Roma, 28 settembre 2019. Circa tre mesi fa ho scritto nel racconto L’Avvento il momento in cui veniva annunciato dalla Lazio l’acquisto del giovane Chinaglia, centravanti proveniente dalla serie C ai più sconosciuto, che poi diventerà un personaggio fondamentale nella storia del sodalizio biancoceleste. Cinquant’anni fa esatti la prima pennellata di Chinaglia contro i Campioni d’Europa del Milan nella terza giornata d’andata del torneo ‘69/’70 di serie A.
La Lazio era appena risalita dalla serie B e si preparava a disputare il massimo campionato con la speranza di non dover ricadere nei cadetti cercando di valorizzare i giovani acquistati nella sessione di mercato estiva con le poche sostanze economiche a disposizione, rispetto ai sontuosi budget degli squadroni del Nord.
Le prime due giornate avevano portato alla Lazio un pareggio, in casa col Torino, e una sconfitta, in trasferta a Bologna, per cui l’impegno alla terza contro il Milan si presentava particolarmente gravoso. I rossoneri, come detto, avevano conquistato a maggio la loro seconda Coppa dei Campioni travolgendo a Madrid per 4-1 l’Ajax tra le cui fila cominciava a farsi strada un giovanotto che avrebbe rivoluzionato il calcio nei dieci anni futuri: Johan Cruijff.
Piccolo antefatto; a metà agosto dello stesso anno avevo messo in croce mio padre per farmi portare a Cerveteri, vicino Roma, a vedere una amichevole della Lazio, in uno dei classici galoppi estivi contro squadre inferiori che si fanno per rifinire la preparazione. Il mio entusiasmo, la mia passione, era rivolta verso Giampiero Ghio l’attaccante che l’anno prima aveva contribuito coi suoi goals a riportare la Lazio in A e durante il riscaldamento pre-partita lo stesso si trovava a ridosso della rete di recinzione che delimitava il terreno di gioco. All’epoca i calciatori non erano blindati come oggi e li potevi avvicinare e poterci scambiare qualche parola ed incoraggiarli o offenderli. Si creò un piccolo affollamento nei pressi del giocatore che venne salutato con molto affetto, in particolare un tizio gli disse:>> a Giampiè ma mica te toglierà il posto da centravanti quel bestione laggiù, ma nun lo vedi che è, manco sa palleggià>>. Il bestione di riferimento era Chinaglia che solo, solo, in mezzo al campo stava cercando di domare l’attrezzo (il pallone) al meglio e sembrava invero anche parecchio sovrappeso. La risposta di Ghio al tifoso e a tutti noi lì riuniti fu lapidaria: >>lo vedete quel ragazzo laggiù? Beh quello nel giro di poco tempo diventerà il centrattacco della Nazionale, ve lo garantisco>>.
Un mese e mezzo dopo vado all’Olimpico insieme a mio padre e sul terreno di gioco non vedo Ghio ma Chinaglia con un insolito numero 10 sulle spalle, decisamente più snello nella taglia fisica rispetto a Cerveteri. Comincia così una delle più straordinarie storie del calcio ed in particolare la favola del calciatore più rappresentativo della storia della Lazio, almeno negli ultimi 60 anni.
Il bisonte Chinaglia, con la sfrontatezza che lo contraddistinguerà nel resto della sua carriera, comincia a giocare con una determinazione feroce, senza pause, incurante che davanti ha la difesa dei Campioni d’Europa e al 62’ con un’astuta puntata sfrutta un’indecisione del libero Malatrasi e infila Cudicini, il grandissimo Ragno nero.
L’entusiasmo di Giorgio e dei circa 70000 dell’Olimpico è senza freni ed anche del vostro cronista, allora tredicenne, che abiurerà presto l’idolatria per Giampiero Ghio sostituendola con quella verso il bisonte Chinaglia…