Racconti di sport. Il casino organizzato

Breve storia del Sergente Eugenio e di come 30 anni fa, in quel di Gubbio, forgiò un manipolo di intrepidi guerrieri.

Roma, 15 luglio – “Il casino organizzato” non è il titolo di un trattato di astrofisica. Anche se, a dire il vero, è forse da lì che Eugenio da Viareggio, consapevolmente o meno, trasse l’ispirazione quando tale modulo coniò. Detto questo, riterrei che mai si possa dire che il nostro abbia avuto un’esistenza del tutto lineare. Il che spiegherebbe molte cose e tra queste, per l’appunto, l’anzidetto casino. Ma l’elenco sarebbe sterminato e mi limiterò a pochi esempi.

Molti tifosi della Lazio ricordano ancora bene l’estate del 1986, la pugnalata dei 9 punti (di sutura) ed il proclama che ne seguì: “Chi non se la sente, quella è la porta!”. Nessuno andò via. Il Sergente di Ferro alla testa di un manipolo di soldati di ventura. Ad ogni match una guerra. Da San Benedetto a Campobasso, dalle Alpi alla Sicilia, tutti avrebbero voluto infliggere il colpo di grazia alla nobile decaduta. Poi fu Lazio–Vicenza. Di norma sarebbe dovuta finir lì, con le lacrime di Giuliano Fiorini a suggellare l’impresa eroica. Invece no. Il destino infingardo aveva in serbo la coda velenosa di Napoli. Un’altra domenica a suon di goal e di bottiglie molotov. E fu salvezza.

L’anno dopo fu una cavalcata trionfale. Una campagna acquisti a dir poco gagliarda e missione compiuta.

A fine stagione, però, il Sergente se ne va. Cosa resta di quel periodo? Sapete, il popolo non dimentica quelli che sudano, che combattono, quelli che… palla lunga e pedalare.

A distanza di trent’anni, come vedete, siamo qui a celebrare… salvezza e promozione? In realtà c’è molto di più. Un Calcio d’altri tempi. Beato chi c’era. Ci siamo a tal punto appassionati alla Lazio di Fascetti che, per citare ancora un esempio… Ricordo un pomeriggio di primavera, era l’anno del meno nove. Amichevole allo Stadio Flaminio, di giovedì alle ore 15. A quel tempo andavo a scuola a Tor Sapienza, mica dietro l’angolo. Non era agevole ma decisi lo stesso di raggiungere la mia Lazio. Un migliaio di presenti. Tutti in tribuna.  Il campionato giungeva alla fine. Atmosfera baldanzosa  e giocatori assai concentrati. Ad un tratto, ricordo, Giorgio Magnocavallo si inventa un tiraccio dei suoi. La palla finisce a Piazza Euclide. Giorgio viene sotto la tribuna e, ridendo, chiede scusa ai tifosi che ancora si stanno sbellicando dalle risate. Questa era la Lazio di Eugenio Fascetti.

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