguriamo ben più felice. Da papà e nonno contento della vita che ha trascorso e degli anni belli che ci ha fatto vivere insieme a lui e alle sue tante, meravigliose, storia di calcio e di vita.