Racconti di sport

Racconti di sport. Al grande “Faber”

calcio genoa de andrèAll’ombra dell’ultimo sole, l’11 gennaio del 1999, se ne andò Fabrizio De André, per gli amici e gli ammiratori (oggi si direbbe “fans”) semplicemente “Faber”. Il poeta della canzone italiana, l’anima dei carrugi e di Genova, della quale aveva cantato la popolazione reietta e allontanata da tutti. Perché “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”.

Per rendergli omaggio il Genoa, la sua squadra del cuore, domenica scorsa, nella partita contro la Roma, sulla sua splendida maglia rossoblu ha scritto una frase che il “Faber” ripeteva: “Al Genoa scriverei una canzone d’amore, ma sono troppo coinvolto”. Tanto per provare a spiegare cosa significava per lui il “Vecchio Balordo”. Quel “Grifone” che nel 1893 portò il calcio in Italia e che, ancora oggi, si chiama come allora: “Genoa Cricket and Football Club”. All’inglese, perché tali erano i suoi fondatori. Il “Faber” amava il Genoa e la musica, le sigarette (troppe, decisamente troppe) e la Sardegna, nonostante qui fosse stato rapito insieme alla moglie Dori Ghezzi e portato in quell’Hotel Supramonte che poi cantò in una delle sue canzoni più celebri.

Lui, il cantore di “Volta la carta” e “Don Raffaè’”, del “Gorilla” e della meravigliosa “Creuza de mä”, della “Canzone di Piero” e del “Pescatore”, della “Domenica delle salme” e di “Sand Creek” e di tante altre melodie indimenticabili, è sempre nei nostri cuori e vogliamo ricordarlo così, con queste poche righe che lo uniscono ad una passione, quella per il Genoa, che lo coinvolgeva troppo, al punto di non riuscire a scriverci una canzone d’amore. 

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