Racconti di sport: “Cianfrone, chi era costui?”

Roma, 10 settembre  2017Esattamente 50 anni fa, in un caldo pomeriggio romano, si compiva un fatto che avrebbe indelebilmente marchiato la mia adolescenza di giovane sportivo, con tremendi e permanenti risvolti futuri.
Erano da poco finiti gli esami di riparazione, per aver ricevuto nell’allora prima media ben tre materie, ed avevo superato l’ostacolo con vista sulla seconda media che avrebbe avuto inizio ad ottobre.
L’estate del ’67, che ho tratteggiato qualche mese fa nel racconto “Pingeon, ladro di sogni”, dal punto di vista calcistico era stata molto amara dal momento che la “mia” Lazio era retrocessa in serie B nella stagione appena conclusa; tuttavia si erano create delle nuove ambizioni, delle speranze, per quello che doveva essere il campionato della riscossa, del rilancio.
I giornali sportivi avevano più volte incensato la campagna di rafforzamento della Lazio che si accingeva a disputare il torneo di B quasi da intrusa, da nobile decaduta.
Insomma una formalità per una corazzata che avrebbe ridotto a soli due posti, dei tre a disposizione, la lotta per la conquista della serie A.
E’ chiaro che a forza di leggere tali commenti il tifoso ci crede, a maggior ragione un ragazzino di undici anni non ancora avvezzo a certe dinamiche.
Sta di fatto che quella domenica mio padre mi portò al Flaminio per la prima del nuovo campionato ed il debutto, facile e scontato, era col Potenza non certo col Real Madrid!
La Lazio si presentò senza quattro titolari, ma poteva essere forse un problema contro il Potenza? Tant’è che dopo una ventina di minuti i biancocelesti  andarono in vantaggio con una botta di Morrone all’angolino.  
Ho pensato:  il più è fatto, contro il Potenza, mica avranno l’ardire di pareggiare…..
La gara si trascinò in un contesto in cui alcune facili occasioni da parte laziale non vennero concretizzate mentre, inopinatamente, i lucani avevano  creato qualche sussulto ai mostri sacri di casa. A quei tempi non esisteva recupero per cui al 90° l’arbitro fischiava la fine anche in situazioni di smaccata perdita di tempo e quel giorno, guarda la fatalità, ancora non si era levato il triplice fischio quando un giocatore della Lazio perse ingenuamente un pallone al limite della propria area consentendo ad un ventenne, sbarbato, attaccante del Potenza di approfittarne battendo lo stupito portiere laziale.
Francesco Cianfrone era il giovane attaccante potentino che si beò di un giorno di gloria quel pomeriggio al Flaminio contro la “mia” Lazio.
Successive visite mediche, frequenti nell’adolescenza per valutare il corretto sviluppo di un ragazzo, sancirono l’arresto di una crescita che avrebbe dovuto portarmi ad essere alto almeno 1,85 contro l’attuale e definitivo 1,75, tutto per colpa di Cianfrone!
Fù la prima grande lezione che subii da giovane tifoso, per di più di una squadra che non era né la Juve, né l’Inter, né il Milan.
Per la cronaca quel campionato che doveva essere una passeggiata di salute si concluse con una faticosa salvezza della Lazio dalla serie C ed, ironia della sorte, il Potenza di Cianfrone mestamente retrocesse, senza che il suo giovane attaccante desse più notizia di altre imprese.
La lezione fu dura e mai più mi sono azzardato ad essere “presuntuoso” nei confronti di qualsiasi avversario, men che meno quando lo stesso era palesemente inferiore.
L’ anno successivo  in terza media  approcciando “I Promessi Sposi” del Manzoni mi capitò di studiare il passo in cui Don Abbondio, a contatto con un vecchio  libricino, lesse di un antico filosofo greco e pronunciò la frase: “Carneade, chi era costui?” Mi tornò in mente la beffa di Cianfrone, perché anch’io, parafrasando Don Abbondio, avrei dovuto dire: “Cianfrone, perché?”   
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