Bruno Giordano, ex attaccante della Lazio, da metà degli anni ’70 fino al 1985 e campione d’Italia col Napoli di Maradona nel ’87, compie oggi 60 anni ed all’inizio della carriera spesso veniva frainteso con Giordano Bruno, filosofo domenicano morto nel 1600 magistralmente rappresentato dal grande Gian Maria Volontè in un film di Giuliano Montaldo del ‘73.
Al di là del nome e cognome al contrario, curiosa la similitudine del quartiere Trastevere dove Bruno nacque e crebbe e dove invece il filosofo venne condannato dall’inquisizione per eresia, proprio nella piazza di riferimento del quartiere e cioè Campo de’ Fiori.
Bruno Giordano è stato un calciatore dotatissimo dal punto di vista tecnico, una classe naturale assolutamente non costruita, frutto di un talento purissimo e nelle giovanili della Lazio giocava addirittura ala tornante, oggi quelli bravi direbbero esterno alto destro, perché il ruolo di prima punta era di un certo Apuzzo.
L’esordio nella massima serie avvenne nell’ottobre del ’75 a Genova contro la Sampdoria alla prima di campionato, lanciato dal nuovo allenatore della Lazio Corsini che lo aveva preso in seria considerazione durante il ritiro estivo per allargare il parco attaccanti orfano di Chinaglia partito per gli Usa.
Al debutto, a diciannove anni appena compiuti, Bruno segnò il goal della vittoria della Lazio al 90° riprendendo una corta respinta della difesa su tiro di Badiani, infilando il portiere Cacciatori che tre anni dopo diventerà suo compagno di squadra nella Lazio.
Tuttavia la consacrazione al ruolo di prima punta, centravanti col numero 9 dietro la maglia, Giordano la ricevette da Maestrelli a tre giornate dalla fine a Firenze contro i Viola in un drammatico finale di quello stesso campionato che vide la Lazio salvarsi all’ultima giornata per differenza reti; per la cronaca Maestrelli, durante il campionato, sostituì l’esonerato Corsini e Bruno prese il posto definitivamente di Chinaglia, che ad inizio stagione era rientrato alla Lazio.
Bruno Giordano s’inserì di prepotenza nel solco di una tradizione che ha sempre visto nella Lazio grandi numeri 9, anche con la sfrontatezza del romano-trasteverino, vincendo nei dieci anni di campionati professionistici in biancoceleste due volte la classifica dei marcatori, 19 reti in A nel 78/79 e 18 reti in B nel 82/83, più uno scudetto Primavera nel ’76.
Al di là dei numeri Bruno, ancora oggi, viene ricordato come un simbolo di una Lazio autarchica che stava andando incontro ad uno dei peggiori periodi della sua storia, con la macchia del primo calcio-scommesse che lo privò, con due anni e mezzo di squalifica, di una parte importante della sua carriera.
A distanza di anni non ha più molta importanza sapere se ha sbagliato, al pari di altri colleghi, o se fù vittima di circostanze; quello che conta è che dal punto di vista calcistico Bruno Giordano è stato un autentico fuoriclasse, un giocatore completo. Ci sono alcuni goal che ancora oggi sono scolpiti nella bacheca dei ricordi e personalmente vorrei ricordare la rete che fece a Firenze nel maggio del ’76 al volo di collo pieno sotto la traversa, la rete di Catania nel gennaio del ’83 al volo di esterno destro su un pessimo campo di patate ed infine la rete segnata alla sua futura squadra, il Napoli, il giorno di sabato santo del ’84 dopo appena un minuto di gioco al volo di sinistro; quest’ultima prodezza fu fortemente significativa in quanto la stessa gamba era stata martoriata da una doppia frattura appena novanta giorni prima ed era visibilmente meno tonica dell’altra!
L’avventura come allenatore, appena smesso di giocare, non ha avuto gli stessi successi di quella da calciatore, con diverse esperienze condite da vari esoneri. Bruno comunque è stato sempre se stesso, come era da ragazzo, petto in fuori e sicuro di se tant’è che oggi è un apprezzato opinionista nell’emittente Radiosei dove esprime i propri concetti senza ipocrisie e senza render conto a nessuno.
Da sfrontato trasteverino!