Roma, 12 maggio 2020 – Juary, al secolo Jorge dos Santos Filho, arriva nel nostro campionato alla riapertura delle frontiere del 1980 e a portarcelo è l’Avellino di Antonio Sibilia. Uno di quei presidenti-padroni di una volta che, però, quando davano la parola era quella e basta.
Come le altre provinciali della serie A anche l’Avellino non ha grandi denari da spendere e per trovare il suo straniero deve arrangiarsi e lo fa più che bene, perché in Messico, al Guadalajara, pesca questo piccolo attaccante brasiliano cresciuto nel Santos di Pelé, che lui aveva anche conosciuto. Anzi, a dirla tutta, Juary era proprio in campo nel giorno dell’addio del campione.
Ad Avellino Juary si inserisce subito bene. Il calore del pubblico irpino per la sua squadra gli ricorda quello dei tifosi brasiliani e in campo va alla grande, tanto che nelle due stagioni che gioca in biancoverde segna 13 reti in 34 gare di campionato. E dopo ognuna di esse corre verso la bandierina per girarci intorno danzando alla sua maniera. Un’esultanza che suscita l’ilarità e la curiosità di tutti i tifosi italiani dell’epoca, che non erano ancora abituati a veder festeggiare i gol in modo così particolare.
Nell’estate dell’83 Juary è un uomo-mercato e Sibilia lo cede all’Inter, che in realtà, però, lo prende per girarlo al Cesena in cambio dell’austriaco Schachner. Ma quest’ultimo, poi, va al Torino e Juary resta a Milano, dove soffre il freddo e quasi sparisce dalla scena. Scriviamo “quasi” perché comunque segna due gol che lo fanno ricordare, anche se quello che fa al Catanzaro a S.Siro arriva in un giorno di nebbia che, come ricorda lui stesso: “A vederlo fummo solo io e l’arbitro”. Insomma, neanche la soddisfazione di ammirarlo in Tv.
Dall’Inter passa poi all’Ascoli e alla Cremonese e la sua carriera sembra avviarsi sul viale del tramonto. Ma non è così, perché poi arriva la chiamata del Porto e qui le luci si riaccendono. Con i lusitani, infatti, vince il campionato portoghese e addirittura la Coppa dei Campioni 1987, che entra nella loro bacheca proprio grazie al suo gol del 2-1 nella finale contro il Bayern Monaco. Juary smette, così, di essere “quello che danzava con la bandierina” per entrare nel club dei miti del calcio.