Racconti di sport: “Il Profeta di Fusignano”
Roma, 1 aprile – Ancora un compleanno “tondo”, una ricorrenza importante, nel mondo dello sport e del calcio in particolare perché compie 70 anni Arrigo Sacchi.
Allenatore, direttore tecnico ed oggi opinionista sportivo, oltre che titolare di una rubrica di approfondimento tecnico-tattico sulla “rosea”, Sacchi è stato un vero e proprio rivoluzionario nella storia del nostro calcio e non solo.
Semi sconosciuto fino all’estate del 1987 quando venne chiamato da Silvio Berlusconi alla guida del Milan che l’anno prima, alla prima stagione da presidente del Cavaliere, aveva faticato non poco per la qualificazione all’allora Coppa Uefa.
Sacchi nei due anni precedenti aveva allenato il Parma, dapprima portandolo dalla serie C alla B e poi facendo un campionato tranquillo con la soddisfazione di una storica vittoria a S.Siro in Coppa Italia proprio contro i rossoneri.
Quella partita stregò letteralmente Berlusconi, affascinato dalla personalità e dalla destrezza degli emiliani, che volle a tutti i costi il tecnico seppur non accompagnato da referenze roboanti.
L’uomo di Fusignano, romagnolo verace della provincia di Ravenna, per niente intimorito dal prestigioso incarico cominciò il suo lavoro nell’estate dell’87, denotando subito conoscenze tecniche di livello ed una spiccata personalità.
Tuttavia gli inizi non furono facili perché quelli che poi sono stati i suoi discepoli prediletti, Baresi, Ancelotti, Maldini, mal digerivano i metodi rivoluzionari ed intensi imposti da Arrigo. Anche gli olandesi Gullit e Van Basten, seppur provenienti da una cultura tattica simile, erano a dir poco perplessi e qui fu determinante l’intervento competente di Berlusconi che sicuro della professionalità dell’uomo lo difese, in un momento in cui i risultati stentavano ad arrivare, togliendo qualsiasi alibi al gruppo.
La prima stagione di Sacchi si chiuse con la conquista del primo scudetto dell’era Berlusconi, con una grande rimonta nei confronti del Napoli di Maradona e da lì fu un crescendo con due vittorie nella Coppa dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, due Supercoppe europee ed una Supercoppa italiana.
La rivoluzione tecnico-tattica di Sacchi era nel concepire il 4-4-2, ispirato sin da ragazzo dall’ammirazione verso Cruiff , con una zona-pressing molto rigorosa, addirittura maniacale nell’addestramento settimanale corroborata da un’eccellente preparazione atletica alla base del suo credo.
Memorabile fu, poco prima della conquista della prima Coppa Campioni, la semifinale di ritorno contro il Real Madrid annichilito al Meazza per 5-0! Ma ancora più grande l’anno successivo sempre contro il Real nel ritorno degli ottavi di Coppa fu la lezione tattica che Sacchi impose agli sconcertati madridisti che, dovendo rimontare lo svantaggio dell’andata, finirono in fuorigioco ben 27 volte! Un meccanismo perfetto, uno spartito che si muoveva con grande sincronia tra difesa ed attacco, avvalorato da grandissimi interpreti.
A proposito dei quali fu storica la disputa nei confronti di Berlusconi che voleva imporgli l’acquisto dell’argentino Borghi mentre lui pretese ed ottenne Rijkaard per la guida del suo centrocampo!
Certo la grande dedizione al lavoro, la continua, ossessiva ricerca della perfezione ha portato Sacchi a consumarsi nel tempo ed anche a livello di rapporti con qualche “stella” la situazione andava precipitando; fu così che s’interruppe la collaborazione col Milan e poco dopo iniziò il percorso con la Nazionale, col conseguimento dell’argento ai mondiali Usa del ’94 e l’inopinata eliminazione nel ’96 agli europei d’Inghilterra malgrado l’aver espresso il miglior gioco continentale.
Al di là di altre successive esperienze, ritorno per un anno al Milan, Atletico Madrid, Parma, di fatto l’avventura da allenatore di Sacchi finì qui con sempre più problemi nella gestione dell’attività dovuta allo stress ormai vero e proprio compagno di viaggio.
Il personaggio, l’uomo, sempre fedele e coerente nei suoi principi, sapeva comunque concedersi a chi era onesto intellettualmente; in Italia gli innovatori, i precursori, quelli comunque preparati e che non sono legati ai soliti carri vengono visti con scetticismo ed invidia, salvo poi essere lodati ed incensati come da copione.
Dico questo perché a gennaio del ’96, in quel di Terni al seguito di un’amichevole della Nazionale in preparazione dell’imminente europeo, Sacchi mi concesse una personale intervista convinto da domande tecniche e non tendenziose mirate al solo interesse della conoscenza del gioco, della preparazione. Apprezzai molto il gesto del mister che si dedicò a soddisfare le curiosità di uno sconosciuto lontano dai riflettori della grande stampa e delle televisioni.
Se lo conosco un po’ ad un’ ipotetica domanda a quale dei trofei fosse maggiormente affezionato credo che risponderebbe ai due “seminatore d’oro” del ’88 e ’89, premio che veniva assegnato proprio a chi aveva dato un’impronta di un certo livello nella conduzione di una squadra, indipendentemente dai trofei vinti.