Roma, 21 marzo 2020. Il difficile periodo che stiamo vivendo, se presenta una cosa buona è quella del tanto tempo a disposizione. Tempo utilizzato anche per riordinare vari appunti, ritagli di giornali, che vegetano nel computer o se cartacei in qualche impolverata cartella.
La cosa curiosa è che, a proposito di carta, ho ritrovato del materiale di Tazio Nuvolari, il mantovano volante grande icona dell’automobilismo che fu, proprio nel periodo in cui il circo della Formula 1 viene fermato per i noti motivi.
Ai giovanissimi, nell’epoca degli Hamilton, Vettel, Leclerc, Bottas, Verstappen, il nome Nuvolari può voler dire poco ma per almeno trent’anni, dal 1920 al 1950, è il pilota capace di sopravvivere a incidenti, tragedie familiari, incontri dannunziani e strette di mano con feroci dittatori d’epoca. Nuvolari, di taglia minuta alto 1,60 per 60 kg. d’ossa come cantava Lucio Dalla nel celebre brano a lui dedicato nella raccolta Automobili del 1976, è ironico ed autoironico e nasce come pilota di motociclette; ma è sulle auto che costruisce la sua epica. Nuvolari nasce a Castel d’Ario (Mantova) nel novembre del 1892 e sin dall’inizio della sua carriera interpreta lo sport come dedizione, combattimento, rischio. Colleziona un mix di vittorie e incidenti in qualità industriale. Nel 1930 nella Mille Miglia trionfa col trucco dei fari spenti dove insegue Varzi per tutta la corsa, su e giù per tutta l’Italia. Lo stratagemma è che, in una fase notturna, quando sente il rumore del motore e l’odore dei gas di scarico dell’avversario che lo precede spegne le luci della sua monoposto e lo sorpassa cogliendolo di sorpresa. Al G.P. di Germania del 1935, all’ultimo giro, con la sua Alfa Romeo supera la Mercedes, padrona di casa, e sfreccia davanti alla tribuna autorità in barba ad Hitler e a tutto il suo apparato che già pregustavano il gradino più alto del podio issando la bandiera del Reich. A Tripoli, Libia 1936 a quasi 44 anni, in prova sbatte contro un terrapieno e vola nella sabbia. All’ospedale gli diagnosticano lesioni al collo e gli prescrivono un mese di assoluto riposo. Il giorno dopo si fa imbragare nell’abitacolo della sua vettura e gareggia in un circuito di 500 km., a 40 gradi di temperatura, con forti dolori alla testa che non gli impediscono di arrivare 8°.
Nuvola, come viene soprannominato, scampa alla morte in almeno sette uscite di pista o di strada, potenzialmente mortali, con ossa rotte, ustioni, abrasioni e dopo una di queste, quando si riprese dal coma, con alcuni giornali già pronti per il suo necrologio, dichiara: <<se qualcuno vi dice che sono un cadavere aspettate tre giorni prima di piangere perchè con me non si sa mai>>.
Altri tempi, altro sport, per un personaggio non banale. Oggi sarebbe impensabile raccontare della sua ultima vittoria a 55 anni, nel 1947, su Ferrari. Nuvola vive intensamente i suoi tempi, è un vero dandy. Ama comprare camicie, cravatte, abiti e scarpe nei migliori negozi di Londra. Cura ogni dettaglio e non esce di casa se non in perfetto ordine. Oltre che in auto Nuvolari è anche pilota della vita; celebre l’incontro con il poeta Gabriele D’Annunzio nel 1932 a Gardone, sul lago di Garda, con il Campione che si presenta a bordo di un fiammeggiante bolide rosso. Iniziano un lungo e cordiale colloquio che termina con un dono, una spilla, che D’Annunzio consegna a Nuvola con una dedica: <<all’uomo più veloce, l’animale più lento>>.
Controverso il suo rapporto con Enzo Ferrari, con cui aveva duellato agli albori della carriera. Nella Targa Florio del 1932, Ferrari gli riserva un biglietto ferroviario di andata e ritorno ma Nuvolari replica:<<dicono che sei un bravo amministratore, ma mi accorgo che non è vero. Dovevi farmi riservare solo il biglietto di andata, perchè quando si parte per una corsa bisogna prevedere la possibilità di tornare in un baule di legno>>.
Sposato con la signora Carolina, donna eccezionale e ammirevole compagna, Nuvola subisce la tragedia della perdita dei suoi due figli, Giorgio nel 1937 per una miocardite a 19 anni e Alberto nel 1946 per una nefrite a 18 anni. Fin quando ha potuto correre forse ha sperato di fare la morte che desiderava di più, su una pista, combattendo strenuamente al volante di una delle sue macchine nel desiderio inconscio di raggiungere i suoi ragazzi.
Muore invece ad agosto del 1953 a sessant’anni, nella sua Mantova, ormai fuori dal giro, rifiutando qualsiasi invito che gli viene rivolto da chi lo considera un mito vivente. La proverbiale grinta e determinazione era sparita da tempo, un pallido ricordo come quando apostrofò piuttosto imbronciato, era ancora in attività, un giornalista che gli fece notare come un giorno o l’altro avrebbe dovuto pensare al ritiro. La stilettata di Nuvola fù: <<Smetterà prima lei di scrivere che io di correre>>.
Ferdinand Porsche, costruttore di origini austriache, sentenziò: <<Nuvolari è il più grande pilota del passato, del presente e del futuro>>. Ci sarà stato un motivo…