Roma, 2 giugno 2021.
Il primo atto del così detto <calcio totale> spetta di diritto all’ Ajax di Amsterdam che cinquant’anni fa, oggi, vince la sua prima Coppa dei Campioni nella finale di Wembley contro i greci del Panathinaikos..
La cosmopolita Amsterdam trasuda di una gioventù che rivendica un ruolo non secondario nell’evoluzione della società, che tre anni prima vede la nascita e la crescita dei moti del sessantotto.
In questo contesto i ragazzi dell’Ajax, sotto la regia del sergente di ferro Rinus Michels, costruiscono e sviluppano il loro sogno di calcio totale.
Il significato è semplice, la partecipazione all’attacco e alla difesa è di tutti i giocatori senza più ruoli definiti per lo meno a grandi linee.
L’allenatore Michels plasma un gruppo che ha solide basi d’amicizia, in maggior parte provenienti dai settori giovanili, con un ordine semplice, perentorio: ci si difende in undici e si attacca in undici.
Un progetto anarchico senza ruoli fissi e senza schemi, con giocatori addestrati all’aiuto reciproco e la tattica del fuorigioco applicata in maniera perfetta.
Si consolida nella critica la considerazione che la squadra si diverta molto nell’applicazione di questi teoremi tattici, con qualche esagerazione.
Nei giocatori c’è qualche disinvolto capellone e poi la leggenda che in ritiro ci vanno con mogli e fidanzate, smentita qualche anno dopo.
La gara di finale s’indirizza subito bene per gli olandesi che vanno in vantaggio dopo cinque minuti e stupiscono i tradizionali spettatori inglesi proprio per il loro approccio tattico.
I greci sono guidati in panchina da Ferenc Puskas, ex grande talento ungherese, che negli anni ‘50 fa coppia col grande Di Stefano nel Real Madrid pluricampione europeo.
Proprio a Wembley nel 1953 Puskas, con la sua nazionale, da una lezione indimenticabile ai “maestri” inglesi umiliandoli per 6-3, ma stavolta il finale è diverso.
L’Ajax, molto più attento alla fase difensiva rispetto alla debacle subita due anni prima contro il Milan di Rivera nella finale di Madrid, controlla bene la gara e mette il definitivo sigillo per il 2-0 finale a tre minuti dalla conclusione.
E’ la certificazione ufficiale che il calcio olandese si prende l’Europa, dopo il trionfo dell’anno prima del Feyenoord di Rotterdam.
L’Ajax consolida tale primato con le vittorie del 1972 e del 1973 ai danni dell’Inter e della Juventus.
Il solco tracciato da Michels viene rinfrescato e consolidato da Stefan Kovacs, rumeno, che subentra dopo la vittoria della prima Coppa.
Kovacs non stravolge il lavoro di Michels, lo corregge concedendo un pò più di libertà ai giocatori; quello che vent’anni dopo avrebbe praticato Capello nel Milan in sostituzione di Sacchi.
L’Ajax è la rivoluzione, con ripercussioni a livello di squadre nazionali nel progetto <arancia meccanica> che vede gli olandesi protagonisti, pur senza vincere nulla, nei mondiali del 1974 e del 1978.
Spesso quando si ricorda l’epopea dell’Ajax di quegli anni si sintetizza quel fenomeno esclusivamente citando Johan Cruijff.
Il Profeta del goal è sì grande, immenso, ma vogliamo trascurare Neeskens, Hulshoff, Rep, Keizer, per non parlare di Krol che abbiamo conosciuto meglio nell’esperienza vissuta a Napoli?
Dunque viva la squadra dei capelloni, viva l’anarchia nel calcio, viva il <casino organizzato>, VIVA l’AJAX…